La morte non si può provare, se non una volta sola, e la poesia che ci spalanca un'Altra Vita, è appunto poesia, fede e poesia. La vita è il più grosso regalo di Dio, non ce la roviniamo aspettando "altro". Dammi retta, pensa che potevi essere tifoso del Crotone... ahahah
giovedì, novembre 30, 2017
Il senso della felicità
La morte non si può provare, se non una volta sola, e la poesia che ci spalanca un'Altra Vita, è appunto poesia, fede e poesia. La vita è il più grosso regalo di Dio, non ce la roviniamo aspettando "altro". Dammi retta, pensa che potevi essere tifoso del Crotone... ahahah
mercoledì, novembre 29, 2017
L'incontro con il dolore
Il tragico greco si declinava con la difficoltà di evitare la contraddizione di un agire, agendo, di un fare, facendo; si poteva peccare solo facendo: il “meden agan” è monito al “peccato” dell’agire, è limite reale, di cose, di materia.
Aggiungerei, di soppiatto, che, siccome il “peccato” era una turbativa dell’equilibrio, “l’espiazione” non poteva essere altro che lo sprigionarsi di forze idonee al suo ripristino.
Non è un caso che l’aldilà dei greci fosse un al di qua, ove i morti non diventavano una specie di spiriti celesti, ma ombre, simulacri di se stessi e, pur tuttavia, ancora e sempre pienamente consapevoli di sé e della vita.
Nel mondo greco chi pecca di hybris mantiene una sua innocenza che induce a una tremenda pietà. Di questa innocenza siamo privi, e sappiamo bene il limite in aticipo; ma aumenta la pietà per chi lo varca.
Il concetto di hýbris sta alla base del sistema di valori proprio del mondo greco arcaico. Il termine originariamente significava “violenza”, “tracotanza” e si riferiva ad un comportamento particolarmente biasimevole perché lesivo dell'onore altrui. L'uso giuridico si unisce poi alla valenza religiosa: l'hybritès è colpevole involontariamente, perché spinto ad agire dal volere del fato. L'hýbris è un accecamento mentale che impedisce all'uomo di riconoscere i propri limiti e di commisurare le proprie forze: chi ha ambizioni troppo elevate e osa oltrepassare il confine posto dagli dei pecca di hýbris e incorre in quella che viene chiamata “invidia degli dei” (fthònos theòn); allo stesso modo chi non utilizza le proprie capacità, esce dalla sfera umana per ricadere in una ben più infima, quella bestiale.
« La religione, ha scritto Burckhardt, non era per i greci «al di sopra o accanto alla pólis, perché culto e vita» erano «una sola cosa». O erano quantomeno strettissimamente intrecciati. Ogni pasto, ogni simposio, ogni battaglia cominciava con un sacrificio; ogni assemblea popolare con una preghiera. Gli argomenti di natura religiosa erano in cima all’ordine del giorno. Le sottosezioni della cittadinanza si incontravano attorno agli altari, celebravano i loro culti e poi, per esempio, accoglievano i neonati nelle loro file, offrivano sacrifici e mangiavano solennemente le carni degli animali sacrificati. La volontà degli dèi era accuratamente sondata dai veggenti. Uomini e donne, padri di famiglia e dignitari della comunità non perdevano d’occhio gli dèi e si adoperavano per renderseli benevoli, sia quando c’era una ragione particolare per farlo, sia perché così voleva la regola. »
(Christian Meier. Cultura, libertà e democrazia. Alle origini dell’Europa, l’antica Grecia. Milano, Garzanti, 2009, p. 144)
Non è un caso che l’aldilà dei greci fosse un al di qua, ove i morti non diventavano una specie di spiriti celesti, ma ombre, simulacri di se stessi e, pur tuttavia, ancora e sempre pienamente consapevoli di sé e della vita.
Nel mondo greco chi pecca di hybris mantiene una sua innocenza che induce a una tremenda pietà. Di questa innocenza siamo privi, e sappiamo bene il limite in aticipo; ma aumenta la pietà per chi lo varca.
Il concetto di hýbris sta alla base del sistema di valori proprio del mondo greco arcaico. Il termine originariamente significava “violenza”, “tracotanza” e si riferiva ad un comportamento particolarmente biasimevole perché lesivo dell'onore altrui. L'uso giuridico si unisce poi alla valenza religiosa: l'hybritès è colpevole involontariamente, perché spinto ad agire dal volere del fato. L'hýbris è un accecamento mentale che impedisce all'uomo di riconoscere i propri limiti e di commisurare le proprie forze: chi ha ambizioni troppo elevate e osa oltrepassare il confine posto dagli dei pecca di hýbris e incorre in quella che viene chiamata “invidia degli dei” (fthònos theòn); allo stesso modo chi non utilizza le proprie capacità, esce dalla sfera umana per ricadere in una ben più infima, quella bestiale.
« La religione, ha scritto Burckhardt, non era per i greci «al di sopra o accanto alla pólis, perché culto e vita» erano «una sola cosa». O erano quantomeno strettissimamente intrecciati. Ogni pasto, ogni simposio, ogni battaglia cominciava con un sacrificio; ogni assemblea popolare con una preghiera. Gli argomenti di natura religiosa erano in cima all’ordine del giorno. Le sottosezioni della cittadinanza si incontravano attorno agli altari, celebravano i loro culti e poi, per esempio, accoglievano i neonati nelle loro file, offrivano sacrifici e mangiavano solennemente le carni degli animali sacrificati. La volontà degli dèi era accuratamente sondata dai veggenti. Uomini e donne, padri di famiglia e dignitari della comunità non perdevano d’occhio gli dèi e si adoperavano per renderseli benevoli, sia quando c’era una ragione particolare per farlo, sia perché così voleva la regola. »
(Christian Meier. Cultura, libertà e democrazia. Alle origini dell’Europa, l’antica Grecia. Milano, Garzanti, 2009, p. 144)
lunedì, novembre 27, 2017
venerdì, novembre 24, 2017
Il teologo intraprendente
"Non giudicate per non essere giudicati". E' ricorso alle parole di Cristo il 75enne vescovo di Chioggia Angelo Daniel, per giustificare il sacerdote sorpreso in intimità con la moglie di uno dei fedeli. E nel paese è caccia all'identità del prete fedifrago. L'episodio. La dinamica è da "pochade": "lui" rientra a casa prima del previsto e trova "lei" a letto con un altro. L'altro è un prete, elemento anche questo né nuovo né originale. Anzi, un intellettuale, perché il sacerdote colto in "flagranza amorosa" è docente di Sacre Scritture a Padova, alla Facoltà teologica dell'Italia Settentrionale. Il marito è sconvolto - e fin qui tutto normale" - si sfoga con il cognato e insieme vanno dal vescovo a chiedere giustizia.
E' qui che cominciano le curiosità. Innanzitutto, la Curia impedisce all'uomo di vedere il vescovo e chiama la polizia, perché "l'uomo era parso troppo agitato". Eccesso di precauzione, forse, ma vista l'età del prelato ci può stare. "Curiosa", invece, la valutazione del vescovo sull'accaduto.
Ammonisce "l'autorità morale" intervenendo sul giornale diocesano, 'La Nuova Scintilla': "non giudicare per non essere giudicati". E non dimentichiamo che "D'altra parte, pur essendo grande la responsabilità di un sacerdote che dovrebbe essere sempre per gli altri esempio e guida - rileva tra l'altro il Vescovo - non dobbiamo dimenticare che, a fronte di molti che per fortuna sostengono il prete, non mancano persone che direttamente o indirettamente, lo spingono a mancare." Insomma, lei l'ha provocato. Ma rassicura: "Se la debolezza ci accomuna - conclude - siamo certi però che c'è per tutti anche la misericordia e quindi il perdono di Dio".
Piena assoluzione per la scappatella, dunque, o un segnale di "modernità"? L'aut-aut spacca i chioggesi, che sono scatenati. Perché da lunedì è caccia al prete. C'è chi dice che "queste cose sono sempre successe e continueranno a succedere", chi si indigna perché non "lo avrebbe mai creduto", chi indulge di fronte alle debolezze umane perché e chi va al bar a giocarsi al lotto le età dei tre protagonisti. Ma lui non si è più visto: "è fuori Chioggia", fanno sapere dalle segreterie della Curia.
E' qui che cominciano le curiosità. Innanzitutto, la Curia impedisce all'uomo di vedere il vescovo e chiama la polizia, perché "l'uomo era parso troppo agitato". Eccesso di precauzione, forse, ma vista l'età del prelato ci può stare. "Curiosa", invece, la valutazione del vescovo sull'accaduto.
Ammonisce "l'autorità morale" intervenendo sul giornale diocesano, 'La Nuova Scintilla': "non giudicare per non essere giudicati". E non dimentichiamo che "D'altra parte, pur essendo grande la responsabilità di un sacerdote che dovrebbe essere sempre per gli altri esempio e guida - rileva tra l'altro il Vescovo - non dobbiamo dimenticare che, a fronte di molti che per fortuna sostengono il prete, non mancano persone che direttamente o indirettamente, lo spingono a mancare." Insomma, lei l'ha provocato. Ma rassicura: "Se la debolezza ci accomuna - conclude - siamo certi però che c'è per tutti anche la misericordia e quindi il perdono di Dio".
Piena assoluzione per la scappatella, dunque, o un segnale di "modernità"? L'aut-aut spacca i chioggesi, che sono scatenati. Perché da lunedì è caccia al prete. C'è chi dice che "queste cose sono sempre successe e continueranno a succedere", chi si indigna perché non "lo avrebbe mai creduto", chi indulge di fronte alle debolezze umane perché e chi va al bar a giocarsi al lotto le età dei tre protagonisti. Ma lui non si è più visto: "è fuori Chioggia", fanno sapere dalle segreterie della Curia.
giovedì, novembre 23, 2017
mercoledì, novembre 22, 2017
Il mondo salverà la bellezza
S. Tommaso D'Aquino indicava tre requisiti della bellezza: integrità, simmetria e, così traduce Croce, chiarezza. Joyce invece, più intelligentemente, traduce la terza parola con radiosità, indicando la capacità che la bellezza ha di comunicare qualcosa che non si vede, il potere cioè di emanare qualcosa che nell'oggetto si annuncia, ma non si identifica con i suoi aspetti sensibili. Finalmente ho capito Tommaso quando parla del potere di emanare qualcosa che nell'oggetto si annuncia, ma non si identifica con i suoi aspetti sensibili. Tommaso parla del bello dentro, del bello interiore quando diventa speciale. Il bello fuori diventa inutile, ininfluente. Il bello fuori se non è illuminato dalla bellezza interiore diventa monotono, ripetitivo fino ad annoiare. Bellissima la parola radiosità che esprime infatti una continua speranza di luce nuova e di maggiore bellezza, di una bellezza che non muore mai, ma che si rinnova nel tempo. Infatti, quando vedi che una persona è radiosa, è bella e non ha età.
lunedì, novembre 20, 2017
Quando l'uomo si realizza
Quando leggevo Leopardi non mi era amico. Rappresentava molto meglio di quello che avrei saputo fare io ,quello che io sentivo, ma non mi era amico: era un'autorità fuori di me. Un po' per curiosità, un po' per dovere ho incominciato a capire certe cose. Leopardi mi spiegava le ragioni del suo essere malinconico e io non condividevo. I suoi lamenti li sentivo veri ma aumentavano la mia malinconia. Un motivo in più per essere in contrasto con lui, ma non solo non ero in contrasto, anzi mi diventava amico. Avevo compreso che uno ti diventa amico nella misura in cui tu lo interiorizzi, vale a dire, comprendi le ragioni del perché lui ti rappresenta. Dostoevskij iniziò a scrivere "l'Idiota" e buttò giù molte delle riflessioni e degli appunti che lo portarono a "I Fratelli Karamazov" e al suo incompiuto disegno di grande romanzo. Dostoevskij supera l'ipotesi che sorge in Nietzsche di un nichilismo lieve, o gaio, propagandato come modo di vivere da "turista", un po' distaccato e scettico tra le cose belle e le difficoltà del mondo. Secondo Dostoevskij l'abisso dell'animo umano non si risolve nell'individuare una buona idea o una norma giusta, ma nel mistero della presenza di Cristo.
Ho usato il lemma interiorizzare nel senso che vedevo il poeta come un'autorità estranea al mio io.
Il passaggio successivo che me lo fa diventare amico è che lui mi rappresenta. Esprime i miei stati d'animo in particolare l'ostilità della natura alla vita che dà all’uomo solo l’esistenza con la sua noia e il suo “nulla”. Una persona può diventarti amica senza interiorizzarla, ma non ti rappresenta.
Ognuno di noi ha un io.
Il dono che ci è stato fatto al momento della nascita, anzi, al momento in cui siamo stati concepiti.
Si chiama identità.
Questo è il valore più grande del quale siamo portatori fino al momento in cui lasceremo questa Terra.
E' qualcosa che ci è stato dato, e ne dobbiamo rendere conto.
Quando un uomo riesce a far coincidere la sua vita con la propria vocazione, allora veramente si realizza.
Ho usato il lemma interiorizzare nel senso che vedevo il poeta come un'autorità estranea al mio io.
Il passaggio successivo che me lo fa diventare amico è che lui mi rappresenta. Esprime i miei stati d'animo in particolare l'ostilità della natura alla vita che dà all’uomo solo l’esistenza con la sua noia e il suo “nulla”. Una persona può diventarti amica senza interiorizzarla, ma non ti rappresenta.
Ognuno di noi ha un io.
Il dono che ci è stato fatto al momento della nascita, anzi, al momento in cui siamo stati concepiti.
Si chiama identità.
Questo è il valore più grande del quale siamo portatori fino al momento in cui lasceremo questa Terra.
E' qualcosa che ci è stato dato, e ne dobbiamo rendere conto.
Quando un uomo riesce a far coincidere la sua vita con la propria vocazione, allora veramente si realizza.
giovedì, novembre 16, 2017
Dal cambiamento al Banchetto
E' una fuga di massa. Senza la Chiesa il cristianesimo diventerà una religione tascabile, e Dio un'entità non molto diversa da un avvocato.
Questa è la Chiesa che serve a Cristo.
Le prime comunità cristiane delle origini si dedicavano all'ascolto della parola degli apostoli, alle celebrazioni eucaristica e preghiere comuni, tutto nel segno dell'amore vicendevole.
I primi cristiani erano perseveranti nell'insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere. Un senso di timore era in tutti, e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli. Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno. Ogni giorno erano perseveranti insieme nel tempio e, spezzando il pane nelle case, prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati.
Un giorno Pietro e Giovanni salivano al tempio per la preghiera verso le tre del pomeriggio. Qui di solito veniva portato un uomo, storpio fin dalla nascita e lo ponevano ogni giorno presso la porta del tempio detta «Bella» a chiedere l'elemosina a coloro che entravano nel tempio. Questi, vedendo Pietro e Giovanni che stavano per entrare nel tempio, domandò loro l'elemosina. Allora Pietro fissò lo sguardo su di lui insieme a Giovanni e disse: «Guarda verso di noi». Ed egli si volse verso di loro, aspettandosi di ricevere qualche cosa. Ma Pietro gli disse: «Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina!». E, presolo per la mano destra, lo sollevò. Di colpo i suoi piedi e le caviglie si rinvigorirono e balzato in piedi camminava; ed entrò con loro nel tempio camminando, saltando e lodando Dio. Tutto il popolo lo vide camminare e lodare Dio e riconoscevano che era quello che sedeva a chiedere l'elemosina alla porta Bella del tempio ed erano meravigliati e stupiti per quello che gli era accaduto.
martedì, novembre 14, 2017
Anziani, eppur si muove
Quello che è accaduto a Gela in provincia di Caltanissetta fa pensare
che la storia che sto scrivendo non possa che riguardare fatti di
mafia o di racket.
che la storia che sto scrivendo non possa che riguardare fatti di
mafia o di racket.
Invece, non è così.
Quello che è accaduto nella cittadina siciliana oscilla
tra un soffio di romanticismo e una ventata di solitudine.
Nella villa comunale tra palme e ficus si incontravano colf,
tra un soffio di romanticismo e una ventata di solitudine.
Nella villa comunale tra palme e ficus si incontravano colf,
bambinaie, badanti dell'Est e vecchietti soli che avevano un
passatempo.
Veloci toccatine a gambe, tette e chiappe di ragazze romene,
polacche, albanesi e croate. Il problema è che il divertimento aveva
un costo e un tariffario.
polacche, albanesi e croate. Il problema è che il divertimento aveva
un costo e un tariffario.
Cinque euro per una pacca sul sedere, due per sfiorare le gambe e
dieci per palpare un seno.
dieci per palpare un seno.
Forse la vicenda sarebbe durata in eterno se un medico di Gela non
avesse denunciato tutto al sindaco.
avesse denunciato tutto al sindaco.
Non lo ha fatto per becero moralismo. Il fatto è che i vecchietti
pensionati Inps spendevano tutti i soldi che avevano per il loro gioco
preferito.
pensionati Inps spendevano tutti i soldi che avevano per il loro gioco
preferito.
Forse ho inventato tutto.
Ma può esistere una storia così?
sabato, novembre 11, 2017
La via lattea
Abitavo a Varazze ma facevo uno strano
mestiere a Celle Ligure.
Andavo tutte le sere da Celle Ligure a Varazze
e poi tornavo indietro.
Lì c'è un'ansa della costa, un giro della costa
con un muricciolo basso
e poi c'è la spiaggia e il mare.
La sera di primavera il muricciolo
era zeppo di coppiette.
Una notte non c'era la luna, ma c'era un cielo
assolutamente limpido,
carico di stelle.
Proprio sul voltare della strada
ho visto il ponte sul mare fatto dalla Via Lattea.
Chi sa osservare il mare fino a questo punto?
mestiere a Celle Ligure.
Andavo tutte le sere da Celle Ligure a Varazze
e poi tornavo indietro.
Lì c'è un'ansa della costa, un giro della costa
con un muricciolo basso
e poi c'è la spiaggia e il mare.
La sera di primavera il muricciolo
era zeppo di coppiette.
Una notte non c'era la luna, ma c'era un cielo
assolutamente limpido,
carico di stelle.
Proprio sul voltare della strada
ho visto il ponte sul mare fatto dalla Via Lattea.
Chi sa osservare il mare fino a questo punto?
Chi sa osservare le cose fino a questo punto?
Numerose cosmogonie, formulate dalle popolazioni di
tutto il mondo, si sono poste come obiettivo quello di
spiegare l'origine della Via Lattea.
Il nome italiano, inglese, ed europeo in generale,
deriva dall'antico nome greco ????????, Galaxias,
che deriva a sua volta dalla parola ????, ???????? -
gala, galaktos -,
ossia, latte; da notare come questa sia anche
l'origine stessa della parola galassia.
Il nome deriva da un episodio piuttosto noto
della mitologia greca. Zeus, invaghitosi
di Alcmena,
dopo avere assunto le fattezze del marito,
il re di Trezene Anfitrione, ebbe un rapporto con lei,
la quale rimase incinta. Dal rapporto nacque Eracle,
che Zeus decise di porre, appena nato, nel seno della
sua consorte Era mentre lei era
addormentata,
cosicché il bambino potesse bere il suo latte divino
per diventare immortale.
Era si svegliò durante
l'allattamento e realizzò che stava nutrendo
un bambino sconosciuto: respinse allora il bambino e
il latte, sprizzato dalle mammelle, schizzò via,
andando a bagnare il cielo notturno; è questa l'origine,
secondo gli antichi Greci, della "Via Lattea".
venerdì, novembre 10, 2017
Cosa bisogna lasciare ai figli
Un padre e una madre lasciano ai figli un’eredità,
ma l'eredità non è soltanto il denaro.
ma l'eredità non è soltanto il denaro.
I soldi concretano simbolicamente tutta
la serietà della vita con cui i genitori hanno vissuto.
Così, l'eredità di quello che noi lasciamo
è dentro la coscienza di una Presenza.
E' l'esperienza di una realtà nuova,
di un avvenimento che accade ogni istante.
A parte il fatto che, anche umanamente parlando,
A parte il fatto che, anche umanamente parlando,
non capisco come faccia un uomo a voler bene a una donna,
se non la sorprende come fosse la prima
volta tutte le volte che la vede.
L'avvenimento è la modalità con cui la novità entra
L'avvenimento è la modalità con cui la novità entra
nella storia: se non è più novità, non è più storia.
Ma bisogna che diventi avvenimento la presenza
Ma bisogna che diventi avvenimento la presenza
che c'è tra noi, come dovrebbe diventare avvenimento
il rapporto che c'è tra un uomo e una donna che si amano.
giovedì, novembre 09, 2017
Più in là
« Anche le città credono d'essere opera della mente o del caso, ma né l'una né l'altro bastano a tener su le loro mura.
D'una città non godi le sette o settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda. »
(Marco Polo)
La frase è scritta da Calvino nel romanzo le "Città invisibili" ma è di Marco Polo.
D'una città non godi le sette o settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda. »
(Marco Polo)
La frase è scritta da Calvino nel romanzo le "Città invisibili" ma è di Marco Polo.
venerdì, novembre 03, 2017
La nostra vita
Senza che la fede mostri la sua pertinenza ai nostri problemi personali, la nostra missione è presunzione.
In questi anni passati siamo stati vittime della presunzione perché se alla radice dell’osservazione l’esperienza della fede non risolve, non illumina le nostre esperienze non può essere proposta agli altri.
Se la fede non serve a noi diventiamo presuntuosamente giudici di tutti.
E’ vero che noi abbiamo un compito missionario per la Chiesa e per la società di oggi, ma è attraverso, passando attraverso il fenomeno della problematica personale, la risposta ad essa, la provocazione fatta ad essa che la missione diventa veramente una proposta sostenibile.
In una società come la nostra non si può creare qualcosa di nuovo se non con la vita: non c’è struttura né organizzazione o iniziative che tengano.
E’ solo una vita diversa e nuova che può rivoluzionare strutture, iniziative, rapporti, insomma tutto.
Iscriviti a:
Post (Atom)