domenica, settembre 23, 2018

Oltre il mondo sensibile








Due cose riempiono l’anima di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, quanto piú spesso e più a lungo la riflessione si occupa di esse: il cielo stellato sopra di me, e la legge morale in me. Queste due cose io non ho bisogno di cercarle e semplicemente supporle come se fossero avvolte nell’oscurità, o fossero nel trascendente fuori del mio orizzonte; io le vedo davanti a me e le connetto immediatamente con la coscienza della mia esistenza. La prima comincia dal posto che io occupo nel mondo sensibile esterno, ed estende la connessione in cui mi trovo a una grandezza interminabile, con mondi e mondi, e sistemi di sistemi; e poi ancora ai tempi illimitati del loro movimento periodico, del loro principio e della loro durata. La seconda comincia dal mio io indivisibile, dalla mia personalità, e mi rappresenta in un mondo che ha la vera infinitezza, ma che solo l’intelletto può penetrare, e con cui (ma perciò anche in pari tempo con tutti quei mondi visibili) io mi riconosco in una connessione non, come là, semplicemente accidentale, ma universale e necessaria. Il primo spettacolo di una quantità innumerevole di mondi annulla affatto la mia importanza di creatura animale che deve restituire al pianeta (un semplice punto nell’Universo) la materia della quale si formò, dopo essere stata provvista per breve tempo (e non si sa come) della forza vitale. Il secondo, invece, eleva infinitamente il mio valore, come [valore] di una intelligenza, mediante la mia personalità in cui la legge morale mi manifesta una vita indipendente dall’animalità e anche dall’intero mondo sensibile, almeno per quanto si può riferire dalla determinazione conforme ai fini della mia esistenza mediante questa legge: la quale determinazione non è ristretta alle condizioni e ai limiti di questa vita, ma si estende all’infinito. 



http://www.filosofico.net/Antologia_file/AntologiaK/KANT_%20IL%20CIELO%20STELLATO.htm

 



11 commenti:

  1. Migliore ipotesi per questa immagine: Tito Maccio Plauto

    RispondiElimina
  2. Il vacillare è umano e anche il cadere. E 'importante sapersi rialzare e seguitare a camminare nella strada scelta.

    RispondiElimina
  3. Quella citazione di Kant è una delle mie preferite. Un po' di ripasso di (grande) filosofia farebbe bene al sottoscritto :)

    RispondiElimina
  4. Non mi addentro troppo nella filosofia, l'ho sempre trovata una materia un po' ostica.
    Alla fine chi sono i filosofi?
    Lo chiedo perché ho sempre pensato che in realtà tutti possiamo essere un po' filosofi, tu che ne pensi?
    Ciao e buona domenica!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Il filosofo non può risolvere i nostri problemi ma è in grado di dirci la strada per arrivare alla verità.
      Io posso diventare un trombettista jazz ma non arriverò a eguagliare Louis Armstrong. lo stesso ragionamento si può fare tra me e Kant nella filosofia.
      Ciao Elettra.

      Elimina
  5. Mi piaceva Kant, a scuola lo avevo studiato con grande interesse.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Dama, non sbagliavi.
      Kant colloca il soggetto umano al centro del processo conoscitivo. Questo è il salto della filosofia. L'uomo che da oggetto diventa soggetto.

      Elimina
  6. La Critica della ragion pratica risponde all'interrogativo sulle possibilità della conoscenza e ne stabilisce l'ambito. Ma l'uomo non solo conosce, ma anche agisce, ed è sul suo comportamento che si rende necessaria un'altra sfera di indagine filosofica che stabilisca delle norme di comportamento: questa è la critica della ragion pratica (CRP). Ne deriva che il sapere filosofico kantiano si articola attorno a due punti fondamentali: il fatto della scienza e quello della morale. Le dottrine etiche tradizionali stabilivano il fondamento delle norme etiche sulla conoscenza, sulla volontà di Dio, sul sentimento, ecc.; in Kant, invece, la norma morale è frutto della decisione immediata dell'uomo. La morale, infatti, nonostante derivi dalla conoscenza, nasce dalla condizione dell'uomo che produce le norme di comportamento al di fuori della causalità deterministica del mondo sensibile. Non si tratta quindi di ragione empirica, condizionata dai fenomeni, ma di ragione incondizionata, che nell’assoluta libertà stabilisce le norme di comportamento. L'uomo è concepito come soggetto morale che agisce con libera volontà. La ragione pratica riesce anche a dare consistenza a quelle idee trascendentali che la ragione teoretica riconosceva solo come apparenze problematiche.
    La ragione è qui detta "pratica" perché non riguarda più la mera conoscenza ma l'azione o, almeno, la conoscenza per l'azione, cioè i principi a priori della vita morale.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Come nella Ragion pura il filosofo si proponeva di mostrare non cosa l'uomo conosce, ma "come" conosce, ovvero evidenziare i "meccanismi" della conoscenza umana, allo stesso modo ora si pone di fronte al problema della morale: egli non vuole definire quali precetti etici debbano essere seguiti dall'uomo, bensì "come" quest'ultimo debba comportarsi per compiere un'azione autenticamente morale, e quindi in cosa consiste realmente la morale. La sua in definitiva è una morale formale: Kant, infatti, illustra la forma della morale, ma non il suo contenuto (le norme morali).

      Elimina
  7. Se fosse come dici tu vivremo in un mondo diverso. Chi ama indipendente non può sbagliare mai. E l'amore, anche se ci fosse un distacco, non avrà mai fine.

    RispondiElimina