lunedì, aprile 29, 2019

L'apparenza inganna








Per me apparenza significa mostrarsi per quello che non si è. Una violenza inaudita verso se stessi da fracassare il proprio io. Una maschera che finisce per diventare l'abito vero.
Il "basta apparire" sostituisce valori e significati e sarà difficile, di certo anche doloroso per molti , tornare indietro, o meglio, andare avanti verso valori autentici e verità anche scomode.
Saremo in grado di aiutare i nostri giovani?
E' impossibile non avere una "apparenza", non recitare in un certo senso, un ruolo sociale, non avere una immagine di se stessi il problema è quando ci si identifica troppo in un ruolo.
Il problema nasce anche da come ci vedono gli altri e da come il loro sguardo su di noi a volte sia una prigione.
Forse, più che interessante, io direi che è più facile, più comodo fingere di essere ciò che non si è, piuttosto che essere ciò che si è.
I danni causati a lungo andare dalla finzione, in realtà sono incalcolabili: ma nessuno se ne avvede, o se ne preoccupa, perché tanto "ciò che non si vede, non esiste".
Inganniamo noi stessi, così facendo, ma quanto a lungo può sopravvivere un uomo, vivendo secondo imitazione e non secondo la propria reale natura?
Ecco che originano da questo grande inganno tutti i disagi psichici, le depressioni, le ansie, le nevrosi e tutte le malattie della terrificante cultura dell'io.
Ma io sono convinto che non si possa seguire a lungo una tale finzione, se non al costo (altissimo) della propria serenità mentale e psicofisica.
La maschera a lungo andare produce delle crepe e un siffatto debole "io" finisce per spezzarsi.
Non importa come ci vedono gli altri, in fondo, ciò che conta è come noi vediamo noi stessi: l'unica vera prigione che riconosco è quella creata da me stesso.
Secondo Bauman "La memoria ci dà l'identità, ci definisce, ci aiuta a crescere in consapevolezza, ci insegna a distinguere il bene dal male, ci dà le radici da cui si svilupperà il nostro albero".
La nostra è una società senza memoria, una società che tende a nascondere tutto ciò che ci scomoda per non rimetterlo in discussione.

venerdì, aprile 26, 2019

Un popolo in cammino







Partire, ma verso dove? Venuta la sera disse ai suoi discepoli: "Passiamo all'altra riva”. L’altra riva è ciò per cui quei discepoli erano fatti: essi appartenevano a qualcosa d'altro, non al miracolo dei pani moltiplicati, appartenevano a qualcosa di più profondo, da cui erano sorti anche i pani.
L'altra riva è ciò per cui siamo fatti, è la Presenza cui apparteniamo. Verso dove
andare dunque? Verso qualcosa cui apparteniamo. Non apparteniamo a quel che siamo, tant'è vero che da quel che siamo, scaturisce il terrore della morte e
l'umiliazione per il male. Il nostro sguardo cerca un Volto nella notte. Il nostro
sguardo cerca un Volto in quell'ombra che preme sulla faccia di tutto e di tutti,
cerca il destino e la consistenza delle cose, l'altra riva.

Dal Vangelo secondo Marco 4,35-41
In quel giorno, verso sera, Gesù disse ai suoi discepoli: “Passiamo all’altra riva”. E lasciata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui.
Nel frattempo si sollevò una gran tempesta di vento e gettava le onde nella barca, tanto che ormai era piena.
Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: “Maestro, non t’importa che moriamo?”. Destatosi, sgridò il vento e disse al mare: “Taci, calmati!”. Il vento cessò e vi fu grande bonaccia. Poi disse loro: “Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?”.
E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: “Chi è dunque costui, al quale anche il vento e il mare obbediscono?”.

 Eugenio Montale 


Maestrale 



S'è rifatta la calma
nell'aria: tra gli scogli parlotta la maretta.
Sulla costa quietata, nei broli, qualche palma
a pena svetta.
Una carezza disfiora
la linea del mare e la scompiglia
un attimo, soffio lieve che vi s'infrange e ancora
il cammino ripiglia.
Lameggia nella chiarìa
la vasta distesa, s'increspa, indi si spiana beata
e specchia nel suo cuore vasto codesta povera mia
vita turbata.
O mio tronco che additi,
in questa ebrietudine tarda,
ogni rinato aspetto co' tuoi raccolti diti
protesi in alto, guarda:

sotto l'azzurro fitto
del cielo qualche uccello di mare se ne va;
né sosta mai:ché tutte le cose pare sia scritto:
«più in là»


giovedì, aprile 25, 2019

Chi conosce i fatti






PESCARA. Era il 10 giugno del 1944 quando gli Alleati e le forze del Comitato di liberazione nazionale, assistite dalla divisione paracadutisti Nembo del battaglione San Marco e dalla quarta divisione indiana, entrano in una Pescara distrutta e saccheggiata per liberarla dall'occupazione tedesca. Nella ricorrenza del 66º anniversario, il presidente del Consiglio comunale, Licio Di Biase, insieme al giovane ricercatore pescarese, Stefano Fratini, hanno ricordato ieri questo importante momento nella storia della città. «Fino al '43, Pescara ha solo un impatto indiretto con la guerra, creandosi l'illusione, soprattutto dopo l'armistizio del 8 settembre, di essere uscita dal conflitto senza traumi, ma non fu così», ricorda Di Biase. Gli incessanti bombardamenti, iniziati il 31 agosto del 1943, riducono la città in rovine, causando migliaia di vittime. Pescara viene abbandonata poi dagli abitanti, che trovano rifugio nei colli e nelle campagne. «L'8 dicembre il capoluogo adriatico fu anche campo di un bombardamento di ripiego: gli aerei tedeschi al ritorno di una missione al Nord, con ancora a bordo le bombe», aggiunge Fratini, «non potendo riportare il carico alla base decidono di sganciare gli ordigni sopra Pescara». L'agonia finale avviene nella primavera del '44, quando gli invasori in ritirata fanno terra bruciata: spiagge minate, ponti e strutture portuali distrutte, palazzi alti sul lungomare rasi a suolo. «Sono 1.265 gli edifici completamente distrutti e 1.335 quelli gravemente danneggiati», precisa Di Biase. «I bombardamenti hanno annientato il 69% dei fabbricati esistenti». «Nel raid che colpì il ponte Littorio sono andate perse le quattro statue femminili in bronzo realizzate da Nicola D'Antino», racconta Fratini, «le quattro pietre miliari dell'economia cittadina: l'agricoltura, la pastorizia, l'industria e la pesca». Portato alla luce un documento inedito, un telegramma del 9 ottobre 1943. Il prefetto dell'epoca scrive al soprintendente dei monumenti artistici dell'Aquila, per avvisare che nel Palazzo del governo, semidistrutto, è stato ritrovato il famoso quadro di Michetti "La figlia di Iorio", miracolosamente intatto.












lunedì, aprile 22, 2019

Mio nonno, G.D'Annunzio







Prima del viaggio si scrutano gli orari,
le coincidenze, le soste, le pernottazioni
e le prenotazioni ( di camere con bagno
o doccia, a un letto o due o addirittura un flat);
si consultano
le guide Hachette e quelle dei musei,
si scambiano valute, si dividono
franchi da escudos, rubli da copechi;
prima del viaggio si informa
qualche amico o parente,si controllano
valigie e passaporti, si completa
il corredo, si acquista un supplemento
di lamette da barba, eventualmente
si dà un’occhiata al testamento, pura
scaramanzia perché i disastri aerei
in percentuale sono nulla;
prima
del viaggio si è tranquilli ma si sospetta che
il saggio non si muova e che il piacere
di ritornare costi uno sproposito.
E poi si parte e tutto è OK e tutto
è per il meglio e inutile.

E ora che ne sarà
del mio viaggio?
Troppo accuratamente l’ho studiato
senza saperne nulla. Un imprevisto
è la sola speranza. Ma mi dicono
che è una stoltezza dirselo.


Eugenio Montale

domenica, aprile 21, 2019

Buona Pasqua








a questa ragazza che sta con noi,
che ci ha dato tante emozioni
con i suoi post che raccontano
la sua vita, le difficoltà e il 
desiderio di vivere.


lunedì, aprile 15, 2019

Cosa dovrebbe fare la Chiesa









Matteo 16,13-23
13 Essendo giunto Gesù nella regione di Cesarèa di Filippo, chiese ai suoi discepoli: «La gente chi dice che sia il Figlio dell'uomo?». 14 Risposero: «Alcuni Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti». 15 Disse loro: «Voi chi dite che io sia?». 16 Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». 17 E Gesù: «Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. 18 E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. 19 A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli». 20 Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.

sabato, aprile 13, 2019

Sbadigliare fa bene alla salute






Una volta invidiavo il cane dei vicini nel giardino sottostante la mia finestra, perché lui non si annoiava, non aveva il problema si sapere che fare.
Cosa mi era successo?
Si era ammalato il mio rapporto con il tempo.
Prima il tempo era al mio servizio e io non sentivo il bisogno di riempirlo, poi ho cominciato ad avvertire la necessità o dovere di dare pienezza al tempo.
Sono rinato quando, seduto su una poltrona, ho cominciato a guardare i miei quadri.
Non erano fatti di niente, ossia di solo colore, ma avevo scoperto che dietro il colore, c'era qualcosa di nuovo a dargli senso, drammaticità, insomma poesia.
Poi, un po' alla volta, guardando con occhi nuovi mi sono accorto che dietro il colore c'è una rivelazione.

venerdì, aprile 12, 2019

Teologia morale






Questo è il lungo articolo che il Papa emerito, Benedetto XVI, ha scritto sotto forma di appunti sugli abusi sessuali nella Chiesa cattolica. È un’analisi approfondita e impietosa su come è nato e si è diffuso questo crimine anche nel mondo ecclesiastico. Un crimine figlio di un «collasso morale» così difficile da combattere. La riflessione di Joseph Ratzinger copre mezzo secolo di storia e verrà pubblicata dal mensile tedesco Klerusblatt. Il Corriere della Sera ha avuto il testo in esclusiva per l’Italia, che proponiamo ai lettori.
Per me è di grande importanza. Oltre a essere un articolo lungo non posso riprodurlo trattandosi di un'esclusiva del Corsera.

Leggetelo:


https://www.corriere.it/cronache/19_aprile_11/papa-ratzinger-chiesa-scandalo-abusi-sessuali-3847450a-5b9f-11e9-ba57-a3df5eacbd16.shtml




mercoledì, aprile 10, 2019

Chi crea la povertà per arricchirsi







I paesi più poveri sono paesi per lo più agricoli. Purtroppo anche quelli che hanno buone produzioni restano poveri per le difficoltà di commerciare e sfruttare davvero tali produzioni.
Mi spiego: lo zucchero europeo è prodotto in quantità eccessive e non solo non importiamo zucchero da altri, ma ne esportiamo abbondantemente nei paesi poveri , anche in quelli che sono produttori di zucchero. Il nostro costa meno del loro, perché i nostri governi offrono ai coltivatori degli aiuti di stato, che, naturalmente, i paesi poveri non possono permettersi.
Così gli stronchiamo le gambe.
Il capitalismo è competizione disumana. Non può sopravvivere se aiuta concretamente i paesi poveri. La politica dei produttori di zucchero è un esempio chiaro. Il capitalismo fa solo elemosina. Non può e non vuole aiutare la concorrenza. Nel frattempo distrugge valori e ambiente.
Il capitalismo teorizza il primato dell'economia sulla politica e va avanti con lo sfruttamento dell'uomo, il massiccio ricorso al lavoro minorile. Causa lo sviluppo degli integralismi religiosi e quindi intolleranza. Crea sacche di povertà anche nei paesi ricchi. In Europa i disoccupati superano i diciotto milioni. I governi sono corrotti, le città non sono vivibili e le periferie centri di raccolta degli emarginati. L'uomo è ridotto ad un animale di consumo.
In Sicilia  gettano via le arance perché in Italia arrivano dalla Spagna. Cosa c'è di logico in un mondo dove i bambini muoiono di sete ma spendiamo miliardi per cercare l'acqua su Marte?
Tanto stiamo per finire il nostro ciclo. Idioti che non siamo altro.
Altra dura verità è che spesso le grandi multinazionali vanno in quei paesi sfruttano e deturpano gente e posti per ottenere quello che desiderano a prezzi bassi. Se pensi all'olio di palma, olio che in Africa tutti usano e producono e se pensi che tante grandi aziende sono andate li distruggendo le loro piantagioni dopo averle acquistate per pochi soldi e in più, se si pensa a tutta la pubblicità fatta attorno a quest'olio solo per eliminarlo dal commercio si resta frastornati. La gente non vuole più olio di palma però non si rende conto che adesso quell'olio è sostituito con quello di semi ricco di sostanze nocive. I paesi poveri non fanno altro che affondare per un mercato che non è lecito.
Il problema è politico. Riprendersi il primato sull'economia. Produrre di meno, ma qualitativamente meglio, nel rispetto rigoroso dell'ambiente.


martedì, aprile 09, 2019

Anno 2019







Pescara. E’ ormai diventata virale sul web la super nuvola dall’aspetto apocalittico che incombe sul cielo di Pescara: si tratta di una nuvola ‘a mensola’ (shelf cloud) che si forma quando si scontrano due masse d’aria molto diverse fra loro, una più fredda e secca e una più calda e umida. “E’ un fenomeno sicuramente impressionante e abbastanza raro, soprattutto per le sue dimensioni, ma che non è dovuto ai cambiamenti climatici”, rassicura Marina Baldi, climatologa del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr).
“Le nuvole a mensola, o shelf cloud, si formano lungo la cosiddetta ‘linea di groppo’, o ‘squall line’, che delimita
l’arrivo di una super cella temporalesca di grandi dimensioni”, spiega l’esperta. “Il fronte freddo, al suo arrivo,
solleva violentemente le masse d’aria più calde preesistenti al suolo, le quali risalendo condensano dando vita
alla shelf cloud che può protendersi in un inarcamento, la cupola più chiara che si vede nelle immagini, mentre
sotto la parte più scura è quella più umida dove si sta formando il temporale”.
“Queste nuvole si estendono per qualche chilometro e hanno una durata abbastanza breve”, prosegue Dino Zardi, fisico dell’atmosfera dell’Università di Trento. “Non vengono fotografate spesso, ma non sono insolite nel nostro Paese. Quello che però non sappiamo ancora è se la loro frequenza aumenterà nel prossimo futuro con i cambiamenti climatici in atto: la statistica che abbiamo non è ancora abbastanza robusta”. Per avere risposte certe “serviranno nuovi dati per aumentare la casistica, ma anche più risorse per la ricerca”.


di Giulia Antenucci.

venerdì, aprile 05, 2019

Diversamente onesto





I capitalisti italiani sono poverissimi. I dati ufficiali del fisco dicono che i due terzi di loro (cioè il 67 per cento delle grandi imprese) guadagna meno di 10 mila euro all'anno, cioè circa 800 euro al mese. Ed è su questi miseri profitti che paga le tasse. I dati ufficiali del Fondo Monetario Internazionale (Fmi) però dicono una cosa diversa. Sostengono che negli ultimi 25 anni i profitti sono molto aumentati, in tutto l'occidente, e soprattutto in Italia, a danno dei salari. Dove sono finiti tutti questi profitti? E se le cose stanno così, perché Confindustria si arrabbia tanto quando si dice che il capitalismo italiano è impresentabile?
Secondo Piero Sansonetti sembrerebbe di sì.
Le cifre dicono che tra tutte le grandi imprese italiane (che sono 769.386)solo il 5 per cento denuncia al fisco un guadagno annuo superiore ai 100 mila euro. Il 67 per cento (i due terzi) denuncia un guadagno inferiore ai 10 mila euro, e di queste la maggioranza (cioè il 50 per cento del totale) denuncia guadagno zero o dice di essere in perdita. Tra queste povere aziende c'è la la Ferrari, Trenitalia, l la Whirlpool, l'Arena, la Candy, la Hewlett Packard, Cisalfa, la Conad. Siccome i dati si riferiscono a due anni fa, se ne deduce che se davvero fosse così il capitalismo italiano sarebbe già fallito da un pezzo.
L'Fmi però dubita che sia così. Dice che negli ultimi 25 anni, in tutto l'occidente, i profitti sono molto aumentati e i redditi da lavoro (dipendente o autonomo) molto diminuiti. Nei paesi del G8, dal 1980 a oggi i redditi da lavoro sono scesi dal 73 al 63 per cento della ricchezza nazionale, quindi hanno perso 10 punti. I profitti, di conseguenza, sono saliti dal 27 al 37 per cento della ricchezza nazionale, e quindi sono aumentati di più di un terzo (10 punti sono più di un terzo di 27). Cioè, mediamente, ogni padrone guadagna un terzo di più, ogni lavoratore il 10 per cento di meno. Dice l'Fmi che questo processo di trasferimento di ricchezza dai lavoratori ai padroni è ancora in corso e in espansione. Dice anche che è più accentuato in Europa continentale rispetto ai paesi anglosassoni. Dice che in Italia è particolarmente forte, e che si è mangiato tutti i miglioramenti salariali ottenuti dal '45 agli anni '80. Dice infine che dentro questa redistribuzione ci sono ulteriori fenomeni: per esempio il reddito da lavoro si è concentrato nelle tasche dei dipendenti ricchi (manager, amministratori delegati, etc) a danno dei lavoratori più poveri.



mercoledì, aprile 03, 2019

Il diverso contestato





La parola deriva dal greco οὐ ("non") e τόπος ("luogo") e significa "non-luogo". Nella parola, coniata da Tommaso Moro, è presente in origine un gioco di parole con l'omofono inglese eutopia, derivato dal greco εὖ ("buono" o "bene") e τόπος ("luogo"), che significa quindi "buon luogo". Questo, dovuto all'identica pronuncia, in inglese, di "utopia" e "eutopia"; dà quindi origine ad un doppio significato:
utopia (nessun luogo),
eutopia (buon luogo).
L'utopia sarebbe dunque un luogo buono/bello ma parimenti inesistente, o per lo meno irraggiungibile.
Ogni volta che qualcuno cerca di rimettere l'Uomo al centro del discorso (filosofico, politico, sociale, ecc.) viene sistematicamente tacciato di idealista, e naturalmente poi di utopista. Mi sembra che proprio Onfray abbia rilevato che "utopia" non è qualcosa di impossibile - e quindi un vagheggiamento insulso della mente, ossia, ma semplicemente la prossima cosa da fare, quella che ancora non è stata compiuta. La spersonalizzazione dell'essere umano è puramente strumentale alla mercificazione della persona in quanto solo e soltanto potenziale compratore di beni, dalla vacanza al barattolo di pomodori. In questo modo si esiste solo in quanto target di un mercato. E quello che è straordinario è che anche la comunicazione politica è un'immensa televendita, con i suoi target da promuovere o sostentare, qualora siano clienti acquisiti.
Insomma, questa vicenda più che inquadrarla nel pensiero corto - che le darebbe comunque uno status filosofico - è ascrivibile al non-pensiero mercantile.
A me pare una paradossale estensione del concetto dividi et impera, dove si tenta di dividere anche il modo di pensare per asservirlo a bisogni indotti e ad un controllo (manipolazione) più agevole.
In qualche modo è impossibile estraniarsi, perché siamo comunque figli del nostro tempo e volenti o nolenti immersi in questo modus vivendi.
L'unico modo per sottrarsi un po', tenersi ai margini con il solo scopo di conservare una sorta di autonomia di pensiero, è secondo me proprio perseguire l'utopia, nel senso che Moore ma anche i grandi movimenti anarchici hanno voluto darle.


lunedì, aprile 01, 2019

Tu me fais tourner la tête (Rosalinda )






Ciao a tutti, mi chiamo Rosalinda ho 43 anni…e nella vita svolgo in un certo senso l’occupazione più noiosa per la maggior parte della popolazione italiana: studio!!
Scrivo perché voglio condividere con voi un mio pensiero, una mia riflessione…
…in breve!...il mio problema?
“Falsifico sempre la mia identità, la mia personalità…dico sempre l’opposto delle mie caratteristiche fisiche ed anche caratteriali… forse perché non mi piaccio o forse perché vorrei essere tutto tranne che me stessa…non so…
Eppure certi giorni mi fermo a riflettere e ripeto fra me: perché continuo a mascherare ciò che sono…mostrando invece un “agglomerato” di caratteristiche che insieme potrebbero “dar vita” ad un giornale di gossip?”” Cosa mi può rendere così debole, insicura dinanzi uno schermo?
Di statura sono bassa, diciamo altezza 130 centimetri e scrivo sempre l’opposto; i miei capelli sono neri ed invece “per tutti” sono biondi, lunghi e ricci…; i miei occhi sono piccoli ed aiutati dalle lenti correttive… ma per magia divengono verdi, grandi capaci di uno sguardo che lascia folgorati gli uomini ”fortunati” che riescono ad incrociare i loro occhi con i miei. Il mio seno nella vita reale è piccolo, quasi impercettibile alla vista del sesso maschile…ma basta un attimo per farlo divenire perfetto…pronto per un servizio fotografico destinato alla realizzazione di un calendario…
Caratterialmente nella mia vita “anormale” sono petulante, estremamente fragile, ma anche cattiva, antipatica e noiosa.
“Ciò che mi dispiace è che “tutti i miei amici on line mi conoscono” come l’aggressiva super sexy mangia uomini virtuale…”
Adesso penso che abbiate capito il punto della mia discussione…ed è proprio per questo che voglio chiedervi:
-“Avete mai provato a falsificare anche voi come me la vostra identità?”
Se la vostra risposta equivale ad un sì vi prego di raccontarmi la vostra esperienza definendo anche la motivazione che vi ha portato a ciò.
-Infine vi propongo di essere sinceri almeno per una volta con voi stessi…:”descrivetevi per come siete realmente nella vita di tutti i giorni…”.
Spero che attraverso la lettura delle vostre parole riuscirò a trovare le risposte giuste che mi permetteranno di comprendere il perché ho necessariamente l’impulso di ricorrere ad un’altra me stessa per relazionarmi con il prossimo, e che magari non sono la sola in questo mondo a celarmi dietro un cavo telefonico.