domenica, febbraio 28, 2021

Cos'è un blog

 


Il blog è uno spazio aperto e comune dove, più che altrove, si ha la possibilità/capacità di scambio di quel che si è e si ha interesse a condividere. Con «più che altrove» intendo dire che nello spazio virtuale sono annullati i conformismi, le dinamiche di ruolo, di status che la realtà spesso impone. Ma questo non vuol dire annullare correttezza e rispetto. Tutto comunque è lecito nel confronto, a patto che non si scenda nel personale. Non si dovrebbe giudicare mai un essere umano perché ognuno contiene in sé ragioni non comprensibili interamente, figuriamoci se può essere rispettoso farlo qui. Il rapporto di fiducia tra chi si relaziona è essenziale.


Perché serve la fiducia?


"Un giorno Eliseo passava per Sunem, ove c'era una donna facoltosa, che l'invitò con insistenza a tavola. In seguito, tutte le volte che passava, si fermava a mangiare da lei. Essa disse al marito: "Io so che è un uomo di Dio, un santo, colui che passa sempre da noi. Prepariamogli una piccola camera al piano di sopra, in muratura, mettiamoci un letto, un tavolo, una sedia e una lampada, sì che, venendo da noi, vi si possa ritirare".

Recatosi egli un giorno là, si ritirò nella camera e si coricò. Eliseo chiese a Giezi suo servo: "Che cosa si può fare per questa donna?". Il servo disse: "Purtroppo essa non ha figli e suo marito è vecchio". Eliseo disse: "Chiamala!". La chiamò; essa si fermò sulla porta. Allora disse: "L'anno prossimo, in questa stessa stagione, tu terrai in braccio un figlio".


E' determinante la capacità di accettare la critica sincera, non offendendosi ma replicare e anche confutare le opinioni.

Il blog non è una caserma, né un carcere, né una piazza, né una clinica, né un centro antidroga e né tanto meno un laboratorio di restauro, dove ci si preoccupa di nascondere o annullare il segni di eventuali rotture o rovine. Il blog non è una comune dove, al di là che ci sia uno spazio per tutti, ognuno si comporta in modo autonomo, bensì un luogo dove si convive, tutti insieme nel bene e nel male, amandosi, poiché non puoi fare progressi se non rendi partecipe gli altri del tuo miglioramento. Il blog è un'avventura dove ci si allena al sacrificio, alla disponibilità, al confronto onesto.





venerdì, febbraio 26, 2021

Lolita a Teheran

 



                                     Prefazione dell'Editore

Nel 1995, abbandonato l'incarico all'università dove insegnava letteratura angloamericana, Azar Nafisi propone a sette delle sue migliori studentesse di trovarsi a casa sua, nel primo giorno del weekend, per discutere di letteratura. Un seminario privato: per due anni Nafisi vede le ragazze entrare nel suo salotto, "togliersi il velo e la veste e diventare di botto a colori". Il fatto è che insieme al velo "si levavano di dosso molto di più. Lentamente, ognuna di loro acquistava una forma, un profilo, diventava il suo proprio inimitabile sé". In quelle mattine le otto donne leggono Nabokov, Henry James, Jane Austen. Discutono con passione di Lolita e di Daisy. "Il seminario diventò il nostro rifugio, il nostro universo autonomo, una sorta di sberleffo alla realtà di volti impauriti e nascosti nei veli della città sotto di noi". Nel loro rifugio Nafisi e le sue ragazze guardano il mondo attraverso l'occhio magico della letteratura". Ma sono pur sempre a Teheran, e fuori da quel salotto restano grigiore e proibizioni: così, avverte Nafisi, "è di Lolita che voglio scrivere, ma ormai mi riesce impossibile farlo senza raccontare anche di Teheran".

                                                  Recensione


È questo Leggere Lolita a Teheran: il racconto di come una donna (l'autrice) attraversa la rivoluzione islamica iraniana con un bagaglio di romanzi e una gran fiducia nella letteratura, "arte della complicazione umana". Solo che non sono ammesse sottigliezze né "complicazione umana" nel mondo in cui vivono lei e le sue studentesse. È un mondo di romanzi sconsigliati, di ragazze punite se hanno le unghie dipinte, persone che hanno dovuto imparare a non esprimersi apertamente. Nafisi cita il Nabokov di Invito a una decapitazione: insopportabile "non è il vero dolore fisico o la tortura che si infligge in un regime totalitario, bensì l'incubo di una vita trascorsa in un'atmosfera di continuo terrore". Per prima cosa dunque Nafisi vuole trasmettere l'esasperazione di una vita regolata da "norme ottuse", dove un bambino si sveglia terrorizzato perché "ha fatto un sogno illegale": il senso di oppressione di un regime che "negava valore all'opera letteraria, a meno che sostenesse l'ideologia", un regime, del resto, dove il capo del comitato di censura cinematografica è un cieco... Il seminario diventa per loro "un corso di autodifesa" da tutto questo. Ancora Nabokov: "La curiosità è insubordinazione allo stato puro".
Perché Lolita? Nella storia della ragazza di dodici anni tenuta "di fatto prigioniera" dall'uomo che ne fa la sua amante, Nafisi e le sue studentesse vedono "una denuncia dell'essenza stessa di ogni totalitarismo". Ne discutono a lungo, fanno paralleli: a Lolita, dicono, "è stata sottratta non solo la vita ma anche la possibilità di raccontarla". Anche loro sentono di aver perduto qualcosa: la generazione dell'insegnante ha perduto una libertà passata, le più giovani hanno "ricordi fatti di desideri irrealizzati". Tutte hanno imparato a "mettere una strana distanza tra noi e l'esperienza quotidiana della brutalità e dell'umiliazione". Ecco l'accusa: "Il peggior crimine di un regime totalitario è costringere i cittadini, incluse le vittime, a diventare suoi complici".
Traspare un'urgenza, da queste pagine. Non solo trasmettere quel senso di soffocamento, o forse di spiegare perché l'autrice, come molte delle sue giovani amiche, cercheranno di sottrarvisi andando via. Più ancora, è la necessità di riflettere su "come siamo arrivati a questo?". Qui l'autrice torna indietro nel tempo, e offre un raro racconto "dall'interno", soggettivo e intriso di partecipazione umana, di eventi che abbiamo visto da lontano, per lo più nei loro risvolti politici. Siamo nel 1979, quando Nafisi, terminati gli studi negli Stati uniti, torna a Teheran: la rivoluzione - per cui anche lei si era battuta, come tanti studenti iraniani all'estero che avevano lottato contro lo Shah - era vittoriosa. Nafisi comincia a insegnare letteratura angloamericana all'Università statale di Teheran. L'università era allora il principale teatro di scontri ideologici tra le correnti rivoluzionarie di sinistra e quelle islamiche; Nafisi parla di Fitzgerald e di Twain tra assemblee sull'imperialismo e di denuncia della società borghese, discute di Hucklberry Finn e di Gatsby mentre gli studenti islamici occupano l'ambasciata americana. In queste pagine - forse le più appassionanti - vediamo lo scontro riassunto nello strepitoso "processo" a Gatsby istituito dalla professoressa Nafisi, con tanto di giudice, giuria, accusa e difesa. Gatsby esprime il materialismo decadente del mondo occidentale, accusano studenti che citano Khomeini e vorrebbero letture "rivoluzionarie" e moralizzatrici. Ma un romanzo è bello se riesce a mostrare la complessità degli individui, ribatte la difesa. Intanto, "sulla scena politica si assisteva a una specie di replica del nostro processo": i romanzi "decadenti" scompaiono poco a poco dalle librerie - finché scompaiono anche le librerie.
Dopo mesi di scontri, arresti, morti, le correnti islamiche prendono il controllo delle università, le correnti di sinistra sono sconfitte, le voci laiche zittite. La "normalizzazione" arriva sotto forma di "comitato per la rivoluzione culturale". Le donne sono obbligate ad abbigliarsi in modo islamico, quelle come Nafisi lasceranno l'insegnamento (ma l'ipocrisia che colpisce chi visita l'Iran oggi era già presente allora, nelle parole del giovane islamico che chiede alla prof di adeguarsi: "In fondo è solo un pezzo di stoffa").
Con la guerra poi, trionfa la retorica della morte e del martirio. Ormai ogni critica è disfattista ("Per tutta la durata del conflitto il regime islamico non perse mai di vista la sua guerra santa, quella contro i nemici interni"). Il chador diventa una cosa "fredda e minacciosa": non sarà mai più quello che portavano le nonne, "è macchiato per sempre dalla connotazione politica che ha assunto". Imperversano gli slogan. L'unico rifugio è la lettura, nelle notti insonni per gli allarmi aerei ("tra le pagine resta la sirena dell'allarme").
Non c'è una semplice risposta al "come siamo arrivati a questo". La riflessione è accennata: quando l'autrice parla dell'università "che, come l'Iran, avevamo tutti contribuito a distruggere". Dove ricorda con sgomento la violenza verbale di quelle assemblee infuocate, da parte di studenti che spesso finiranno loro stessi vittima delle purghe. O dove, avverte: "Siamo tutti perfettamente in grado di trasformarci nel censore cieco, di imporre agli altri la nostra visione".
Era necessario ripercorrere tutto questo per tornare al seminario privato della professoressa e le sue studentesse: ora conosciamo i loro percorsi, quella sopravvissuta ad anni di carcere, quella che va al seminario di nascosto, quella che vuole emigrare... Ormai in Iran sono emersi "degli islamici di tipo nuovo", meno attenti agli slogan e più alla carriera, "liberali", pragmatici. Di fronte al dilemma "stiamo al gioco e lo chiamiamo dialogo costruttivo oppure ci ritiriamo dalla vita pubblica in nome della lotta al regime", alla fine della guerra lei era tornata a insegnare, prima di ritirarsi di nuovo, scettica verso le promesse dei "liberali" ("che ora chiamano riformisti"). Nel seminario ora discutono di James e di Jane Austen e delle incertezze personali di ciascuna, di fidanzamenti, di libertà individuale e di "diritto alla felicità". Le sue ragazze, osserva, condividono il "disagio che nasceva dalla confisca da parte del regime dei loro momenti più intimi e dei loro desideri". Vista da Teheran, l'affermazione "il privato è politico" non regge: "Non è vero naturalmente. Anzi, al centro della lotta per i diritti politici c'è proprio il desiderio (...) di impedire al politico di intromettersi nella vita privata", scrive Nafisi.
Il desiderio di evadere è condiviso. Alla fine evade Nafisi: parte per gli Stati Uniti. Porta l'avvertimento delle ragazze e di un vecchio amico-consigliere: "Non potrai scrivere di Austen senza scrivere anche di noi", le dicono: "La Austen è irrimediabilmente legata a questo posto". Proprio come Lolita, o Gatsby, in un paese dove il censore è cieco"

                                             Le sette studentesse

*Manna. "Riusciva a trovare briciole di poesia anche in cose che la maggior parte della gente considera insignificanti". 
*Mashid. " Avevamo deciso di chiamarla "Milady". ... a guadagnare significato nell'accostamento, era stato il soprannome, non il nome".
*Yassi. "E 'quella vestita di giallo... riusciva a prendere garbatamente in giro non solo gli altri, ma anche se stessa."
*Azin. " La piu' alta, con i capelli biondi e una maglietta rosa... sfacciata senza peli sulla lingua...la chiamavamo "la selvaggia".
*Mitra. "Simile al colore pastello dei suoi quadri... due deliziose fossette ne rendevano meno scontata la bellezza e Mitra se ne serviva per abbindolare vittime inconsapevoli."
*Sanaz. "Oppressa dalla famiglia e dalla società, era sempre in bilico tra desiderio di indipendenza e bisogno di approvazione."
*Nassrin. "... Non ce la fece a restare fino alla fine."


giovedì, febbraio 25, 2021

Colloquio intimo

 



Il blog è selettivo?
Meglio l'interrogativo.
Il blog può essere selettivo o no.
C'è chi seleziona il pubblico dei propri lettori (ciò avviene in base agli argomenti) e anche dei commentatori.
La semplicità del nostro atteggiamento può perdersi nel momento in cui puntiamo a impostare il nostro blog in maniera selettiva.
Ma non è una critica, assolutamente, è solo una constatazione.



martedì, febbraio 23, 2021

Scintille in un campo di stoppie

 


Non bisogna arrendersi perché le cose peggiorano e il fondo non esiste. C'è sempre la possibilità di scavare ancora più in basso.
Sere fa ho visto un film in parte dedicato all'espianto e trapianto del cuore. Nel momento che le mani abili del chirurgo , tolto il cuore malato, impiantava quello sano, che cominciava a pulsare, ho pensato che veramente siamo nati a immagine e somiglianza di Dio. Il cuore era arrivato da un altro ospedale, dentro un contenitore con del ghiaccio.

sabato, febbraio 20, 2021

Lui è come il cerino

 


Forse alla fine tutti i proverbi sono stupidi, o scioccherelli.
Purtroppo ogni singola persona fa del bene e del male. Nel fare del male può anche tradire la fiducia di una persona.
Per evitare ciò, l'unica strada sarebbe veramente quella di chiudersi in se stessi.
Oppure si prova a dare amore, a donare bellezza.
A volte donare amore e bellezza a chi ci offre uno sguardo colmo di odio e rancore è difficile, ma è importante.
La speranza del "miracolo" anzitutto, cioè di riuscire a cancellare quell'odio e quel rancore.
Nella peggiore delle ipotesi liberiamo comunque il nostro cuore da sensazioni negative. In sostanza lasciamo che sia l'altro a cuocersi nel suo brodo di odio e rancore.
L'amore e la bellezza ci rendono liberi.
Il professor Jones, padre del mitico Indiana, nel film "Indiana Jones e l'ultima Crociata" sprona il figlio dicendo che la Fede ce l'hai o non ce l'hai e se ce l'hai è il più grande atto di coraggio che un uomo possa compiere.

Non fidarsi forse ti salva dal male, dalle fregature, dalla brutta gente ma ti lascia riarso e solo.
Non ne vale la pena.
Il fidarsi è un dono di natura e non si pone regole. Fidarsi è bello perché ti fa conoscere la persona schietta, decisa, vera.
Il giudizio è una violenza perché anche chi ha sbagliato ha fatto una scelta, non quella buona, ma deve essere rispettata. 


sabato, febbraio 13, 2021

Omaggio alla bellezza

 


Roma, 12 febbraio 2021 “Io sono fra quelli che una volta espresso il rispetto assoluto per la figura di Mario Draghi rimangono molto prudenti - e perfino un po' diffidenti. Ho visto circolare nomi che noi umani non ci saremmo mai aspettato di sentire, nomi di figure tecniche. È circolato anche il nome di una figura tecnica che io ho avuto la ventura di incontrare in qualche riunione nazionale. Qualche figura tecnica che ai tavoli di riunione io non capivo mai se fosse una figura sveglia o imbalsamata. Stava. Mi auguro sinceramente di non ritrovare in ministeri decisivi figure tecniche di questo tipo”. Così il Presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca in un video in diretta su Facebook. / Facebook Vincenzo De Luca.

Così la leader di FdI in una dichiarazione - Agenzia Vista / Alexander Jakhnagiev /CorriereTv

«Le grandi aspettative degli italiani sull'ipotesi di un governo dei migliori in risposta all'appello del capo dello Stato, per fare fronte alla drammatica situazione dell'Italia, si infrangono nella fotografia di un Esecutivo di compromesso che rispolvera buona parte dei ministri di Giuseppe Conte. Mi chiedo se i cittadini, gli imprenditori, i lavoratori e tutte le persone in difficoltà si sentano rassicurate dall'immagine che vedono. Sono convinta più che mai che all'Italia serva un'opposizione libera e responsabile». Così la leader di FdI, Giorgia Meloni.


Così il Presidente della Regione Campania in un video in diretta su Facebook - Agenzia Vista / Alexander Jakhnagiev /CorriereTv

Roma, 12 febbraio 2021 “C’è per tutti quanti noi un elemento di grande consolazione. Abbiamo appreso da Beppe Grillo che si realizzerà il Ministero della transizione ecologica, nulla di meno. Ministero della transizione ecologica. Dunque dovremmo aspettarci questa grande novità in Italia avremo il Ministero alle Galassie che credo sarà affidato a una persona di alto profilo - Giordano Bruno, credo, che sta aspettando a Campo dei fiori da qualche tempo di essere convocato.” Così il Presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca in un video in diretta su Facebook. / Facebook Vincenzo De Luca.


“Pensare Speranza alla salute, Lamorgese agli interni o cambiano marcia, cambiano modulo cambiano approccio cambiano sprint oppure se vanno avanti come sono andati avanti nell' ultimo anno e mezzo avranno bisogno di aiuto e sostegno mettiamola così” Queste le dichiarazioni di Matteo Salvini in diretta telefonica su La7. Poi aggiunge: “Noi domani cominciamo a lavorare perché il Paese ha fame di salute lavoro e riapertura il ritorno alla vita. In questo momento Italia chiama, e da italiano devo dare una mano per risolvere i problemi, anche di fianco a persone con cui non vado d' accordo su tanti altri fronti. Se c'è questa necessità io non me la sento di tirarmi indietro ci metto la faccia”.

giovedì, febbraio 11, 2021

La storia di Lisey

 


La fine di una giornata si conclude sulla poltrona e la TV davanti, e un film da vedere.

Generalmente conosco le tematiche che mi verranno proposte.

Sono neutrale. Se io avessi divorziato quattro volte non guarderei con astio un film che parla di un amore immortale.

Generalmente vedo il film fino al the end, ma non è raro che mi addormenti dopo 20 minuti, oppure che spenga la TV per leggermi

il romanzo di Stephen King, *La storia di Lisey*.

martedì, febbraio 09, 2021

Meglio non pensare

 








Dopo il pensiero debole di Vattimo, dopo il secolo breve di Hobsbwam, ci tocca , essendo passati non indenni per la modernità liquida, il pensiero breve, quello dal respiro corto. L'eterno presente, dicono. L'atto del vivere involgarito dall'assenza di progetto, pensano. Tolto l'afflato del progetto di grandi dimensioni l'uomo è diventato l'animale dal pensiero corto. Le ragioni del pensiero corto sono sempre le stesse sulle bocche dei commentatori, pare che la perdita ci abbia costretto al risparmio. la perdita di cosa mi chiedo? a me pare che la storia e gli uomini abbiamo sempre attraversato tempi diversi dallo scorrere del tempo, tempi estensibili e restringibili a seconda della percezione collettiva .Circolare per i greci, tempo ultimativo per i millenaristi, a spirale per i vichiani. Il pensiero ha bisogno del protendersi nel tempo, necessita del suo svolgersi, del suo allungarsi, del suo riprodursi. Il tempo sempre uguale fa fermare gli orologi, sembrano dire. Tale fermata riduce il pensiero, lo taglia, lo accorcia, lo sospinge nello spazio ridotto del probabile e del certamente possibile. Il pensiero senza il tempo che scorre sembra annichilito.
C'è qualcosa che non mi convince in tutto questo. Quando il pensiero è stato lungo ? Quando ha immaginato di avere davanti a sé uno spazio ed un tempo sconfinato? Tanto che il tentativo dell'impossibile ha creato mostri che a loro volta hanno mangiato il tempo rimanente come Urano che ha divorato i suoi figli?
A me pare che il danno sia prodotto non dal tempo a venire che non viene più ma dalla frantumazione del pensiero stesso. Non esiste in giro alcun uomo, esistono :immigrati, donne, operai, precari, destri e sinistri, lavoratori dipendenti, autonomi, disoccupati, quelli del lavoro socialmente utile, ci sono i conviventi, i separati, i divorziati, i matrimoniati, i conviventi , gli omossessuali discriminati, gli islamici, gli occidentali, i globalizzati e non globalizzati.
Non è questione di tempo, ma di sopravvenienza di categorie. Certo che il pensiero non può che essere breve e corto, persino orbo a me pare. Nessun respiro che non sia asmatico sopporterebbe una tale sfilza di attimi categorizzati.



martedì, febbraio 02, 2021

L'amore è sempre in movimento

 





Il prete-teologo per me è stato un incontro determinante per spiegarmi il senso della vita e dell'amore. Ora fa scuola, a Roma, nei centri dove si istruiscono nuovi preti. Ci sentiamo telefonicamente.
Seduti sul divano, girava la testa ,appoggiandosi e: "Quando la sera passi per la cameretta di tuo figlio, non entrare, perché così carino, ti mette voglia di dargli un bacio sulla fronte. Fermati all'ingresso della stanza e chiediti chi è, cosa vuole e dove sta andando. Quando i tuoi figli saranno grandi, non aspettarti riconoscenza. Non pretendere nulla e sarai felice. Tua moglie è una luce e non permetterà che il buio possa farti smarrire".