sabato, dicembre 31, 2022

Anno nuovo

 


Compro una Spitfire. Bellissima. Rossa inglese. Un capolavoro. Veramente la Spitfire era un’automobile terribile: non teneva la strada, sospensioni che, in curva, mica aiutavano, complicavano. Freni stocastici e frenatura sempre disallineata. Ma era troppo bella.
Imbocco il viale e arrivo davanti all’ingresso di casa e fiuuuu una derapata da brivido (tanto la spit derapava anche se non volevi).
Mentre sto lì a bearmi della bravata, richiamati dal chiasso che avevo fatto, appare mio padre con altre persone. Mi guarda, guarda l’automobile, alza gli occhi al cielo e borbotta:
"Ma cosa è ‘st’automobile da attore di cinematografo?". (“attore di cinematografo”) era un dispregiativo, in opposto al termine positivo “attore” con il quale s’intendeva l'attore di teatro). Un'altra novità!
 Papà vieni a fare un giretto, dai, che la proviamo, guarda quant’è bella.
 Tu sei squilibrato se credi che io entri in quel tubo. Ma non hai niente da fare, eh?
"Ma non vedi quant’è bella?"
Nel frattempo, sopraggiunge mia madre che, godendosi la scenetta, dice: rivolgendosi a mio padre: "Per piacere va a farti sto giretto, per piacere accontentalo, se no questo qua non la smette più, e non ce lo togliamo di torno".
No No No, non ci vado in quel tubo
Dai, così ce lo togliamo di torno; non per lui, ma per la quiete di casa
Mio padre si rassegna per il bene di tutti e commenta: "Tuo figlio sono due mesi che sta qua, lo capisci? Come mai? Non ti chiedi come mai? Quest’estate sta qua, fisso come un monumento… non è che si prepara quel sacco da zingaro e se ne va in vacanza? No, sta qua. E non se ne va, niente: non se ne va.
Vacanza io, papà? Io ho da fare.
Pure noi, perciò tu devi andare in vacanza.
In ogni caso, rassegnato come un martire, mio padre prende cappello e bastone e si avvicina al tubo.
La spit era bassa, quindi per entrare ci sono le prime difficoltà, una delle quali è il cappello che urta il montante e cade per terra. “Ma per entrare in quest’automobile si deve essere acrobati di un circo equestre, e pure bravi eh?”
Insomma, alla fine siamo entrambi seduti.
"Vai piano, che qui si sta seduti per terra, ma che razza di automobile è?".
Metto in moto e partiamo.
Vai piano
Ma se non sono ancora partito
Vai piano, ti ho detto!
Sta andando a 40 all’ora
Ti ho detto di andare piano …vai piano c’è traffico
Ma se siamo ancora sul viale di casa!
Finiscila di contraddirmi, scostumato; vai piano. Vai piano ‘ché ti do una bastonata.
Il fatto è che “andare piano” è una valutazione personale e, quindi, assai relativa, andavo a 50 all’ora anche meno, ma tale velocità non rientrava tra i valori paterni compatibili con il "vai piano".
Mi diede una bastonata in testa davvero! Ahia! Papàààà, ma così moriamo tutti e due
No, muori tu. Prima. E adesso riportami immediatamente a casa. Anzi no. Torno a piedi
E s’incamminò verso casa, che distava meno di trecento metri ‘ché tanto lunga era stata la gita.


lunedì, dicembre 19, 2022

La maschera e il ruolo

 


Un velo che maschera la sostanza del reale o addirittura una patologia della modernità, l’alienazione implicita nella società dello spettacolo in cui la manipolazione e la menzogna oscurano la realtà autentica dei soggetti. Ecco il nodo da cui prende le mosse l’indagine di Barbara Carnevali, storica della filosofia, ricercatrice invitata all’ "Institut d’Etudes Avancées" di Parigi, in un saggio pubblicato da Il Mulino, intitolato *Le apparenze sociali*. Una filosofia del prestigio (pagine 222; 20 euro). Un progetto di filosofia dell’apparire sociale a partire proprio dall’analisi delle vanità, di quel mondo effimero in cui rientrano le mode, la fama, il successo, il prestigio, le buone maniere, lo snobismo, i pettegolezzi, e che non è una forma minore di realtà ma l’assetto sensibile della società dove si giocano come uno spettacolo le immagini che le persone hanno reciprocamente di sé stesse. La finzione, l'ipocrisia. Mai capito perché le persone fingano a tal punto. Come fossero dei diabetici che per consolarsi si sparassero mezzo chilo di caramelle scadenti. Mi preoccupa molto molto di più l'impreparazione delle persone. A forza di portare una maschera ben accettata da una parte della 'categoria' non si rendono conto che il presente e il futuro hanno bisogno dello studio e della gavetta. Fingono di sapere e salgono i gradini: è un controsenso ma si alimentano ugualmente in questo modo. E mi preoccupano ancora di più chi non li riconoscono. Il tassello dell'apparenza, quello più problematico che deriva dalla paura della non accettazione da parte di una società che tende e propende verso la manifestazione degli eccessi, ma sono tanti quelli che non ritengono un ostacolo assorbire i modelli vigenti, che esaltano l'apparenza e si trovano benissimo nel mostrarsi, il che andrebbe anche bene se non ci fosse il totale rifiuto e la messa al banco di chi non ha la predisposizione a farlo e se ci fosse una maggiore apertura mentale. Alla voce apparenza nel libretto delle istruzioni dovrebbe essere riservata una sezione dedicata, all'accettazione, alla libertà e al rispetto del modo di essere di ciascuno e forse le paure avrebbero meno presa su chi si sente diverso e si piega all'omologazione perché è fragile e vive il peso de giudizio. Il fatto che l'uomo percepisce che l'apparenza conta più della sostanza porta a una caduta della cultura, dei valori e dell'etica. La conseguenza è la fine del desiderio in senso esistenziale. Per te donna con gli attributi ben fatti ti chiedono di allungarti sopra un'automobile, oppure di fare l'ombrellina. Questa è la maschera e il ruolo che la società (il Potere) ti dà, e se la togli appare un volto terrificante.


venerdì, dicembre 16, 2022

Uffa, che noia

 


Cos'è lo sbadiglio? Deve pur esserci una funzione dietro questo insolito meccanismo.
Questa, probabilmente, è la domanda che si è posto lo psicologo Andrew Gallup del SUNY College di Oneonta (NY, Usa).
La risposta più convincente che è riuscita a darsi è che lo sbadiglio sia necessario al mantenimento della giusta temperatura del cervello. Si tratterebbe, perciò, del classico processo di omeostasi che il nostro organismo mette spesso in funzione. L’omeostasi, per chi non lo sapesse, è un sistema che adotta il nostro corpo per ritrovare l’equilibrio.
Nella vita succede di dover modificare, volente o nolente, il nostro modo di vivere. Le motivazioni sono tante: Il modificarsi della struttura della famiglia, l’avanzare dell’età con conseguente ritmo di vita diverso, interessi diversi, esigenze diverse. Questo può destabilizzare, e ci si accorge, che dobbiamo “riempire” i tempi vuoti”. Che non è pigrizia, ma occorre trovare interessi adeguati a noi, diciamo a nostra misura di vita. A volte senza cercarli altrove li abbiamo accanto, dove da sempre abbiamo vissuto, solamente li vediamo con occhi diversi.
L’intelligenza nell’usare il tempo dipende da ciò che per noi è importante.
La noia consente alla creatività di sbocciare: ci stimola a ricercare cose nuove e ad essere indipendenti. Chi non ha tempo di annoiarsi è destinato ad un percorso routinario ed inesorabile "until the end".
In realtà Internet ha una funziona anti-noia. Pensiamo ai blog che "riempiono" al meglio degli intervalli...
Poi come sempre non c'è solo quello, ma anche una bella passeggiata e una bella lettura.
Ecco, pensiamo alla fila alle poste: il telefono cellulare ci può rendere la coda più piacevole.
Ma allo stesso tempo preclude la possibilità di fare due chiacchiere.
O di guardare, osservare, pensare. Comunque, come dico sempre, viva l'ozio ben sfruttato e non l'ozio fine a sé stesso. Quest'ultimo può diventare facilmente noia. L'ozio invece ben sfruttato fa bene al corpo e all'anima.
Ma esiste veramente la noia. C'è chi la contesta.
Dice una mia amica che la noia va via presto perché la vita è invasa di distrazioni e c’è sempre posto per nuovi pensieri che la sostituiscono, come un libro, un film, accendere la radio, o aprire la porta della propria casa agli amici e la noia va via con un soffio di vento per parecchio. Alcune volte il tempo per uno sbadiglio finisce già prima di manifestarsi.



Ora l'aforisma


Immaginiamo un giorno nella vita di Adamo ed Eva, senza una televisione con cui vedere le partite di calcio o lo show di Laura d’America, con un desiderio informe, quasi un solletico lontano di gustare le rivelazioni di Pati Chapoy…, ecco, dalla genesi di questa noia ne ha approfittato il serpente. (Benjamin Barajas)

mercoledì, dicembre 14, 2022

Come non perdere la dignità

 


Lo slogan del consumismo mi sembra alquanto rozzo come filosofia della vita: "Si lavora per produrre e si vive per consumare".
La più recente sociologia ha dimostrato i pericoli di questa ideologia, un gretto materialismo edonistico, un individualismo sfrenato e, insieme, la promozione del conformismo sociale.


L'acquiescenza ad ogni forma di governo purché garantisca un certo standard di vita, la formazione di una società privata di stimoli intellettuali e caratterizzata da informazioni distorte e superficiali, come il mito del successo, dal conformismo ai modelli della pubblicità.


Nasce così l'alienazione dell'uomo che si lascia trasformare da attivo cittadino in passivo consumatore.
Fenomeno sociale studiato da Hegel, Feuerbach e dal giovane Marx. 


Spesso come esempio o addirittura unica causa del Capitalismo è indicata la pubblicità, che ne è invece una delle manifestazioni, forse la più visibile, la facciata più esposta, ma una conseguenza a sua volta della produzione industriale per il consumo di massa.


Marcello Marchesi in *Sancta publicitas* ha colto il significato ideologico, quasi religioso della concezione di vita imposta dal capitalismo.


“Una delle cose fondamentali della vita è la dignità.
Non bisogna mai perderla. Per non perderla basta non averla.”


lunedì, dicembre 12, 2022

Dialogo o monologo

 




primo personaggio


Pavese ha scritto che il sacrificio era bestiale ma si riferiva a sé stesso e per questo si è ammazzato.
In fondo Pavese si è sempre sentito in esilio, esule “dalla vita, dal sesso, dalla donna, dall’amore” (Fabrizio Bandini). Con il tempo la sessualità diventa il perno della vita, ma vissuta come mutilazione. In molti hanno trovato una spiegazione psicanalitica: L’infanzia di Pavese, dopo la scomparsa del padre, è sicuramente segnata dalla presenza dominante della madre, donna rigida e severa (A. Guiducci).
10 bustine di sonnifero e lascia una lettera dove si legge che perdona tutti e chiede perdono a tutti.


 secondo personaggio


Eppure, (che mi si perdoni), la scelta di Pavese non ha avuto nulla di brillante. Un’esistenza di primissimo piano, una sensibilità non di questo mondo, una delicatezza eterea tipica delle dee. L’essersi imposto la scelta di morire ha tolto qualcosa al potere dell’imposizione e, secondo me, non ha conferito nulla di più alla sua vita. Secondo Fernanda Pivano, la madre edonistica e l’assenza del padre non sono neppure alibi ché, così non fosse, la vita sarebbe piena di morti suicidi.


primo personaggio


Esprimere un giudizio su una persona che sceglie di suicidarsi mi sembra sbagliato perché noi non possiamo conoscere l’intensità della sua sofferenza. Dall’esterno si costruiscono solo ipotesi.


secondo personaggio


Non ho detto questo. Rifaccio: la sacralità della vita supera ogni intenzione terrena. Ho parlato di concetti, non di persone. Però fai tu.
Se dovessi parlare di persone, comportamenti, illazioni gratuite e giudizi sperticati, dovrei limitarmi a costatare due cose: la prima è che il giudizio lapidario e fuori tema è cosa tua, la seconda è che prendi ramazzate in ogni blog su cui lasci commenti spesso sperticati e assolutamente (a quanto pare) non graditi.
Ma, così facendo, diventerei come te. E la cosa non mi piace (ora è chiaro o devo scendere ancora di livello, per farti capire?)
Invece, poiché sono fatto d’altra pasta: mi chiedo – in senso generale – quanto sia opportuno andare in giro per il mondo o per il web a pontificare come se tutti fossero stupidi. Ancora prima (perché questo fatto testimonia i “cosa” ma non i “perché), mi chiedo quale meccanismo possa indurre chicchessia a credere che simili atteggiamenti siano costruttivi per la propria vita e, di riflesso, per la vita di chi gli sta vicino.
Il biblico “porgi l’altra guancia” (parlo di concetti, se ancora non si fosse capito) è una cagata pazzesca. Le guance le ho finite da un po'.


sabato, dicembre 10, 2022

La rosa bianca

 


L’etimologia della parola “illuminismo" è fondata sulla metafora della “luce”, dopo le tenebre la luce- luce che rischiara le menti.
Caratteristica principale dell’illuminismo è la fiducia nella ragione.
Mettendo al centro gli interessi dell’uomo e le sue capacità, quindi fiducia nelle capacità razionali e nel progresso scientifico. Addirittura, una corrente vedeva nell’esistenza di Dio un ostacolo al progresso.
"La filosofia può rispondere alla domanda: esiste Dio? Il vangelo risponde all'interrogativo: chi è Dio? La Rivelazione ci fa entrare all'interno, svelandocene essenza e segreti, di quel Dio di cui la ragione ha ammesso l'esistenza" (Jean Guitton)
A questo proposito mi viene alla mente il brano del Vangelo di Giovanni:

Lo consegnò loro perché fosse crocifisso

 Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare. E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora. Poi gli si avvicinavano e dicevano: «Salve, re dei Giudei!». E gli davano schiaffi.
Pilato uscì fuori di nuovo e disse loro: «Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui colpa alcuna». Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: «Ecco l'uomo!».
Come lo videro, i capi dei sacerdoti e le guardie gridarono: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Prendetelo voi e crocifiggetelo; io in lui non trovo colpa». 

Gli risposero i Giudei: «Noi abbiamo una Legge e secondo la Legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio».

All'udire queste parole, Pilato ebbe ancor più paura ed entrato di nuovo nel pretorio disse a Gesù: «Di dove sei?». Ma Gesù non gli diede risposta. Gli disse allora Pilato: «Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?». Rispose Gesù: «Tu non avresti nessun potere su di me, se non ti fosse stato dato dall'alto (Gv,19, 8-11)


In quei giorni, Elia, [essendo giunto al monte di Dio, l’Oreb], entrò in una caverna per passarvi la notte, quand’ecco gli fu rivolta la parola del Signore in questi termini: «Esci e fermati sul monte alla presenza del Signore».
Ed ecco che il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento, un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto, un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna (Re 19,9.11-13)


giovedì, dicembre 08, 2022

L'identità del protagonista

 




Essere protagonisti significa avere la capacità di testimoniare agli altri la possibilità di una vita umana che si realizza oltrepassando i soliti modelli freddi e incomunicabili. Se così non è, essere protagonisti si risolve sempre, in un modo o nell'altro, in una sopraffazione, in una violenza sull'altro: questa sarebbe una definizione di protagonismo del tutto inumana. La via che porta a un diverso modo di pensare il protagonismo umano è quella di consentire agli altri di realizzare fino in fondo la vocazione al proprio destino promuovendo la vita sul piano di una continua partecipazione. Guardare chi è protagonista è guardarci in uno specchio che ci restituisce un'immagine piena di speranza, affrancandoci dall'angoscia e dalla banalità dell'insignificanza quotidiana.
Nel momento in cui uno diventa un'annoiata comparsa la realtà si lascia docilmente colonizzare dall'abitudine, dalle abitudini che l'uomo acquisisce nella vita quotidiana contattando identità diverse. E quasi scompare.
Nel reticolo delle abitudini, la realtà non si realizza, si nasconde, svanisce.
La coscienza non rimane più sveglia e si occupa soltanto di quello che ha davanti, di quello che capta sul momento.
Il tempo si contrae, si divide il suo fluire diventa impercettibile.
La coscienza si spegne e perde la sua identità, e l'essere stesso, l'essere a cui questa coscienza appartiene si nasconde altrettanto, o ancora più della realtà. Il comprimario accetta passivamente ogni violenza, diventa incapace di amare, di proporre e si fa trascinare dagli eventi.
Il comprimario perde la sua libertà di poter scegliere chi e in cosa credere, decidere in piena autonomia e cambiare anche idea. Bisogna essere liberi.
Liberi di esprimere il proprio io senza preoccuparsi troppo delle opinioni altrui e soprattutto senza farsi troppo influenzare dalle stesse.
Solo la nostra identità personale nel tempo rende sensate cose come l’assunzione di responsabilità e ci permette di vivere da protagonisti, e non da spettatori, la nostra vita.


lunedì, dicembre 05, 2022

L'amicizia è un valore

 


Come si arriva all'amicizia?

Ho trovato due frasi folgoranti: la prima di Proust " L'amicizia è la negazione di quella solitudine senza rimedio alla quale è condannato ogni essere umano". La seconda: " L'amicizia è un espediente sociale, come la tappezzeria o la distribuzione di bidoni di immondizie!" (Beckett).

Parto dalla prima frase: Ci sono stati momenti, nella mia vita in cui mi sono sentito condannato ad una solitudine senza rimedio. L'amicizia non è affatto una solitudine senza rimedio: il rimedio è proprio la possibilità di condividere con altri il cammino verso il proprio compimento. Questa per me è l'amicizia.

La seconda frase rappresenta una critica di Beckett a Proust. Certo ogni rapporto può essere vissuto con superficialità oppure con una comunione di destino così profonda che fa sentire la compagna, o il compagno, di cammino, veramente come un sostegno indispensabile: proprio un amico/a.

Sempre cercando qui e là ho trovato che un certo Aelredo di Rievaulx (1110-1167) ha scritto uno splendido trattato intitolato L'amicizia spirituale.

Aelredo è un realista, sa che "l'amicizia può essere carnale, mondana, spirituale. Quella carnale nasce dalla sintonia del vizio; quella mondana si accende per la speranza di un guadagno; quella spirituale si cementa tra coloro che sono buoni, in base a una uguaglianza di vita, abitudini, gusti, aspirazioni."

Considero quest'ultima la più realista. E aggiungo che nell'amicizia spirituale c'è un desiderio, un gusto di tenerezza di dolcezza che si potrebbe chiamare sentimento interiore, o più profondamente potremmo chiamarlo amore.

Ci sono esempi di persone che pensano che l'ideale sia vivere senza dover consolare nessuno, senza essere di peso o causa di dolore per chi hanno vicino, senza trarre gioia dal bene degli altri, stando bene attenti a non amare nessuno e a non curarsi di essere amati da qualcuno.

Questo è l'errore che impedisce la vera amicizia.


sabato, dicembre 03, 2022

Quando la poesia è vera poesia

 





Ho sceso, dandoti il braccio (Montale)



Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale

e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.

Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.

Il mio dura tuttora, né più mi occorrono

le coincidenze, le prenotazioni,

le trappole, gli scorni di chi crede

che la realtà sia quella che si vede.

Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio

non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.

Con te le ho scese perché sapevo che di noi due

le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,

erano le tue.


Laico per tutta la vita, assicura Carlo Bo, dando una notizia fino a oggi ignorata dai più, Montale è morto recitando il rosario. La religione, insegnatagli dalla madre, aveva lasciato in lui un segno incancellabile. Ungaretti, uomo dell'amore, ha lasciato questa vita in casa di un'amica, forse (ma nessuno lo sa con certezza) nel letto di lei. «La consuetudine giovanile con il mondo arabo gli faceva capire che non c'era contraddizione tra l'amore carnale e la fede nel giudizio "divino", sottolinea Leone Piccioni, suo amico e discepolo, riferendo che poche ore prima della morte Ungaretti aveva detto di sé "io sono un soldato della speranza!"
Né Montale, né Ungaretti erano laureati. Montale era ragioniere.
I due non amavano certamente il mondo accademico.
L'incompiutezza dell'uomo, cioè i suoi limiti, che sono invalicabili, soprattutto, anche se pensiamo alla conoscenza, è fondamentale porsi in una posizione attiva, nella vita, e cercare comunque quei limiti e superarli.
L'amore è il mezzo più nobile con cui cerchiamo di superare la nostra incompiutezza.
Montale ricorda con struggente nostalgia l'abitudine di scendere le scale dando il braccio a sua moglie.  Le “scale" sono una metafora della vita, vicissitudini e difficoltà che era solito condividere quotidianamente con lei. Rimasto solo, sente la mancanza di questo gesto di affetto che li aveva sempre uniti.


giovedì, dicembre 01, 2022

Fede e non dominio

 






Il potere della Chiesa se non è concepito e sostenuto dal contenuto della fede scade a ruolo di dominio.
Già san Paolo metteva in guardia i pastori della comunità primitiva dalla tentazione di spadroneggiare sul proprio gregge.
Esempio classico di tale dominio nella vita ecclesiastica è un certo modo di intendere ed attuare i piani pastorali stabiliti a tavolino dalle curie diocesane. Il potere, in questo caso, diventa gestione della vita altrui.
C'è anche l'assenza di una pedagogia integrale che accompagni la libertà dell'uomo nella adesione al messaggio di fede.
Si può dire che l'assenza di questo messaggio porta con sé una percezione rattrappita della pedagogia di sviluppo della fede cristiana. Pedagogia che viene così ridotta secolarissimamente ai contenuti della sociologia e della psicologia secondo un modello anglosassone.
Nello stesso tempo. Il potere, non nella sua ontologia e quindi nella sua strutturale eticità, nella sua odierna realtà storico-politica, mostra una radicale inimicizia verso il senso religioso. Il potere attraverso gli strumenti d'invasione della coscienza non può non cercare di omologare il più possibile il popolo a valori che gli consentano di mantenere lo status quo e perpetrare il suo dominio.
La Chiesa ha il compito di trasmettere al mondo un annuncio che deve essere integrale e semplice. Integrale nel suo contenuto: Cristo è il Dio che si è fatto uomo. Semplice perché deve essere percepito nel suo significato, e può esserlo solo in proporzione alla corrispondenza che esso ha con i bisogni concreti della vita dell'uomo.
Riprendendo un vecchio concetto, secondo me in quest'emergenza la Chiesa si riprenderà il suo ruolo, una predicazione più in linea con la parola di Gesù Cristo e sempre meno spostata verso i meccanismi del potere temporale.
In questo momento le persone hanno bisogno di appellarsi alla fede, di trovare sostegno e forza.
Finita l'emergenza, i sacerdoti saranno di aiuto a tante persone, ne sono sicuro.


martedì, novembre 29, 2022

Condizionare i cervelli

 


I mezzi di informazioni più importanti come le TV i giornali e internet per pagare i costi della loro attività devono ricorrere alla pubblicità.
La pubblicità è il mezzo di convinzione del Capitalismo. A cosa deve convincerci? Semplice: consumare. Il martellamento continuo causa lo svilimento dei Valori, dei Desideri. Per esempio, l'Amore viene sostituito dal sesso, la famiglia diventa un albergo con servizio di ristorante, l'Essere dall'Apparire.
Non vedo soluzioni che possano liberarci da questo tipo di Potere. Ormai la politica è stata sostituita dall'economia e l'economia è subordinata alla tecnologia.
È inevitabile che questa "spettacolarizzazione del quotidiano" cui assistiamo oggi renda il mediocre motivo di successo e perciò abbassi le pretese di eccellenza del singolo. In questo senso siamo incastrati in una prigione di mattoni. I nostri talenti vengono talmente inariditi da questo marasma di sensazionalità facile che spesso vengono completamente dimenticati, o nemmeno ci si accorge di averli.
Alla fine, diventeremo persone senza emozioni, robot che vagano alla ricerca di qualcosa che faccia pulsare più forte il nostro cuore.
I talenti sono i principali nemici del consumo sciocco e quindi vengono attaccati con violenza, fino alla distruzione.
Dal 2001 al 2014, negli Stati Uniti più di mezzo milione di persone sono morte di overdose per farmaci o droghe e di questi 165.000 a causa degli analgesici oppioidi. Gli analgesici oppioidi, da soli, sono attualmente responsabili di oltre la metà dei decessi per droghe e farmaci negli USA.
L'uomo per sua natura deve provare emozioni e avere desideri. La vita non lo permette, subentra il disagio esistenziale e per non soffrire e godere di un illusorio stato di benessere ricorre all'eroina o all'alcol.
Ho l'impressione che l'umanità stia correndo verso qualcosa di sconosciuto e forse la causa è la paura di vivere.
Sta scomparendo la cultura della sostanza a favore dell'apparenza, sia in campo professionale che umano.
Non conta più quello che si sa fare davvero o come ci si comporta, ma solo come e quanto si appare, a qualsiasi costo, con qualunque mezzo lecito o illecito.
Si è prodotta una cultura dell'Io a danno di quella del collettivo.
È chiaro che nell'io tutto annega nella solitudine esistenziale, compresi i valori effimeri che ne derivano.
I ragazzi seguono la strada che noi percorriamo davanti a loro: deserte autostrade e cattedrali tra le dune.
Si sta diffondendo una distorsione per cui sembra più interessante fingere ciò che non si è piuttosto che vivere ciò che si è.
C'è una disaffezione nei confronti di noi stessi che credo sia una conseguenza del fatto che oggi vengono offerte milioni di sollecitazioni sulla realtà, ma è molto difficile imbattersi nella proposta di un significato della stessa. E senza significato la realtà diventa arida, povera, non provoca più alcuna attrattiva.
La ricerca dell'effimero avviene perché ai giovani abbiamo dato tutto e non conoscono il sacrificio della conquista, ma ciò è il risultato del boom economico periodo in cui sono cresciuti genitori ed insegnanti che hanno anticipato i loro desideri senza alcuna richiesta.
Così facendo si spegne il desiderio. Sì, anche della vita.
La televisione da anni ha "rapito" le menti degli italiani, condizionandone la vita. Tralasciando la pubblicità...I media, anche se non schierati politicamente, finiscono per usare un linguaggio e modi che modificano la percezione della realtà dello spettatore. Tutti noi siamo soggetti a questo, chi più e chi meno.
Questo ovviamente non significa il dover buttare via il televisore, tutt'altro.
Bisogna non perdere mai il senso critico, neanche quando ci sediamo in poltrona.
Tutto quello che sentiamo in televisione va "pesato" e ponderato. Magari anche usando il web - nel suo lato migliore - per informarci in modo adeguato.
La politica ha usato giocoforza la televisione per conquistare il consenso, non solo Berlusconi, che della televisione è stato ovviamente grande protagonista. E hanno trovato una sponda ideale negli italiani che trattano la politica come una partita di calcio.

lunedì, novembre 28, 2022

La villa sullo strapiombo

 


La geologa Micla Pennetta, docente di Geomorfologia all’Università Federico II. «La colpa — dice — è del cemento». Chiarisce il suo pensiero: «Lì c’è un terreno di natura vulcanica, ovvero poco compatto. In caso di piogge abbondanti l’acqua lo gonfia e tende a portarlo a valle. Gli alberi svolgono un ruolo fondamentale per prevenire questi fenomeni, ma ne sono stati eliminati molti per le attività antropiche. La cementificazione dei suoli ha ridotto la capacità di assorbimento delle acque, che scivolano a valle con una violenza devastante, trascinano fango ed altri materiali e creano disastri. Si è verificata una colata detritica». Non è la prima volta che accade, ricorda Pennetta: «È un fenomeno molto simile a quello del 2009, quando una colata rapida invase Piazza Bagni e morì una ragazza». Terrazzamenti con rimboschimento, vasche di laminazione, canali di drenaggio, secondo la geologa, sono gli interventi che vanno realizzati subito per evitare che si verifichino a Casamicciola nuove tragedie. Gli ambientalisti puntano il dito contro il condono-Ischia inserito nel decreto sul ponte Morandi di Genova crollato nel 2018: una sanatoria che bollano come «incostituzionale» e «con tanto di contributi concessi dallo Stato a chi ha edificato abusivamente e collegandoli alla ricostruzione post sisma del 2017». Secondo Legambiente a Ischia erano ben 28 mila le richieste ufficiali di sanatoria edilizia. Per questo, dice Gaetano Sammartino, presidente della sezione Campania della Società Italiana di Geologia Ambientale, «va posto definitivamente un freno al consumo di suolo e va adeguato il sistema drenante». Riflette: «Quella è un’area a rischio idrogeologico molto elevato perché la stratigrafia del versante è precaria. Se l’abbandoniamo, non facciamo manutenzione e magari cementifichiamo i canali di impluvio la catastrofe è garantita. Il cemento non assorbe l’acqua, che scorre rapidamente e si precipita nelle zone di fondovalle». A Ischia si è costruito troppo, insomma, e per lo più senza regole. Lo sa bene Aldo De Chiara, ex procuratore aggiunto a Napoli, che quando era magistrato si impegnò per contrastare il fenomeno dell’abusivismo edilizio sull’isola. «La storia si ripete — commenta —. Un terreno fragile non può subire edificazione senza criterio e fuori da ogni idonea programmazione. È il contesto fertile perché poi eventi atmosferici come quello della notte tra venerdì e sabato provochino danni irreversibili a cose e persone». Eppure, ricorda De Chiara, che tra il 2010 ed il 2011 subì minacce di morte quando provò a far demolire alcune case abusive nei Comuni di Forio d’Ischia e di Barano, il contrasto al consumo di suolo ed all’abusivismo edilizio non sono tra le priorità nell’agenda politica. «Basti pensare — dice — che quando nel 2018 hanno stanziato fondi per la ricostruzione per le case danneggiate dal sisma del 2017 a Casamicciola sono state previste risorse anche per quelle abusive. Un atteggiamento irresponsabile». Incalza: «Sull’isola c’è stato un forte abusivismo edilizio del quale la classe politica non ha mai voluto prendere atto o verso il quale è stata connivente per motivi di consenso. Non è un problema solo di Ischia, peraltro. Ho ascoltato in occasione della campagna elettorale per le politiche candidati che invocavano un nuovo condono edilizio con il pretesto, in verità poco condivisibile, dell’abuso edilizio di necessità».


domenica, novembre 27, 2022

L'amore senza scadenza

 


L'amore è qualcosa di misterioso. È il più profondo dei desideri umani.
È ciò che ci caratterizza in quanto uomini.
Si può fare a meno dell'amore?
Rinunciare a porsi la domanda "qualcuno mi ama?"
Rinunciare soprattutto alla possibilità di una risposta positiva, vuol dire rinunciare all'umano in sé.
Un conto è il giorno prima di innamorarsi e un conto è il giorno dopo di essersi innamorato: tutti e due i giorni possono essere uguali apparentemente nella quotidianità, ma cosa fa la differenza? Che uno è carico di una memoria che nell'altro non c'era, perché non era accaduto.
La conoscenza sarà una persuasione che avverrà lentamente e nessun passo successivo smentirà i precedenti.
Abbiamo bisogno subito di capire che l'amore è fatto dal ripetersi di tanti riconoscimenti, cui occorre dare uno spazio e un tempo perché avvengano.
Può sembrare difficile, persino impossibile, legarsi per tutta la vita ad un essere umano. Bisogna superare lo scetticismo della società. Un'esperienza che la mentalità comune disistima e talvolta censura. Si ritiene che l'amore debba cessare e quindi la separazione tra gli sposi finisca per diventare inevitabile. È un modo per sfuggire ad una realtà che può essere fatta anche di sacrifici e rinunce. L'amore coniugale comporta una totalità in cui entrano tutte le componenti della persona. Richiamo del corpo e dell'istinto, forza dell'affettività. Aspirazione dello spirito e della volontà. L'amore coniugale è un'esperienza ragionevole e piena di fascino. Dà un senso compiuto alla tua vita. Più che di eletti potrei affermare che è una vocazione.
Sì, è difficile abbandonare i propri egoismi e imparare a donarsi, muoversi verso l'altro, capire le sue esigenze e soddisfarle. È necessario un cambiamento radicale nel proprio modo di vivere.
L'amore coniugale è una forza che ti prende e ti fa stare al di sopra di tutto, ti dà il piacere della condivisione, la speranza del futuro e la sicurezza nell'affrontare giorno per giorno le difficoltà o godere delle gioie, perché tutto ciò viene condiviso 

venerdì, novembre 25, 2022

Crescere bene

 


L'affettuosità di una madre per un figlio non è un pensiero. Si esprime attraverso una realtà biologica, ma è tutta quanta determinata dalla passione per il futuro e per la prospettiva di quel bambino.
A me sembra importante che il bambino sviluppi una fiducia, un amore in sé, perché se uno non si accetta non potrà nemmeno amare gli altri.
Ma l'amore di sé e la fiducia se la costruisce se lo aiutano le figure genitoriali che ha intorno, non necessariamente i genitori biologici.
Molto si decide già nei primi sei mesi di vita, e il resto durante l'infanzia, tramite sempre le figure adulte di riferimento.
Mi ricordo che c'era uno psicologo infantile che diceva che il bimbo doveva leggere e vedere il *brillio negli occhi della mamma quando questa lo guardava*. Tutte cose che un piccolo fino ai 6 mesi percepisce anche senza razionalità di cui non è ancora dotato.
Vera anche l'importanza dei primi 6 mesi per riuscire a definire sé stessi come corpi estranei e quindi anche psichicamente autonomi rispetto al corpo originario della mamma a cui prima era fuso in un tutto unico.
L'allattamento al seno dice la Klein e il distacco da quello è il momento in cui il bimbo deve cominciare a percepire che è un'entità a sé e che deve farcela da solo a voler vivere.
Nella mia esperienza, diretta da figlio, indiretta vedendo i figli degli altri, ho sempre visto la madre come quella che "alza la voce" e il padre quello che resta più defilato o addirittura che vizia il proprio "pargolo".
I primissimi tempi dell'infanzia sono determinanti per la salute psicologica del bambino e ci si attiene alle teorie della Melanie Klein e di quelle dell'attaccamento di John Bowlby. Nel primo anno la madre deve essere gratificante, sensibile, protettiva, per un attaccamento sicuro, propedeutico all'adattamento sociale. Le prime relazioni di fiducia ed empatia suscitano i futuri valori di aiuto e accoglienza.
Per una crescita armonica il bambino ha bisogno di entrambi i codici educativi: il codice materno e quello paterno. Solo nell’equilibrio fra questi due codici passa tutto ciò di cui ha bisogno un essere umano per divenire sé stesso. Una bambina a cui fu chiesto dove fosse casa sua rispose:

“Dove c’è la mamma”

(Anonimo)

mercoledì, novembre 23, 2022

Un freno all'odio

 


Oggi, come notò Pascal, “nessuno sa più restare solo chiuso nella propria stanza”. Per momenti meditativi che rielaborino fantasie, percezioni, impressioni, ecc. Per revisionare la propria visione del mondo da cui discende il nostro gioire e soffrire che ci rendono vitali, per conoscere i propri modi conoscitivo-emozionali, per ridefinire e affinare quelli comunicativo-relazionali strumento essenziale della vita. Domina un parlare automatico e prevedibile e le questioni serie sono tabù. Non svendiamoci con tediosi affabulatori privi di humour e lievità e ci siano care le persone con cui è possibile sintonizzarci anche per un fugace incontro. Si teme il giudizio o di ammettere la nostra fragilità e il bisogno dell’altro. Una condivisione di emozioni e sentimenti pur avventurosa sarebbe vincente per una consapevolezza non elusa con evasioni e disimpegno. La prerogativa e il dovere della forma umana è farsi domande altrimenti diventa una vita di animali che mangiano, dormono, si difendono, si accoppiano, si ammalano e muoiono con la sola differenza che gli animali lo fanno per strada e l'uomo in lussuosi appartamenti. Quando l'assurdo si fa norma e specchio della realtà che ti circonda, è difficile mantenersi integri. Si fa, certo, se si pensa, se si sente, ma si avverte una profondissima e immensa solitudine. La vera libertà qui, nel mondo virtuale non esiste, perché questo contesto non ci appartiene, ci è estraneo perché qui tutto è perituro, anche il ricordo, anche i pensieri, anche la mente (corpo, mente, intelligenza sono vestiti che indossiamo solo per un po’, poi si cambiano). Il nostro libero arbitrio in definitiva si riduce a due semplici scelte: amico o nemico. Il resto sono due rotaie che ti sei costruito, due rotaie che dove viaggi pensando di guidare. Si dovrebbe capire che innanzi tutto si esce dal regno del polveroso dell'assurdo se ciascuno di noi riprende su di sé il mestiere di vivere, il mestiere duro di essere un uomo, quella ricerca del vero senza la quale l'uomo è condannato a una parvenza di incidenza, a una vita spezzata, una vita che non ha senso. In questi giorni molti di noi stanno analizzando il pianeta Blog. Purtroppo, gli utenti sono uno, dieci, cento, mille persone. Mi potrebbe pure andare bene se le dieci, cento, mille persone rimanessero sempre e comunque genuine, sincere e disinteressate. Poi che uno si impegni o meno a “dialogare” o al contrario preferisca tergiversare dipende molto dall’età, dalle esperienze, dalla cultura, dagli interessi, dalle motivazioni che lo hanno spinto ad aprire un blog. Ma l'aspetto più brutto nel mondo dei blog è che le persone, a volta, finiscono per disprezzarsi per liti nate da banalità, oppure per pareri diversi. E gli amici corrono a schierarsi in favore dell'uno o dell'altro non per valutazione, ma quasi per un senso di appartenenza a una certa bandiera. E come bambini capricciosi e vendicativi si rompe per sempre un dialogo che era iniziato bene e termina in malo modo. 


lunedì, novembre 21, 2022

Troppi narcisisti

 



Sì, comunque sia, penso che il Sommo Creatore (sia Egli Dio, Allah o Cullù) ogni tanto si distragga e butti sulla Terra qualche individuo a caso, dimenticandosi poi il motivo. Un po' come quando entrate in una stanza e vi mettete a fissare il tappeto pakistano della prozia Pina nel tentativo di ricordare perché siete lì. Ecco.
Queste persone si insinuano nella vostra vita come se nulla fosse, trasformandosi poi, col tempo, in noiose tritasassi.
Tra tutte, c’è una categoria in particolare cui il rogo dovrebbe esser d’obbligo: i narcisisti. Dietro questo termine apparentemente innocuo e infantile, si nasconde un vero e proprio disturbo patologico che porta l’individuo a sviluppare una percezione distorta del proprio sé attribuendogli un’importanza e un’idealizzazione totalmente esagerate. E, nella stragrande maggioranza dei casi, infondate.
Ma noi non siamo psicologi, per cui non ce ne frega una mazza.
Il narcisista è l’amico o l’amica che reputa la Treccani un libretto per bambini e si sente quindi obbligato, dall’alto della sua sconfinata intelligenza, ad apportare correzioni e precisazioni ad ogni vostra singola parola. Nel 97% dei casi è ignorante come un lichene e disinformato quanto "Il Giornale".
Il narcisista è anche colui o colei che cerca sempre il vostro appoggio per qualsiasi cavolata; pretende conforto, ascolto e comprensione. Vi riversa addosso tutti gli avvenimenti della sua inutile giornata, magari mentre siete imbottigliati nel traffico da venti minuti, in ritardo per il prossimo appuntamento e sotto un sole degno di Dubai. Ma il “visualizzato” senza risposta della tamarra o dell'imbroglione di turno è molto, molto più importante. E lo vede spesso chi ignora.
Il narcisista è quell’organismo che si colloca a metà tra il pus e la muffa nera.
Il narcisista ama parlare di sé stesso, mostra disprezzo aperto verso gli altri,
mira ad essere oggetto di ammirazione, mostra un interesse effimero verso le persone, ricerca attenzione attraverso le emozioni negative, si percepisce come una personalità grandiosa, tende a manipolare gli altri.
I narcisisti “storici”, Oscar Wilde, Gabriele D'Annunzio, Curzio Malaparte, Lord Byron in realtà sono prima di tutto dei dandy, gran lavoratori travestiti da nullafacenti.
Il narcisista

Mostra disprezzo aperto verso gli altri.

Mira ad essere oggetto di ammirazione.

Mostra un interesse effimero verso le persone.

Ricerca attenzione attraverso le emozioni negative.

Si percepisce come una personalità grandiosa.

Tende a manipolare gli altri.



venerdì, novembre 18, 2022

Accostamento al dolore

 


 Il dolore, per la cultura greca, ma diciamo pure per le culture politeistiche, sta là; come le montagne, i fiori, il mare, la pianura. Il dolore sta là e capita di incontrarlo. La tragedia esistenziale greca non consiste nella ricerca di senso del dolore: i greci, ben noti cultori del limite, non si chiedevano che senso avesse il Peloponneso non meno che il meltemi agostano (tipico vento di agosto): si “limitavano” a prenderne atto. Il dolore si limitavano a incontrarlo (ed a superarlo, magari). La tragedia greca non sta nella mancanza di senso, sta nel rapporto potenzialità dell’uomo e limite alle stesse, limite, per altro, ignoto, la cui scoperta spesso ne indica pure il suo oltre passamento (con conseguenze che sappiamo). Dunque, i Greci non avevano necessità di dare senso al dolore: il loro problema esistenziale consisteva nel tenere in equilibrio Gaia e Nemesi. Gaia, rappresenta la madre terra, e Nemesi la potenza divina. Il dolore, per la cultura greca, ma diciamo pure per le culture politeistiche, sta là; come le montagne, i fiori, il mare, la pianura. Il dolore sta là e capita di incontrarlo. Esistano tante di tipologie di dolore. Bisogna stare all'erta, per non farsi trovare impreparati "perché quel ramo morente, tornerà un giorno, conficcato nel tuo petto, chiedendo se ora lo riconosci" C'è sempre un conto da pagare, alla fine. I dolori dell'animo soggettivi sono da rispettare come quelli oggettivi perché ogni persona ha una propria sensibilità. E ognuno di noi ha la propria storia e le proprie ferite dell'animo. C'è un subdolo dolore esistenziale che rinchiude un uomo dentro una gabbia e riguarda il distacco da quello che offre la vita. Una rottura insanabile con l'ordine delle cose, con il mondo che non riesce a dare quello che inconsciamente l'uomo cerca. Alcuni dolori li portiamo con noi per sempre, nascosti dentro delle piaghe che non mostreremo più a nessuno. È normale, si impara a convincerci e ad azzittirli...come quando perdiamo una persona che amiamo e però bisogna andare avanti. Poi ci sono dolori vari ed eventuali, che ci colpiscono come un ago appuntito, poi la ferita si rimargina piano, piano. Io credo che il dolore, sia fisico che psicologico, non sia né qualcosa da sottovalutare né qualcosa a cui dare eccessiva importanza. Fa parte di noi, certamente, a volte per cause naturali a volte per cause esterne: imparare a gestirlo, accettarlo e anche superarlo è uno dei nostri doveri perché se non facciamo così non possiamo imparare ad apprezzare la vita. Infatti, se ci fai caso, senza dolore non c'è gioia.


martedì, novembre 15, 2022

Le sopracciglia delle donne iraniane



 

Le donne sposate possono essere violentate a Singapore e nelle Bahamas. In India la legge riconosce che gli atti sessuali compiuti da un uomo sulla propria moglie (con più di 15 anni) non possono essere considerati "Stupro". In Libano e Malta un uomo può rapire una donna e sposarla. In Israele una donna sposata non può divorziare senza Il permesso del Marito. In Nigeria è legale picchiare una donna. In Iran la testimonianza in Tribunale di una donna non ha valore giuridico. Ci sono secoli di storia a remare contro questa splendida creatura.  Ci vorrà ancora tempo perché la donna sia ritenuta pari all'uomo, e che essa stessa, in tanti, troppi casi, non si reputi inferiore. Si è parlato, si parla e si continuerà a parlare ancora per secoli della parità. Il mio modesto parere, senza tanto disquisire, è quello che l'uomo pur mettendoci tanta buona volontà, non ammetterà mai che la donna ha le sue stesse capacità, ed aggiungo essa ha una marcia in più "La Procreazione". Non sono solo i paesi da me citati ad avere leggi assurde contro le donne, purtroppo c'è un comportamento/atteggiamento generale che va contro le donne sia a livello legislativo che sociale in tutto il mondo. Io volevo solo sapere se il fatto che un uomo prova paura verso una donna lo faccia sentire "in dovere" di farle del male. Non può essere il fatto che la donna possa dire no a dare il via alle violenze, non è assurdo? Allora si torna al mio discorso dove dico che se da una parte le donne devono lottare per sé stesse, anche gli uomini devono cambiare in meglio e lasciarsi alle spalle secoli di credenze e atteggiamenti sbagliati. L'uomo con la clava, il padre padrone devono restare nel passato. L'uomo contemporaneo deve trovare altri modi per esprimere sé stesso senza essere violento e senza prevaricare sulle donne. L'uomo e la donna si completano solo se insieme. Sono uguali e differenti. Complementari. Questa società e la storia in generale hanno sfalsato i ruoli primari e originali.


domenica, novembre 13, 2022

Fuori dal coro

 


Io penso che si possa e si debba rimanere sé stessi, e quindi magari anche essere fuori dal coro, e riuscire ugualmente a far emergere ciò che di bello e originale c’è in ciascuno, anche se in apparenza si muove nel gregge.
In realtà siamo governati dalla dittatura del singolo pensiero, in assenza di intelligenza emotiva multifocale, la stessa ripetizione di un modo di pensare ci rende sonnambuli. Penso che ci sia un effetto collaterale su Internet, esattamente la ripetizione del collegato senza ulteriori analisi elimina l'effetto cognitivo per l'evoluzione del pensiero.
Tutti intruppati nei soliti giri, incapace di autonomia consapevole, schiavi di chi dirige danze e traffico.
Ma c'è chi è fuori dal coro, chi lancia l'esempio, chi tiene blog non allineati, chi riesce addirittura a dare un senso a Facebook... non disperiamo, semmai, invece, impegniamoci affinché le distanze si riducano, anziché rinchiuderci nelle nostre torri d'avorio.
Io mi informo su Covid 19, ma è fuori della mia vita. Non esiste, non merita attenzione o paure.
Resta il dolore per le famiglie che perdono i loro cari. Riesco facilmente a sopportare le restrizioni e mi irrita chi per sfuggire da un obbligo ricorre all'inno nazionale, che è pure brutto e diversivi diversi.
Il mondo fuori di me può causarmi depressione.


giovedì, novembre 10, 2022

La nostra vita

 


L'io è quel complesso di esigenze e di evidenze che costituiscono il volto originale dell'uomo, la struttura dell'umana natura. Nel nostro io interagiscono la ragione e l'affettività. Il blocco di questa attività di interscambio causa la dissociazione dell'io. La ragione corre verso l'alienazione e l'affettività si manifesta con un fascio di reazioni irragionevoli. L'uomo pensa di realizzare il proprio ideale invece asseconda il volere del Potere che dopo averlo privato dei desideri originari gli impone quelli falsi. Le esigenze di un uomo pretendono di essere esaudite. Siccome l'uomo non ha la forza e l'intelligenza per realizzarle, di raggiungere cioè il traguardo che esse fanno prevedere, l'uomo dà forma a questa pretesa secondo la consistenza fragile e ultimamente illusoria che si chiama sogno, cosa molto diversa dall’ideale che rappresenta l’oggetto di perfezione per cui il cuore dell’uomo è fatto. Si delega la gestione delle emozioni alla spettacolarizzazione mediatica e alle commozioni artificiosamente indotte. Non rappresentano il vissuto di una persona e certi eventi esistono solo perché rappresentati in TV, metafora di una cultura standardizzata e di attività ripetitive e demotivate. La poesia, la letteratura, l’arte, se rispecchiano la condizione umana o se sono espressione di propri spontanei sentimenti possono salvarci e contrastano il pragmatismo frettoloso, l’ottica del profitto, ecc. Per vedere il mondo con occhi diversi, per risvegliare, riconoscere, rivivere certe emozioni. Recuperiamo l’eccellenza dell’anima come suggerito dagli antichi affinché l’ottundimento contemporaneo non ci faccia rinunciare allo sviluppo di un’autentica personalità individuale (l'individuazione junghiana). Il concetto di individuazione ha nella nostra psicologia una parte tutt’altro che trascurabile. L’individuazione è in generale il processo di formazione e di caratterizzazione dei singoli individui, e in particolare lo sviluppo dell’individuo psicologico come essere distinto dalla generalità, dalla psicologia collettiva. Quindi un processo di differenziazione che ha per meta lo sviluppo della personalità individuale. La televisione è 'pericolosa' perché spesso induce delle emozioni costruite a tavolino. È come se ci iniettasse queste emozioni in vena, attraverso una siringa. Ma un'opera televisiva (diciamo un film ad esempio) può trasmettere emozioni positive come una poesia, una canzone, se si innesca un processo fatto di assimilazione, di immedesimazione e di coinvolgimento vero. Questa società moderna cerca di appiattire e di conformare le persone attraverso regole sociali. Alcune sono necessarie per evitare anarchia pura. Altre sono 'costruite' e chi non le rispetta è visto come un peso per la società. Ed è con queste finte regole sociali indispensabili che si smarrisce l'io individuale. Ovviamente televisione e media sono fondamentali per dare potenza a queste finte regole sociali indispensabili.


martedì, novembre 08, 2022

Consigli per gli acquisti

 


La pubblicità, se ne avessi il potere, la proibirei. È una quasi scienza che usa la suggestione psicologica per finalità condizionanti e manipolatorie. Credo che, da un punto di vista etico, sia assolutamente illecita, perché più che informare l'utente, il cittadino sui prodotti e sulle loro proprietà e caratteristiche, tende a condizionarne i comportamenti favorendo i produttori/venditori. Se poi riflettiamo che oltre alla funzione sostanzialmente induttivo-manipolatoria essa ha effetti più che concreti sulle vendite di un prodotto e sul suo costo (una vera tassa privata) pagata da chi acquista: pagare per farsi convincere ad acquistare oggetti di cui si potrebbe benissimo fare a meno, illudendosi di essere un po' più felici, è il colmo della manipolazione psicologica, ma questo è il tipo di "libertà" che non pochi intendono difendere: è una libertà di alcuni (pochi) contro altri (molti). La pubblicità spadroneggia anche nei farmaci con effetti catastrofici. Dopo la messa al bando del Vioxx e di tutti i farmaci a base dello stesso tipo di molecole, i cosiddetti Cox2, gli studiosi hanno messo sotto accusa altre due famiglie di medicinali: quelli a base di ibuprofene, come il Moment e il Buscofen, e quelli che contengono il diclofenac, come il Voltaren. Le due sostanze, infatti, aumentano le percentuali di rischio per l’infarto. La notizia è stata diffusa dal quotidiano britannico The Guardian, dopo che sull’autorevole rivista British Medical Journal è stata pubblicata una ricerca dell’Università di Nottingham sui rischi legati agli antidolorifici. Le autrici dello studio epidemiologico, Julia Hippisley-Cox e Carol Coupland, hanno identificato 9.218 pazienti in Inghilterra, Galles e Scozia, tra i 25 e i 100 anni, che hanno già sofferto di un primo infarto e li hanno tenuti sotto osservazione. Nelle valutazioni finali, naturalmente, sono stati considerati i fattori come l’età, le malattie cardiovascolari diagnosticate, il fumo e il consumo di altri farmaci, come l’Aspirina che riduce il rischio di un attacco di cuore. Il risultato è stato che con il consumo di ibuprofene il rischio infarto cresce del 24 per cento, mentre con l’assunzione di diclofenac aumenta addirittura del 55 per cento. Per quanti hanno curato il dolore con il rofecoxib, il principio attivo del Vioxx, il rischio infarto è salito del 32 per cento, contro il 21 per cento in più di un altro Cox2, il celecobix contenuto nel Celebrex. In Gran Bretagna l’attenzione si è tutta concentrata sull’ibuprofen, da sempre considerato uno dei farmaci più sicuri del mercato e usatissimo come sostituto del Vioxx. Secondo le ricercatrici, ogni 1.005 persone ultrasessantacinquenni che assumono ibuprofen, uno subirà un infarto. E per capire l’impatto dei numeri, è bene considerare che solo oltremanica i pazienti che soffrono di artrite e sono quindi potenziali consumatori di antidolorifici, sono circa 9 milioni. L’astratto pubblicitario è la condanna della nostra dignità umana. La pubblicità è ciò che elude il tuo nesso con l'infinito e tende a identificare il concreto con un formaggino che si compra, con lo shampoo per i capelli, con la pancia che fa male, col gelato che ti piace, e tutto questo è così ironicamente concreto da finire nel marcio del cestino. L’evoluzione dell'uomo è misurata dal pantalone con la vita bassa, dallo stivaletto appropriato, dall'orologio reclamizzato e perfino dall'assorbente giusto. Tutto rigorosamente alla moda. Tutto parecchio assurdo.
Assecondiamo la realizzazione imposta del bisogno artificioso.


sabato, novembre 05, 2022

Il tempo che passa

 


Tutti abbiamo vissuto per un certo periodo della nostra vita in un quartiere.
Nelle sue strade percorse migliaia di volte, nei suoi negozi popolati da personaggi dai tratti singolari che diventano maschere e stereotipi umani, con i quali si scambiano battute e veloci resoconti di vita.
Ci giochiamo nel quartiere e ci facciamo amici e nemici
Attraversiamo, veloci, marciapiedi, salite e discese.
Ci sono i vecchi, nel quartiere: di loro si sente parlare e li si vedono pure. Si fanno visita, si consolano a vicenda, si godono insieme le dolci comodità del pensionamento e delle malattie invalidanti di cui nessuno parla.
Poi ci sono i grandi, gli adulti, i coetanei dei propri genitori, nel quartiere.
Sono sodi nella carne e nello spirito, disciplinano entrate e uscite, dettano la legge e la vìolano quando vogliono, sono forti come gli dèi.
Affliggono e consolano, comminano pene e perdonano.
Lo lasciamo il quartiere, spesso.
Per un'altra casa, più bella, più grande, più propria.
A volte si torna per curiosare
I negozianti sono rimasti, almeno molti di essi. Ti chiamano con gli occhi appena attraversi la strada e tradirli, magari per il centro commerciale appena fuori città, diventa un peccato mortale.
Essere salutato e salutare ogni tre metri, ad ogni uscita, è rassicurante nei giorni in cui il mondo appare un deserto pieno solo del mio malessere.
È inquietante quando l'identità personale diventa un peso da scrollarsi di dosso.
I vecchi sono morti.
Capita di pensare ad essi come a personaggi di una favola, non sono mai realmente esistiti.
I grandi ci sono, li incontri, li saluti, abbassi gli occhi di fronte alla loro distanza dal tuo ricordo, sono più smunti, hanno le guance incavate, i loro occhi splendenti hanno perso un po' di luce. Ma conservano nei modi quella forza trascinante che ti faceva sentire minore, a quel tempo. Quasi ti giustifichi per quel che sei diventato.
Si chiude una finestra, si vede un cartello di "Vendesi", si percorre un marciapiede senza incontrare nessuno, si va dal fruttivendolo e il dottore, il professore, la signora Tina non ci sono mai.
Il quartiere si ristruttura. Impalcature grandi coprono balconi e finestre. Tinte pastello colorano i ricordi.
Al conto mi sono mancate due coppie di coniugi, morti l'uno a distanza dell'altro in un mese.
Una coppia la conoscevo, nel quartiere dell'infanzia.
Lui, panciuto medico di base, aveva il volto e il corpo immersi nella bontà e nell'arrendevolezza.
Lei, bella donna ai suoi tempi, sempre tirata a lucido e imbellettata, aveva i modi decisi della donna che rendeva il marito uno straccio utile solo a soddisfare i suoi capricci.
Hanno faticato in vecchiaia, per morire. Me l'hanno detto, soffermandosi su particolari crudi e strazianti.
Lui non ha potuto resistere, per quanto rimbambito, alla sua assenza e l'ha seguita presto.
Non ne potevo dubitare: quando erano forti entrambi, lei era sempre più tosta di lui.



giovedì, novembre 03, 2022

Manca un impegno politico

 


Che ci sia questa realtà in Italia, ma forse un po' dappertutto, è vero, però ci sono anche molti giovani che hanno la testa sulle spalle e che fin da ragazzi hanno progettato il loro futuro con studi e impegno, che non si sono lasciati "corrompere" dal tutto e subito, dalle mode, dalle droghe e dall'alcol, dalle superficialità che il mondo di oggi, qui in occidente, dilaga in ogni dove, giovani che con progettualità stanno crescendo e mettendo le basi per un futuro migliore per loro e per chi verrà dopo.
Insomma, tutto dipende dalle famiglie che hanno avuto, per cui se molti giovani sono come li hai descritti la colpa non è certo loro, ma di famiglie che a loro volta non hanno saputo comprendere i tempi ed esserne all'altezza.
Conosco famiglie che con stipendi da dipendenti non si sono mai fatte mancare soldi per parrucchieri, cinema, teatri, viaggi, vacanze, estetiste, aperitivi, tecnologia sempre più all'avanguardia, insomma "il bel vivere secondo le mode di oggi" e magari il tutto facendo debiti su debiti, ma convinti che a tutto questo non si poteva rinunciare per essere famiglie in.
Probabilmente se avessero riflettuto e investito quei soldi, e sono davvero tanti se moltiplicati per gli anni, per dare ai figli esempi di vita e istruzioni ad hoc, oggi ci sarebbero molti più giovani appagati che apatici e inconcludenti.
Bisogna far capire ai giovani che per cambiare la società è meglio fare politica, scacciando i professionisti dell'imbroglio, che ubriacarsi nei rave.

martedì, novembre 01, 2022

Una domanda

 



Si conobbero. Lui conobbe lei e sé stesso, perché in verità non sapeva chi fosse. E lei conobbe lui e sé stessa, perché pur essendosi saputa sempre, mai s'era potuta riconoscere così (Calvino).
Anche le città credono d'essere opera della mente o del caso, ma né l'una né l'altro bastano a tener su le loro mura.
D'una città non godi le sette o settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda.
Nel romanzo "Furia" Salman Rushdie definisce New York una città di mezze verità ed echi che in qualche modo domina la terra. Si può odiare questo dominio oppure si può celebrarlo, o ancora rassegnarvisi, ma resta un fatto: New York è il plesso culturale della realtà americana, in tutto il suo eclettismo, la sua emotività, la decadenza, l'intelligenza e il potere. Le mezze verità non sono sufficienti perché l'uomo occidentale, malgrado il suo sapere corre il rischio di arrendersi davanti alla questione della verità. New York è la città ideale per chiedere:" Voi cosa state cercando?" e chiedersi: "Io cosa sto cercando?". La curiosità di una domanda allarga la ragione perché dilata l'orizzonte del conoscibile. Il cuore intuisce già che l'orizzonte è più ampio di quanto il mondo oggi affermi. La nostra capacità di indagare le cose con la ragione è ispirata dal presentimento del cuore che esiste qualcosa di più grande. E per questo che l'uomo non raggiunge la felicità qualsiasi cosa ottenga. Come ha scritto Montale nella poesia "Maestrale" rincorre la gioia spingendosi sempre "più in là".


sabato, ottobre 29, 2022

Premio all'evasore fiscale

 


Il dentista non fatturava ma faceva "lo sconticino".
Lo hanno preso i caraBBinieri e si è cuccato un anno di carcere. Studio chiuso e ora vive con le elemosine dei suoi ex clienti.
Medici, avvocati, imbianchini, idraulici. Una marea di gente che evade il fisco. Ruba e la pena è il carcere.
Solo il lavoratore dipendente in Italia paga le imposte, con percentuali che arrivano al 43%
Uno schifo. Nemmeno Draghi ha pensato a combattere l'evasione fiscale. Dopo aver stretto la mano a parecchia gente, accolto a bracca aperte il cavaliere di Arcore si è voltato a guardare gli amici Renzi e Braschi, e uno sguardo di scherno l'ha fatto all'uomo del Carroccio, un tipo separatista, razzista e fascista.
Amico intimo della signora Jean-Marie Le Pen e forse di Putin.
Gelmini e Carfagna detestano i fratelli e sorelle d'Italia e picchiano Il Berlusca che vuole la grande coalizione nazi-fascista.
Ora arriva il signor presidente del Consiglio e teorizza con la testa a destra. Chi ha grossi redditi significa che è bravo, quindi bisogna premiarlo con una riduzione forte dell'imposta. Via gli scaglioni e vai con la flax tax. 15% (la tassa piatta) uguale per tutti. Per i ricchi che sono grandi evasori e per i *miserelli* con redditi bassissimi.
Quando ci capita di essere ricoverati in un ospedale italiano è bene portarsi la carta igienica, perché non hanno i soldi per comprarla. L'evasione generale dei professionisti toglie al bilancio dello stato le risorse destinate alla collettività. Per non parlare delle aziende che grazie a bravi commercialisti presentano i bilanci in rosso. Nei Paesi normali l'evasione fiscale è rara e chi non paga il dovuto finisce in carcere. Al Capone fu catturato non per i delitti commessi ma per l'evasione fiscale.
Io valuto le persone dai comportamenti reali e non dalle chiacchiere che dicono. Pensate che un prete pedofilo abbia la fede, creda al cristianesimo?
Inoltre, osservando la religione cristiana, quasi tutto dovrebbe coincidere con i doveri dell'agnostico, dell'ateo, del laico.
Non rubare, non fare falsa testimonianza, non desiderare la cosa d'altri (poi finirai per rubarla) onora i genitori, non desiderare la donna/uomo dell'altro/a perché finirai per sfasciare una famiglia, non uccidere.
A volte ho avuto occasione di parlare con persone su problematiche varie.
Dove non arriva la conoscenza e l'intelligenza l'uomo s'appiglia alla furbizia che non rispetta la verità. Io mi affido solo alla mia conoscenza perché la discussione deve avere l'obiettivo della ricerca della verità.
Per questa la furbizia non è solo la scelta della scorciatoia e del compromesso, ma si appiglia anche alla menzogna.
Ora, come può un cristiano definirsi tale se poi paga in nero? Se poi è a favore della pena di morte? Se poi sul lavoro fa il furbino e non lavora responsabilmente e onestamente? Se fa la Comunione magari tutti i giorni e poi parla e sparla di questo e di quello? 


giovedì, ottobre 27, 2022

Il tempo si è fermato










La pace accompagnata dalla serenità arriva sempre da una fonte inesauribile. Un'acqua viva che sgorga limpida e purificatrice. Non conosco modalità diverse, non vedo alternative valide, facili surrogati, qualcosa che entra in te e rimane scacciando la solitudine. E poi la memoria è viva grazie agli sprazzi ripetuti di sofferenza. Solo così la morte si trasforma in una luce immensa. Amare significa aver piacere della presenza di un'altra persona. Una persona a cui raccontare le tue sensazioni, emozioni, commentare un passo del vangelo. Sono tutte cose che non puoi fare con altri, nemmeno i figli perché il rapporto non è paritario come quello marito-moglie. Tu sei il padre e non puoi esternare una tua tristezza e procurare un dolore. Io li accolgo sempre con il sorriso e le mie angosce non trovano uno sbocco relazionale. Il dolore è la mancanza di comunicazione, una parte del tuo essere vivo che è morta.
"Sia fatta la tua volontà" è il passo più importante per la vita di un cristiano. Significa che quello che mi accade è sempre per il mio bene perché io ho donato la mia vita al Signore. È questo che mi fa stare bene anche se solo attraverso il dolore posso rendere viva mia moglie. In questi momenti di sofferenza sento che mi sta accanto. È una realtà particolare, anche difficile da raccontare, perché solo chi la vive in prima persona può comprenderla. Spesso "da noi", (noi esseri umani), ci si aspetta sempre la cosa giusta. Devi fare questo, devi essere così, devi fare in quest'altro modo. La verità è che non dobbiamo niente a nessuno, se non a noi stessi e al rispetto di chi incarniamo veramente. A volte mi chiedo cosa sarebbe stato giusto dire in certe occasioni. Bisogna sempre dire la cosa giusta o farla, ma non è così! Nessuno è perfetto. Allora accettiamo di essere mortali con i nostri difetti perché in realtà nell'amore incondizionato succede qualcosa di straordinario. Chi ci ama non fa domande, chi ci ama condivide, capendo cosa stiamo pensando
La gente parla del dolore con una tale superficialità da fare impallidire, come se il dolore fosse come un segno con la matita che puoi cancellare con la gomma del tempo, ma non è così.




martedì, ottobre 25, 2022

Ricordi di fanciullesca

 




Quando ero piccolo non mi piacevano le favole solite; mi annoiavo e me ne andavo via, lasciando il narratore, chiunque fosse, con un palmo di naso.
Mi piacevano, invece, le favole paurose, quelle che mi spaventavano.
I racconti gotici, per intenderci. Una, in particolare, sicuramente inventata, se non ricordo male, raccontava in mille maniere diverse sempre lo stesso accadimento: una bambina povera, moriva, ma poiché era bellissima, diventava una stella.
Di solito me la indicavano pure nel cielo, se era possibile farlo.
Quando, dopo le mie petulanti insistenze nel sentirlo, il racconto, che pure conoscevo, si avvicinava all’epilogo, mi mettevo a piangere e mi scagliavo, con tutta la mia rabbiosa debolezza contro chi raccontava, dimentico delle mie insistenti richieste, imputandogli la colpa del mio pianto.
Ricordo che piangevo con le lacrime copiose.
Crescendo smisi di piangere. E, da allora, non ho pianto più. Mi manca il pianto, i singhiozzi, ma ormai è tardi per i rimpianti.
Che grande debolezza non piangere! Piange Achille, piange Ettore, piange Ulisse.
Forse farete fatica a crederci ma finché cadranno lacrime di commozione o compassione il mondo continuerà a girare. Sembra strano ma al pianto non si può comandare e la cosa peggiore è che i miei occhi lacrimano per il freddo o altro, ma non per un pianto, magari di commozione o di compassione.
Ma sono sicuro che da qualche parte c'è chi piange amaramente.
Ora che mi ricordo non ho mai pianto per rimorso.
Anche Gesù pianse nel vedere Lazzaro "sepolto" e vedendo Gerusalemme "tradita".
Anche Pietro pianse dopo aver rinnegato per tre volte Cristo.

giovedì, ottobre 20, 2022

Sono rapporti a rischio

 




La costruzione di un rapporto è una storia di crescita condivisa: nel matrimonio si condividono il progetto di vita, la prole, la socialità e molte altre cose. Credo che l'elemento cardine resti comunque la condivisione... anche o forse soprattutto delle responsabilità. Quando questo manca i rapporti sono squilibrati e possono finire, ma la separazione in sé non è il male assoluto: c'è di molto peggio in effetti. La crescita è comunque una storia di separazioni a partire dalla nascita, quando ci si separa dal corpo della madre. La conflittualità che di solito accompagna una separazione coniugale è la cosa più nociva, la stigmatizzazione sociale della donna separata e dei figli di coppie separate produce danni: queste cose sono qualcosa di molto peggio della separazione in sé.
Ho visto coppie stare insieme senza amarsi, perché le loro idee glielo imponevano. Le coppie innamorate si riconoscono subito, si guardano, si cercano, non riescono a stare l'uno senza l'altro. Perché senza, niente avrebbe più senso.
La superficialità e l'indifferenza sono alla base di amori malati e deboli, incapaci di superare le difficoltà che la vita impone. Bisogna essere consapevoli sin dall'inizio che non è tutto rose e fiori.
La nostra società è impaziente e allo stesso tempo pretenziosa.
Dopo la fase del corteggiamento, dei fuochi di inizio rapporto, poi c'è chi non riesce ad accettare quella che possiamo definire routine; ma la routine non è per forza negativa, anzi.
In genere subentra la nuova fase del rapporto amoroso, che porta alla nascita di un figlio (e quindi a convogliare il grosso dell'affetto e delle attenzioni verso di lui); ma non necessariamente, perché una coppia può anche vivere insieme per 70 anni anche senza figli.
Invece ci sono 50enni che sfasciano i matrimoni perché si mettono con una 20enne. Questo perché il 50enne si sente ancora un 30enne e vuole vivere la vita di un 30enne.
Oggi purtroppo vanno di moda questi rapporti dall'età sbilanciata che scompigliano molto le carte.