Quando il cristianesimo non accade più come avvenimento di una Presenza che invade tutto e la fa ribollire, allora si finisce per teorizzare l'avvenimento accaduto. Si tramanda un discorso corretto e pulito, alcune regole su come essere cristiani e uomini.
Ma senza amore, senza il riconoscimento del Mistero vivificante, il singolo si spegne e muore.
La nostra speranza, la salvezza di Cristo non può essere qualcosa che abbiamo letto e sappiamo ripetere bene.
Un discorso più o meno edificante o moralistico, ecco, a questo viene ridotto spesso l'annuncio.
Questa riduzione, priva dello stupore dell'avvenimento, quindi priva di Gesù causa il fossilizzarsi dell'esperienza originale, la cristallizzazione.
Sono subentrati il formalismo e la stasi.
Qualsiasi nostro tentativo non può colmare l'apatia.
Accade così precisamente l'insoddisfazione del credente, come ha detto il Papa, da questa mancanza di stupore deriva l'insoddisfazione di alcuni che finiscono per essere tristi, trasformati in una sorta di collezionisti di antichità.
È più semplice attaccarsi alle regole, invece che amare Cristo, come nostra scelta di vita. Questo è moralismo; questo è fariseismo.
Lo stupore invece, gli occhi spalancati davanti al miracolo della realtà che ci manifesta l’Essere, ci danno quell’atteggiamento morale originario per cui uno non può non amare l’Autore di tutta la Bellezza che il nostro cuore desidera e, se uno ha fortuna di conoscere chi gli rende visibile, incontrabile, udibile l’Essere, ne nasce un’affezione tale per cui mai vorrebbe essere in disarmonia con la Bellezza assoluta ed amata.
Purtroppo, si sente spesso pronunciare grandi discorsi sterili, discorsi fatti belle parole ma che non hanno la passione che aveva Gesù. Mi è capitato spesso di assistere a delle messe con discorsi essenzialmente vuoti, discorsi che ti fanno distrarre e pensare ad altro.
Un prete deve far nascere l'amore per Gesù.