primo personaggio
Pavese ha scritto che il sacrificio era bestiale ma si riferiva a sé stesso e per questo si è ammazzato.
In fondo Pavese si è sempre sentito in esilio, esule “dalla vita, dal sesso, dalla donna, dall’amore” (Fabrizio Bandini). Con il tempo la sessualità diventa il perno della vita, ma vissuta come mutilazione. In molti hanno trovato una spiegazione psicanalitica: L’infanzia di Pavese, dopo la scomparsa del padre, è sicuramente segnata dalla presenza dominante della madre, donna rigida e severa (A. Guiducci).
10 bustine di sonnifero e lascia una lettera dove si legge che perdona tutti e chiede perdono a tutti.
secondo personaggio
Eppure, (che mi si perdoni), la scelta di Pavese non ha avuto nulla di brillante. Un’esistenza di primissimo piano, una sensibilità non di questo mondo, una delicatezza eterea tipica delle dee. L’essersi imposto la scelta di morire ha tolto qualcosa al potere dell’imposizione e, secondo me, non ha conferito nulla di più alla sua vita. Secondo Fernanda Pivano, la madre edonistica e l’assenza del padre non sono neppure alibi ché, così non fosse, la vita sarebbe piena di morti suicidi.
primo personaggio
Esprimere un giudizio su una persona che sceglie di suicidarsi mi sembra sbagliato perché noi non possiamo conoscere l’intensità della sua sofferenza. Dall’esterno si costruiscono solo ipotesi.
secondo personaggio
Non ho detto questo. Rifaccio: la sacralità della vita supera ogni intenzione terrena. Ho parlato di concetti, non di persone. Però fai tu.
Se dovessi parlare di persone, comportamenti, illazioni gratuite e giudizi sperticati, dovrei limitarmi a costatare due cose: la prima è che il giudizio lapidario e fuori tema è cosa tua, la seconda è che prendi ramazzate in ogni blog su cui lasci commenti spesso sperticati e assolutamente (a quanto pare) non graditi.
Ma, così facendo, diventerei come te. E la cosa non mi piace (ora è chiaro o devo scendere ancora di livello, per farti capire?)
Invece, poiché sono fatto d’altra pasta: mi chiedo – in senso generale – quanto sia opportuno andare in giro per il mondo o per il web a pontificare come se tutti fossero stupidi. Ancora prima (perché questo fatto testimonia i “cosa” ma non i “perché), mi chiedo quale meccanismo possa indurre chicchessia a credere che simili atteggiamenti siano costruttivi per la propria vita e, di riflesso, per la vita di chi gli sta vicino.
Il biblico “porgi l’altra guancia” (parlo di concetti, se ancora non si fosse capito) è una cagata pazzesca. Le guance le ho finite da un po'.
Il primo personaggio sono io, mentre il secondo potrei essere io in versione di autocritica, oppure un altro utente.
RispondiEliminaNon posso darvi indicazioni o suggerimenti.
Commentate liberamente.
Ho sempre pensato che chi si suicida, deve avere un coraggio enorme o un odio per chi non lo ha saputo capire o amare. Pavese era un uomo particolare, Torino è una città adatta al suicidio e quel giorno chiese aiuto per non restare solo ma nessuno lo aveva capito e aiutato.
RispondiEliminaNon fate troppi pettegolezzi” scrisse sul famoso biglietto d'addio. Si uccise per la delusione d'amore ricevuta dall'attrice americana Constance Dowling, che lo abbandonò. Non si può vivere solo di sessualità, abbiamo bisogno di avere la certezza che qualcuno ci ama per come siamo e sia pronto ad accoglierci tra le sue braccia e consolarci.
Il sentirsi isolato è una sensazione tremenda. Hai tante persone attorno, anche la moglie e i figli, eppure senti una grande solitudine. Significa che il tuo egoismo è incapace di percepire l'amore degli altri.
EliminaQuesto sentirsi isolato, secondo Cesare Pavese, si cura in un solo modo, andando verso le persone e "donando" invece di "ricevere". Si tratta di un problema morale prima che sociale e bisogna imparare a lavorare, a esistere, non solo per sé ma anche per qualche altro, per gli altri, per le persone che credi di amare. Finché uno dice "sono solo", sono "estraneo e sconosciuto", "sento il gelo", starà sempre peggio. È solo chi vuole esserlo. Per vivere una vita piena e ricca bisogna andare verso gli altri, ascoltare le loro esigenze, i loro desideri e aiutarli a ottenere quello che cercano.
“Non ci si uccide per amore di una donna. Ci si uccide perché un amore, qualunque amore, ci rivela nella nostra nudità, miseria, nulla”, aveva scritto nel suo diario. Il mestiere di vivere. Ai posteri, anche grazie al lavoro di Lorenzo Mondo e Italo Calvino, sono rimaste pagine e pagine di lettere scambiate tra Pivano e Pavese, anche se lei, dopo la morte dello scrittore, negò a Einaudi il permesso di pubblicare quelle più intime, mantenendo intatti il pudore e la riservatezza che il loro affetto meritava.
EliminaOsservazioni libere, come un flusso di coscienza, pensieri nati dal tuo post ovviamente.
RispondiEliminaDUE GUANCE, UNA VITA"
2 guance
1^ vita
Infinite combinazioni
Si incastrano nella nostra esistenza
Fasi diverse
Voglia di morire
Rabbia rassegnata
Soffocata
E pensa
Ora lo faccio
Cazzo lo faccio!
Il caso
Lo fa desistere
Altri direbbero un angelo o Dio
A questo non so rispondere.
Poi esce da quegli anni infernali
Ma non ha mai considerato
Quel periodo
Come un momento capriccioso
E non pensa affatto
Anche adesso a posteriori
Anni ed anni dopo
Anche ora che la sua vita
È più stabile
Che se l'avesse fatto
Avrebbe sbagliato.
Ogni scelta in quei momenti
È giusta se la scegli.
D'altronde
Anche se il peso specifico è differente
Cinismo e matematica concordano:
Due sono le guance
La vita è una
E le due guance
Le esaurisci presto
E non te ne danno altre.
Due sono le guance
La vita è una
Infinite combinazioni
Si incastrano nella nostra esistenza
Una di queste è il suicidio.
DANIELE VERZETTI ROCKPOETA®
Hai scritto una lirica stupenda.
RispondiEliminaSecondo Pavese il sacrificio è una cosa bestiale
RispondiEliminaLa parola sacrificio è incominciata, storicamente, a diventare una grande parola, da quando Dio è diventato un uomo. E' nato da una giovane donna, era stato piccolo, camminava con passetti piccoli, poi ha cominciato a parlare, e poi incominciava ad aiutare suo papà che faceva il carpentiere, poi è diventato più grande e ha incominciato ad andare via di casa senza che sua madre capisse perché.
Da quando Dio si è fatto uomo, e poi, dopo, ha incominciato a parlare al popolo, e il popolo sembrava che gli andasse dietro quando compiva dei gesti strani ( o miracoli), ma il giorno dopo aveva dimenticato.
Lui era là da solo, e perciò si ingrossava il numero di quelli che erano contro di Lui, finché, insomma, lo hanno preso e ammazzato, inchiodato a una croce, e ha gridato: " Padre, perché mi hai abbandonato?". È il grido di disperazione più umano che si sia mai sentito nell'aria della terra, e poi ha detto: "Perdona loro perché non sanno quello che fanno", e poi ha gridato: " Nelle tua mani raccomando la mia vita". Da quel momento lì, da quando quell'uomo è stato messo stirato sulla croce e inchiodato, il sacrificio è diventato il centro della vita di ogni uomo, e il destino di ogni uomo dipende da quella morte.
(Luigi Giussani)
Torno a chiedere:
RispondiEliminaIl primo personaggio sono io, mentre il secondo potrei essere io in versione di autocritica, oppure un altro utente.
Non posso darvi indicazioni o suggerimenti.
Commentate liberamente.
Va, parli del primo o del secondo personaggio del post.
RispondiEliminaSono due persone, oppure una sola che fa autocritica?
Diciamo che condivido più le opinioni del primo personaggio. Solo chi si suicida sa quello che ha dentro e deve essere un fardello davvero insopportabile se per liberarsi decide di sacrificare la vita. Preferisco non giudicare.
RispondiEliminaAnche io ammiro il personaggio numero uno.
EliminaFilosoficamente c'è una grande confusione.
EliminaPlatone condanna il suicidio come atto di illecita defezione dagli obblighi della vita terrena, gli stoici (tra cui Seneca) lo esaltano come estrema testimonianza della raggiunta indifferenza per le cose del mondo e quindi di saggezza.
Presso i Romani il suicidio era visto come un esempio di onore e gloria.
La risposta al dolore del mondo non può, secondo Schopenhauer, consistere nel suicidio: anziché essere una liberazione dalla volontà di vivere ne costituirebbe, infatti, la sua più forte affermazione. Il suicida non nega la vita ma è soltanto “malcontento delle condizioni che gli sono toccate”.
In fondo l'indagare complica ciò che è semplice. Escludendo chi è affetto da follia, il suicidio è una reazione a un dolore ritenuto insopportabile.
Ci sono anche i suicidi di protesta.
Il 18 novembre 1978, esattamente trent’anni fa, 912 persone, seguaci della congregazione religiosa del «Tempio del Popolo», si suicidarono in massa nella loro comune di Jonestown, nella giungla della Guyana, bevendo un cocktail al cianuro, secondo gli ordini del loro capo, il reverendo Jim Jones.
EliminaSuicidio: predisposizione nascosta in tre mutazioni genetiche?
La predisposizione al suicidio avrebbe base genetica, e dipenderebbe da alcune mutazioni di tre specifici geni: a sostenerlo è uno studio condotto dai ricercatori del Mount Sinai Hospital in collaborazione con la Columbia University di New York (Stati Uniti) e pubblicato sull`American Journal of Medical Genetics da cui emerge che, al di là delle influenze sociali e culturali, sarebbero le varianti di tre geni - già conosciuti, ma fino a oggi poco studiati - a predisporre a comportamenti suicidi.
"Ci sono prove sempre crescenti che puntano al ruolo importante svolto dai geni nella predisposizione al comportamento suicida", spiega Mercedes-Perez Rodriguez, coautrice dello studio e ricercatrice del Mount Sinai Hospital: le ricerche effettuate fino ad oggi, si legge nello studio, dimostrano che circa il 40% delle tendenze al suicidio potrebbe avere base genetica.
L'obiettivo dello studio era individuare un modello in grado di distinguere tra persone con e senza predisposizioni genetiche a tentativi di suicidio. Gli scienziati hanno allora esaminato una serie di 840 polimorfismi a singolo nucleotide (SNP) presenti in 312 geni espressi nel cervello, ricavandone un algoritmo predittivo per la stima del rischio di suicidio che nei soggetti studiati - persone già affette da disturbi psichiatrici - è risultato valido nel 69% dei casi: "Questo algoritmo ci risulta essere il più affidabile tra tutti gli altri modelli fino a oggi sviluppati", sottolinea Rodriguez. Il nuovo modello individua tre diversi sistemi neurobiologici che potrebbero svolgere un ruolo nella predisposizione organica a comportamenti legati al suicidio.
Gli autori hanno suggerito che i risultati di questo studio potrebbero essere utilizzati in futuro per creare test genetici utili per identificare, tra le persone con patologie psichiatriche, soggetti inclini a tentare il suicidio.
http://salute24.ilsole24ore.com/articles/7914-suicidio-predisposizione-nascosta-in-tre-mutazioni-genetiche.
Condivido un suicidio solo se non si ha piu nulla da dare...le vere emozioni si provano intensamente solo con una viva condivisione...immedesimandosi con sana partecipazione in prima e in seconda persona è sicuramente l'insieme in una persona".
RispondiEliminaSì.
Buona serata 😘🤗
RispondiEliminaCiao Sissi.
EliminaSecondo Friedrich Nietzsche, il dialogo è la conversazione perfetta, perché tutto ciò che l'uno dice, riceve il suo determinato colore, il suo suono, il suo gesto accompagnatorio con stretto riguardo all'altro col quale si parla, cioè in conformità a ciò che avviene nello scambio di lettere, dove una stessa persona mostra dieci modi di espressione spirituale, a seconda che scriva ora a questo, ora a quello. Nel dialogo c'è un'unica rifrazione del pensiero: questa la produce l'interlocutore come lo specchio in cui vogliamo veder riflessi nel modo più bello possibile i nostri pensieri.
EliminaI dialoghi tra me e me sono i più duri. Così sembra leggendo i vostri graditi commenti.
Eliminapersonaggio 2:
Elimina*Ma, così facendo, diventerei come te. E la cosa non mi piace (ora è chiaro o devo scendere ancora di livello, per farti capire) *
personaggio 1:
Giusto. Ormai per parlare con me hai preso la scala e salendo ancora hai battuto la testa sul muro.
Chi non più nulla da dare è già morto.
RispondiEliminaPotrebbe essere di peso agli altri... viviamo in un mondo di lupi caro gus.
RispondiEliminaIl lupo? È solo un cane che ha fame.
RispondiEliminaSe avessi dovuto comportarmi per come ho vissuto la mia infanzia mi sarei dovuta suicidare in continuazione. Ho seguito il libero arbitrio e ho lottato per vivere e dimostrare che anche senza l'amore materno ce l'avrei fatta. Ho sofferto ma l'amore incondizionato per gli altri, nessuno ha potuto ucciderlo.
RispondiEliminaPer me il suicidio è anche un problema mentale. Come Virginia Wolf.
EliminaPavese si è ucciso perchè prediligeva il monologo anzichè il dialogo. Parlava più con se stesso, attraverso i libri e le poesie, piuttosto che con gli altri. E' un pò quello che facciamo tutti noi quando scriviamo sui nostri blog. E se fossimo anche noi a rischio suicidio? :)
RispondiEliminaMai dire mai. In questa vita tutto è possibile!
EliminaSi è ucciso perché donava, ma non riceveva.
EliminaPavese amava la sua allieva Fernanda Pivano che amava un altro uomo.
EliminaNon è facile passare nella mente di chi suicida, basta poco e poi chi sono io, per conoscere la vita di una determinata persona, che ha portato a prendere una decisione del genere.
RispondiEliminaCerto. Noi facciamo solo supposizioni.
Elimina🩶💛🧡🩷❤💚🩵💙🤎🖤
RispondiEliminail mio mouse è sfasciato.
RispondiEliminaChi si suicida opera qualcosa inconoscibile per chi non lo fa, o non lo ha ancora fatto. Coraggio, pazzia, incoscienza, noia? Chissà. Noi se ne parla. Punto.
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