Sei simpaticissimo e voglio raccontarti la mia storia.
Ho un nome, non posso dirtelo. Chiamami pure CrautoViola.
Le mie colleghe sono tutte donne.
Le mie colleghe sono quasi tutte madri. Di famiglia. Non in genere.
Ciò significa che sono condizionate sempre e comunque dagli umori del figlioletto di turno o dalla telefonata della maestra dell’asilo/elementari/medie che le richiama puntualmente all’ordine quando qualche misterioso virus colpisce i loro adorati pargoli.
Le mie colleghe sono quasi tutte divorziate e/o separate. Chi più chi meno in casa.
Quindi significa che devono fare tutto da sole. Tutto. Il padre (in senso generico) pensa ovviamente a spupazzarsi i figli comodamente nel fine settimana, piccola oasi di pace al riparo dallo spauracchio delle strutture scolastiche inadeguate, i malesseri occasionali e non, i compagnucci invadenti che si auto-invitano per pantagrueliche merende/pranzi/cene, i corsi della palestra, il catechismo, i compiti a casa, il corso di clarinetto e la ginnastica correttiva.
Le mie colleghe, messe tutte insieme, hanno un'età media di 45 anni (a gamba).
Vittime del post-femminismo e dello stile di vita che ti propone come modello da idolatrare una donna vincente, sempre giovane, in carriera e attiva 24 ora su 24, che tradotto vuol dire sgobbare di più, ignorare l’orologio biologico che urla disperato quando è il momento di procreare, barcamenarsi tra un lavoro che poi puntualmente verrà lasciato per un motivo o per un altro, una casa indomabile e un marito altrettanto bisognoso di cure che non esiterà a mollarti per un’altra a causa, dice lui, della tua assenza in famiglia, si ritrovano tutte, o quasi, sole, con figli a carico esageratamente piccoli in proporzione alla loro età.
Il che potrebbe anche andar bene, se prima hai avuto una vita appagante e soddisfacente.
Ma nel loro caso so per certo, visti i continui lamenti, che non è così.
Ergo, quando le nostre madri, ad esempio la mia, erano finalmente ad un passo dalla libertà con i figli quasi adulti e quasi sistemati, loro si ritrovano al principio.
Le mie colleghe, sempre in globale, hanno un peso medio di 70 chili a persona.
Questo è un altro grande problema perché aggiunge frustrazione alla disperazione in quanto sono sempre, perennemente a dieta. Chi sul serio e chi un po’ meno. La progressiva perdita di ossigeno nel cervello causata dalla mancanza di zuccheri e nutrimento sano restituisce alla realtà delle persone nervose, con i nervi a fior di pelle e con la vista annebbiata. Il che è un problema molto grave se consideriamo il fatto che una cattiva visione delle cose non porta a nulla di buono.
Le mie colleghe si ritrovano con la loro età, con il loro peso, con i loro figli e con le loro aspettative di successo ridotte al minino a lavorare dentro un call center.
I miei capi amano definirla Phone Collection. Fa più figo evidentemente. Ma questo nuova nomenclatura creata ad hoc apposta per gettare fumo sugli occhi, non cambia la realtà ne tanto meno conferisce maggiore prestigio alle loro mansioni.
Stanno comunque tutto il giorno al telefono.
Sempre a litigare con la gente. A combattere con la gente. A farsi insultare dalla gente. Le mie colleghe prendono uno stipendio medio di € 900 ogni mese. Questo sulla carta perché in realtà è ogni mese e mezzo. Allora se uno ha voglia di tirare due somme è facile capire che, se una è separata, ha due figli, piccoli o medio piccoli, che si ammalano ogni due per tre, che devono andare a scuola, fare il catechismo, fare le feste di compleanno, fare il corso di ginnastica correttiva, fare sport, fare il corso di clarinetto o quello che sia e perché no, anche terapia di gruppo infantile, alla fine del mese ci si arriva con l’acqua alla gola. Se poi il mese è allungato, come spesso capita, allora son dolori. Le mie colleghe sono incattivite. Questi luoghi di tortura moderna mascherati da ambienti lavorativi mirano a favorire la rivalità fra colleghi. I capi puntualmente ogni mese (e questa a differenza dello stipendio è sempre puntuale) amano affiggere una graduatoria, una classifica delle pratiche recuperate. Ovviamente chi ne ha recuperate di più e, secondo questa logica perversa, ha chiaramente vinto, non riceve gratifica alcuna. Niente. Nada de nada. Neanche la gioia di vedersi elogiare in pubblico. In compenso chi per un motivo o per un altro ha la sciagura di finire come fanalino di coda, viene additato come perdente, una schifo di persona perfettamente inutile sia dal punto di vista sociale che professionale. Una persona indegna. I capi dopo aver perpetuato sulla malcapitata una lavata di capo lunga quanto una quaresima usano togliere il saluto nonché la parola all’ultima della lista in modo che la sua autostima già precaria trovi il pretesto per annientarsi definitivamente.
Le mie colleghe si odiano fra loro. Si fanno del mobbing. Si sabotano a vicenda. Si intralciano. In maniere a volte talmente grette che non voglio riferire qui ora in questa sede, ma che presto farò, da tirare spesso fuori il loro lato peggiore, che, credetemi, è veramente peggiore. Le mie colleghe sono abbagliate da una prospettiva di carriera che in realtà non esiste. Nel nostro ufficio non c’è progresso. Non c’è avanzamento. Non ci sono promozioni. Non ci sono aumenti di stipendio. Non c’è nemmeno la possibilità di essere assunte dietro regolare contratto. Non c’è nemmeno la possibilità di un giorno di malattia pagato se, che so, hai la febbre a 40 gradi o un principio di infarto. Non c’è niente di niente. Ma loro non lo sanno. Oppure lo sanno ma fanno finta di non saperlo. E si studiano. Continuamente. E covano rancori. E si odiano. E si tormentano del successo di una e si gongolano sul fallimento di un’altra. Ma non riescono a vedere la cosa per quella che realmente è. Ossia un lavoro che è talmente annichilente, talmente abbrutente che se riesci a conservare un po’ di umanità alla fine della giornata e sorridere ai tuoi figli è grasso che cola.
Queste sono le mie colleghe. Questo è ciò che potrei diventare. Se continuo a rimanere li. Con loro. Nel favoloso mondo del Recupero dei Crediti. Nell’attesa di trovare una valida alternativa che non contempli un lavoro di banchista in una pizzeria al taglio, cameriera al pub o ai tavoli e commessa disperata, cerco di cavarmela al meglio. Come posso. Le ignoro.