lunedì, aprile 24, 2023

Un testimone di Piazzale Loreto

 


Piazzale Loreto fra corso Buenos Aires e viale Monza a Milano dovrebbe chiamarsi piazza Guerra civile, luogo della Milano popolare prescelto per mostrarne la ferocia e il dolore, prima usata per le fucilazioni in massa di partigiani, con i passanti obbligati dai fascisti a fermarsi davanti ai cadaveri. Poi il 29 aprile del ' 45 per la famosa esposizione dei cadaveri dei capi fascisti, Mussolini e la Petacci fucilati dal comunista Audisio a Giulino di Mezzegra, un villaggio vicino al lago Maggiore portati a Milano con gli altri fucilati a Dongo, Pavolini, Zerbino, Mezzasoma, Romano, Liverani, Porta, Coppola, Darquanno, Stefani, Nudi, Casalinuovo Calistri, Untimperghe e un fratello della Petacci. Le cronache delle giornate della Liberazione di Milano sono caotiche e rese più contraddittorie dalle speculazioni di parte e dalle leggende successive. Cerchiamo di fare un minuto di chiarezza. La fucilazione di Mussolini e dei gerarchi era una conclusione inevitabile dei venti mesi di una guerra senza prigionieri? No, ancora il 24 aprile si pensava a un arresto e a un processo di Mussolini. Riccardo Lombardi, designato prefetto di Milano dal comitato di liberazione lo conferma: «Avevo preparato una prigione a San Vittore e una guardia di partigiani fidati capaci di tenere i nervi a posto. Gli alleati angloamericani erano d'accordo che fossimo noi a occuparcene». Sono ore concitate in cui tutti i comandi decidono senza informarsi a vicenda. Al comando dell' esercito partigiano la decisione è un' altra. Ricorda Fermo Solari, l' uomo del Partito d' azione che condivide il comando con il comunista Luigi Longo: «Telefonarono da Musso che il Duce era prigioniero. Longo uscì per dare ordini e poi mi disse: ho trovato solo Audisio, ho mandato su lui perché ce lo porti a Milano. Quando si seppe che Mussolini e i gerarchi erano stati fucilati noi ci adattammo al fatto compiuto che del resto approvavamo in pieno». Lo approvavano in pieno anche perché da uomini politici sapevano che la fucilazione di Mussolini sarebbe stata una responsabilità destinata a pesare negli anni. Altro punto da chiarire: l' esposizione dei cadaveri a piazzale Loreto, appesi a testa in giù a un distributore di benzina, non fu la «bassa macelleria» che i fascisti superstiti ma anche parte della pubblica opinione considerò incivile. No, l' esposizione dei cadaveri non fu un atto di sadismo e di vendetta impietosa, fu una necessità. Si è saputo da chi comandava la guardia partigiana che la folla accorsa a vedere il fascismo morto continuava a crescere e a premere contro l' esile cordone partigiano talché fu necessario alzare i cadaveri perché li potessero vedere anche da lontano. Il caso e le protezioni di classe decidono la sorte degli altri gerarchi. Il maresciallo Graziani viene salvato dal generale Cadorna, comandante militare dell' esercito partigiano e consegnato agli alleati a cui chiede «l' onore di conservare l' arma individuale». Muoiono casualmente Arpinati e Starace. Il primo da anni in rotta con il Partito fascista ucciso da una squadra di partigiani che passano per la sua campagna sulla collina di Bologna. Achille Starace, il segretario del partito, quello che nelle cerimonie del regime ordinava il «saluto al Duce fondatore dell' impero» è arrestato a Porta Genova. Si è salvato fin lì in un appartamentino in affitto, se ci stesse chiuso scamperebbe ma gli vien voglia di prendere un caffè in un bar vicino, ci va in tuta sportiva e pantofole. Lo portano a piazzale Loreto dove è esposto il cadavere del Duce. Lui mormora «fate presto». L' uomo più odiato del regime, Roberto Farinacci, è bloccato e giustiziato a Vimercate mentre fugge la sera del 25 in auto con l' amica Claudia Medici del Vascello. Si è ucciso gettandosi da una finestra con la moglie l' ideologo del razzismo Giovanni Preziosi. Piazzale Loreto e la sua tragica esposizione non sono casuali e non sono solo vendetta. Sono un macabro segnale per abbreviare la guerra. L'Hitler assediato nella cancelleria a Berlino si decide al suicidio quando viene informato di come è morto Mussolini. Lo sentono mormorare: «Non mi avranno vivo, non andrò a fare il mostro in qualche circo sovietico». Il Terzo Reich si chiude con un macabro ballo della corte nazista che brinda a Champagne e si ubriaca mentre il capo e la sua amante, sposata nel bunker, si tolgono la vita. La caduta del fascismo è meno nibelungica. Prima di fuggire da Milano i principali gerarchi hanno intascato grosse somme, il comandante della Guardia nazionale Ricci ha fatto in tempo a incassare in banca un assegno di quattro miliardi e il ministero degli Esteri ha spartito con i ministri le divise pregiate, ma a piazzale Loreto e al Comitato di liberazione di quel denaro non arriverà una lira, in parte finito a un partito come il famoso «oro di Dongo» in parte nelle tasche degli ignoti che in quelle ore drammatiche riuscirono a unire l' utile al patriottico.

(Giorgio Bocca)

sabato, aprile 22, 2023

Oltraggio alla tolleranza

 




Secondo l'Agenzia per i diritti Fondamentali (FRA) dell'Unione europea l'omofobia danneggia la salute e la carriera di quasi 4 milioni di persone in Europa. L'Italia è il paese dell'Unione Europea con il maggior tasso di omofobia sociale, politica ed istituzionale. L’omofobia, ci dice il Parlamento europeo, è “una paura e un’avversione irrazionale nei confronti dell’omosessualità e di gay, lesbiche, bisessuali e transessuali (GLBT), basata sul pregiudizio”. Ma il punto più importante è quello che segue alla definizione, ove si legge che l’omofobia è “analoga al razzismo, alla xenofobia, all’antisemitismo e al sessismo”. Stabilendo questa analogia tra omofobia e razzismo si evidenzia ciò che l’omosessualità ha in comune rispetto alla razza: il fatto di essere una caratteristica della persona che non ha niente a che vedere con le scelte o con la statura morale di un individuo. L'uomo è strano. L'orientamento sessuale è un istinto e non una scelta. Il razzismo è insensato. Il sogno generalmente è la speranza che si realizzi un desiderio soggettivo. L'utopia è credere che diverse negatività collettive, grazie allo studio, alla conoscenza e alla cultura possano cessare di esistere nei cervelli bacati di molti uomini. Razzismo-omofobia-tolleranza verso i diversi-pari dignità degli esseri umani. E' così. La società cerca di uniformarci perché poi è più facile imporre determinati consumi, ma anche, per il potere, mantenere il controllo. Adesso siamo al punto che "essere fuori dal coro" è propagandare una restaurazione: un ritorno al passato, ai muri issati, al rifiuto e alla non tolleranza di chi ha usanze diverse dalla nostra, utilizzando i violenti e le eccezioni come regola (poi in Italia si fa confusione tra comprendere e giustificare; comprendere non significa giustificare e difendere, significa capire cosa c'è dietro a un atto). Al passato bisogna guardare solo per fare tesoro degli errori. E secondo me la cultura serve proprio per vincere la paura del diverso. Non significa svendere la propria identità culturale, significa cercare di capire le altre identità culturali. La diversità è un'autentica ricchezza, purtroppo coloro che gridano ai “buu” o che insultano, denigrano a causa della diversità di cultura o colore della pelle sono persone molto, molto ignoranti e lo dimostrano perché non conoscono la storia, quella passata e quella attuale, non comprendono la ricchezza che sta dietro a ogni popolo e alla sua cultura e lo dimostrano, appunto, comportandosi da bestie, con tutto il rispetto per tutte le bestie. L’intolleranza verso coloro che hanno diversa cultura e colore della pelle ci sarà finché esisteranno gli ignoranti e poiché ultimamente persino coloro che hanno poteri dimostrano tale ignoranza e ristrettezza di prospettiva, la massa di ignoranti non può che moltiplicarsi. 

giovedì, aprile 20, 2023

Il sesso inutile

 



*Il sesso inutile* libro scritto da Oriana Fallaci è uno dei miei preferiti. Pubblicato nel 1961, nasce da un’inchiesta giornalistica scritta per L’Europeo. La scrittrice parla delle donne di tutto il mondo, con le loro debolezze e la loro forza, con le loro paure e i loro sogni.
Il viaggio che la Fallaci ci racconta inizia in Pakistan e finisce a New York e ha come unico obiettivo quello di scoprire la ricetta della felicità delle donne. Le domande che si pone la Fallaci sono abbastanza semplici, forse scontate. Lei si chiede: quali sono le donne più felici? Le Pakistane che vivono tutta una vita dietro un velo, le giapponesi che vivono nella dedizione per il proprio marito e nel rispetto delle tradizioni o le malaysiane che vivono in un sistema matriarcale in cui sono completamente indipendenti dai loro uomini? E, soprattutto, la felicità per le donne può esistere davvero?
Dice Oriana che: "Le donne non sono una fauna speciale e non capisco per quale ragione esse debbano costituire, specialmente sui giornali, un argomento a parte: come lo sport, la politica e il bollettino meteorologico."  L'anno precedente, inviata de "L'Europeo", è in Oriente insieme al fotografo Duilio Pallottelli per un'inchiesta sulla condizione delle donne. È partita alla ricerca di tracce di felicità e nel libro racconta la sua esperienza: a Karachi in Pakistan assiste al matrimonio di una sposa bambina e si ribella all'idea delle donne velate; a New Delhi incontra Rajkumari Amrit Kaur, figura di grande potere in India, e le sembra che assomigli a sua nonna; in Malesia conosce le matriarche che vivono nella giungla; a Singapore c'è la scrittrice Han Suyin, che sente subito amica; a Hong Kong le cinesi non hanno più i piedi fasciati ma le intoccabili abitano ancora sulle barche, senza mai scendere a terra; a Tokio è smarrita di fronte all'impenetrabilità delle giapponesi e a Kyoto affronta il mistero delle geishe; alle Hawaii cerca invano i segni di un'esistenza originaria intatta. Il viaggio si conclude a New York, dove il progresso ha reso più facile la vita delle donne a confrontarsi con "un mondo di uomini deboli, incatenati a una schiavitù che essi stessi alimentano e di cui non sanno liberarsi".
Partecipò giovanissima alla Resistenza italiana e fu la prima donna italiana ad andare al fronte in qualità di inviata speciale. Fu una grande sostenitrice della rinascita culturale ellenica e conobbe le più importanti personalità di questa, tra cui Alexandros Panagulis col quale ebbe anche una relazione. Durante gli ultimi anni di vita fecero discutere le sue dure prese di posizione contro l'Islam, in seguito agli attentati dell'11 settembre 2001 a New York, città dove viveva. Come scrittrice, con i suoi dodici libri ha venduto circa venti milioni di copie in tutto il mondo.

lunedì, aprile 17, 2023

Forse nel 2060

 



Isaac Newton è uno scienziato particolare. Era mosso da una grande passione per la faccia misteriosa della realtà, quella che la scienza ha sempre bollato di 'superstizione': l'alchimia. E questa inquietudine scientifica si è accompagnata a un amore per lo studio dei testi sacri che ha fatto dello scienziato anche un discusso teologo (considerato eretico negli ambienti ufficiali). Così, studiando i versi del libro di Daniele ha calcolato che il mondo sarebbe scomparso esattamente 1260 anni dopo la fondazione del Sacro Romano Impero d'Occidente.
Una fascinazione, quella per la fine del mondo e per le teorie escatologiche, che l'ha accompagnato durante tutta la sua vita di scienziato: pare che in 50 anni di attività il professore di Cambridge abbia scritto più di 4500 pagine sul tema delle profezie. Una questione etica lo muoveva: l'idea che anticipare il futuro ci avrebbe consentito di evitare errori, guerre e disastri. Che la profezia avrebbe salvato il bene, insomma, almeno fino all'ultimo giorno. E così si accumulavano i fogli fitti di calcoli e congetture sulla data più probabile del giorno del Giudizio. Senza che mai, però, arrivasse a fissare un anno preciso. Ragioni di prudenza, di responsabilità o forse semplicemente di coerenza scientifica. Fatto sta che a un certo punto, proprio pochi anni prima di morire, si convinse che la data poteva essere ricostruita con esattezza a partire dalle parole del profeta Daniele.
Isaac Newton, che scoprì, casualmente, grazie ad una mela, l'esistenza della forza di gravità, aveva anche delle doti di veggente. Insomma, per farla breve, tenetevi pronti. Secondo lo scienziato il mondo finirà nel 2060.
In verità Isaac Newton non scoprì il concetto di forza gravitazionale perché gli cadde in testa una mela, quella è ormai una leggenda. Da quasi un secolo, se non di più, vi erano Fisici e Scienziati che avevano già iniziato a studiare (oppure si erano solo approcciati) il concetto di forza gravitazionale e il più noto a cui si ispirò Newton per trarre le fila del discorso fu Cavendish che scoprì la costante G.
Con numeri e previsioni si divertono un sacco di persone dalla notte dei tempi: sciamani, aruspici, gli ebrei con la cabala, gli auguri, Nostradamus, i druidi.
Non preoccupiamoci del domani ma dell'oggi e viviamo sereni e perché no, gioiosi.

giovedì, aprile 13, 2023

Assecondare il cambiamento

 



Credo che tutto debba cambiare, quasi nulla resta uguale, anche le cose si usurano col tempo, immaginiamoci gli esseri umani che per principio naturale crescono e invecchiano.
L'aspetto che mi fa riflettere è che questo ci turbi tanto. Se accettassimo il modificarsi dei nostri stati d'animo, delle nostre percezioni, delle nostre visioni con una maggiore serenità saremmo uomini felici. Gli eventi della vita cambiano le persone. Diventi un altro uomo, anche nei particolari più insignificanti. Tutto quello che succede ha un senso diverso.
Ero un tipo meticoloso. Anche se vedevo che nella cassetta della posta non c'era niente aprivo per controllare. Ora vedo che è stracolma. Non apro. Mi dà fastidio farlo. Non mi interessa chi ha scritto e quello che vuole.
Uno stato d'animo che potrebbe sembrare svogliato. Invece non lo è. Ho cose più importanti da fare. Cose più importanti cui pensare. Se un campo di grano è giallo, io lo vedo verde. Sono costretto a vederlo verde.
Potevo indicare un altro colore, ma istintivamente ho scritto verde.
Il giallo è la tentazione. La mia fede lo trasforma in verde.
Il gioco dei colori è solo questo.
Sono costretto perché la mia coscienza è scritta. Scritta da tanto tempo.
La mia vita sarebbe persa, stravolta, scegliendo il giallo.
Diventare un altro uomo è difficile. Io credo che il cambiamento possa arrivare solo quando si conosce il vero amore, quello che porta sull'altare (o davanti a un sindaco, a seconda del rito). Perché lì si perde qualcosa e si guadagna qualcosa, si dà qualcosa all'altro e si riceve altro. È la grandezza dell'amore che unisce due persone.
Fuori da questo credo che ogni cambiamento all'uomo sia precluso. Si nasce, si cresce, ma si rimane sostanzialmente sempre gli stessi. Amore permettendo.


lunedì, aprile 10, 2023

Rimodulare il nichilismo

 



Il nichilismo non è una terapia astratta. È la mancanza di senso del vivere che coinvolge tutti. Prende una persona, la intorbidisce, la ovatta. Occorre qualcosa che riesca a cacciarla dal nostro cuore, facendo tornare il desiderio di rimettersi in moto. Credo che tutto questo sia davvero giusto e importante. Che occorra un impegno culturale a tutti i livelli. Riscoprire studio e lettura e, con essi, i grandi principi dell'antichità. Mi riferisco soprattutto all' "alterum non laedere" e a l"unicuique suum tribuere". Ma anche i valori di solidarietà e correttezza umana dettate dalle morali cattoliche, laiche e socialiste. Oggi più che mai risollevare la "questione morale" è fondamentale. Giusto sottolineare che la nostra società attuale da una parte incoraggio l'uniformità, dall'altra faccia da motore per l'individualismo più sfrenato. Adesso tocca a noi: esaltare il concetto sano di individualismo, cioè ciò che noi individui possiamo portare di buono agli altri e alla società. Nel contempo contrasteremo anche l'uniformità a cui ci vogliono relegare. Lasciamo la nostra firma, in sostanza, sul mondo, la nostra impronta anzi. Non è facile, certo, tuttavia bisogna avere "quel" coraggio non per giudicare o condannare il soggetto dell'azione, ma l'azione. L'omologazione non può essere giustificata. Dobbiamo ragionare con la nostra testa, capire cosa e chi sbaglia. Anche da pulpiti eccezionali. E farci carico. Noi nel nostro piccolo, altri nel loro grande. Le nuove tecnologie sicuramente hanno portato enormi progressi ma anche tanti nuovi problemi che non possiamo sottovalutare. Alla base di ogni essere umano ci deve essere buon senso ma sempre più spesso i fatti e le circostanze dimostrano il contrario...speriamo in un divenire di speranza. Si vive commettendo errori: è impossibile non sbagliare, ma l'errore dovrebbe essere un'occasione di apprendimento che arricchisce il nostro bagaglio di esperienze. La verità è un concetto astratto che naturalmente quando viene declinata nella realtà, assume un valore relativo. Non esiste una verità, esistono molte verità. Solo convogliando le diversità in un'etica unica si potrebbe evitare la confusione e dare un senso al nichilismo.
Il nichilismo ha diverse ramificazioni. In effetti rappresenta la distruzione degli ideali tradizionali, per rendere possibile l'affermazione di nuovi valori.
L'errore è che bisognerebbe esaminare i valori tradizionali, prendere quelli buoni e buttare nel cestino le certezze che sono in effetti un luogo comune falso. 


mercoledì, aprile 05, 2023

Evitare di annoiarsi

 



Georg Wilhelm Friedrich Hegel è uno dei massimi esponenti dell’Idealismo tedesco. Fu anche l’ultimo dei grandi filosofi classici tedeschi e possiamo considerarlo come uno dei più grandi pensatori di tutti i tempi.
Hegel rappresenta il caso più lampante di Romanticismo non pessimista: egli è convinto che l’uomo possa, avvalendosi della ragione, raggiungere l’infinito. E' uno dei filosofi più ottimisti della storia per questo esorcizza anche il negativo, che è solo un momento, un passaggio obbligato verso la certezza del Mistero. Poiché l'uomo non è in grado di valutare anche in chiave prospettica il positivo e il negativo, ogni accadimento della sua vita necessita di una lettura diversa.
“Preso dal vortice del lavoro e degli impegni, ciascuno consuma la propria vita sempre in ansia per quello che accadrà e annoiato di ciò che ha. Chi invece dedica ogni attimo del suo tempo alla propria crescita, chi dispone ogni giornata come se fosse la vita intera, non aspetta con speranza il domani, né lo teme (Seneca)".
Il tempo si pone come qualcosa che è distinguibile in parti e quindi divisibile: presente, passato e futuro. Ma queste parti del tempo, che costituiscono l’orizzonte della nostra vita, quando vengono analizzate, diventano prima inafferrabili per poi quasi dissolversi: passato e futuro, infatti, sembrano appartenere piuttosto al nulla che all’essere, sono varianti per così dire del nulla: giacché l’uno non è più, l’altro non è ancora. E tuttavia l’uno costituisce il distendersi e l’accumularsi nella nostra memoria dell’esperienza del nostro trascorrere cioè vivere, l’altro si pone come l’apertura dell’orizzonte del nostro agire, cioè del nostro rapportarci al mondo secondo i nostri bisogni, paure e speranze. Lo stesso presente, nella sua riduzione al puro punto senza estensione, mostra di non poter avere nessun carattere di permanenza e di stabilità come pure sembra richiedere la nostra ingenua concezione del presente.


sabato, aprile 01, 2023

Non è giusto





C’è voluto l’intervento di un tribunale, dopo settimane di accese proteste, per convincere uno dei più antichi e prestigiosi atenei dell’India a socchiudere, se non aprire, le porte delle sue «stanze segrete» anche alle donne. Le studentesse dell’Università Musulmana di Aligarh (Amu), nello stato dell’Uttar Pradesh, hanno finalmente ottenuto il permesso di varcare l’ingresso della biblioteca e (forse) di sedersi accanto ai colleghi maschi. Forse, perché per ora il vice-rettore dell’Amu ha solo garantito alle studentesse la possibilità di usufruire di un bus che ogni domenica le trasferirà dal College femminile alla Maulana Azad Library, dove potranno restare per un tempo massimo di tre ore. Non è chiaro se da sole o anche alla presenza degli studenti di sesso opposto. Vietato ai cani e alle donne: questo era l’«editto» che impediva l’accesso alla storica biblioteca, famosa per la sua collezione di antichi scritti. Secondo i dirigenti dell'ateneo, la presenza delle ragazze avrebbe «attirato i maschi e rovinato la loro concentrazione». Il vice-rettore Zameer Uddin Shah, in un’intervista a The Times of India, si era lamentato che il numero degli studenti in biblioteca sarebbe quadruplicato, non per leggere, però, bensì per guardare le ragazze.
Gli aveva fatto eco la preside del Collegio femminile, Naima Gulrez: «Capiamo il desiderio delle studentesse di accedere a quei libri. Ma ragazze, avete mai visto una biblioteca? E’ affollata di maschi. Il vostro arrivo creerebbe subito un problema di disciplina». L’università di Aligarh è stata fondata 94 anni fa, in epoca coloniale. Da diversi anni le associazioni studentesche femminili chiedevano di potersi iscrivere alla biblioteca e di usufruire della sala di lettura, ma la richiesta era sempre stata respinta. Finché il mese scorso un tribunale locale ha accolto il ricorso di un’attivista; quindi, l’Alta Corte della vicina Allahabad ha criticato il divieto imposto dall’Università e chiesto alla direzione di rimuovere la restrizione in quanto «incostituzionale» perché basata su una discriminazione tra i sessi.
Il vicerettore aveva cercato di difendere il divieto sostenendo che nella biblioteca non c’era abbastanza spazio per accogliere le ragazze, e il codazzo di maschi che sarebbe seguito. «Ci sono 4 mila ragazze iscritte al corso di laurea» si era difeso Shah «e i posti a sedere sono appena 1.300. Non è una discriminazione, ma solo un semplice problema di capacità». Come unica soluzione, aveva quindi invitato le studentesse a ordinare i libri online o a frequentare la biblioteca della “sezione femminile” dell’ateneo. Ad eccezione delle donne già laureate, che avevano diritto di accesso, ma con soli 12 posti a sedere riservati sul totale di 1300.
La controversa presa di posizione aveva sollevato un’ondata di polemiche a livello nazionale e dure critiche anche da parte del governo di New Delhi. Il ministro delle Risorse Umane, la signora Smriti Irani, che è anche leader di un’associazione femminista del partito nazionalista induista Bjp, aveva scritto al vicerettore per denunciare il divieto come una «violazione dei diritti umani» e un «insulto» alle donne. Finché è arrivata la decisione, che ha concesso, anche se per poche ore alla settimana, l’ingresso misto alla Library. «È un momento storico per le donne di questo campus» ha detto una giovane che domenica è stata tra le prime a varcare la soglia «e anche per il prestigio dell’università». Sarebbe felice anche lo sceicco Abdullah che decise di istituire il Women’s College, a tre chilometri dalla Università di Aligarh, proprio per aiutare l’emancipazione delle donne, culturale ed anche economica, in un periodo in cui l’educazione femminile era considerate addirittura blasfema. A distanza di quasi un secolo, il collegio resta un simbolo di speranza per le ragazze della regione e tiene fede al principio con cui fu fondato: è «un’opportunità» per ragazze provenienti dai più diversi ceti sociali ed economici, il 40% delle 2500 studentesse proviene infatti dalle classi più umili ed emarginate, sono figlie di contadini, operai o piccoli commercianti.
Molte di loro saranno le «prime laureate della famiglia», simbolo di un’India che cambia. Come Zamzam Khanum, al primo anno di studi in Urdu, che spera di diventare maestra ed «aiutare mia madre che ha lavorato notte e giorno per pagare la mia educazione fino a qui». O come Nushifa, la prima ragazza del suo villaggio a finire al college: figlia di un fruttivendolo del villaggio di Rampur, vuole «imparare bene l’inglese, come le ragazze ricche che vengono dalla città».