sabato, febbraio 24, 2024

La chiave della felicità

 


La vita diventa un veleno se non crediamo in essa, quando non è che un mezzo per saziare la vanità, l'ambizione, l'invidia. E si comincia ad avere nausea (Sándor Márai). In “Le vent se lève!… Il faut tenter de vivre!“ (Paul Valéry) di Hayao Miyazaki  si afferma che "si deve provare a vivere", in ogni caso - perché "tu sei qui, e la vita esiste".“ Si alza il vento, dobbiamo cercare di vivere” tutto ruota attorno a questa frase. Quando il vento si leva occorre afferrare quello che il vento cerca di strapparci, fosse il cappello, un ombrello, i nostri sogni. Occorre afferrarli e viverli, fino al sacrificio, fino a quando il vento non tornerà a posarsi e capiremo di cosa fossero fatti. È amore. Puro amore. Due persone, guidate dal destino, s'incontrano e tra loro aleggia una particolare magia: quando si scopre di amare e di essere amati si desidera condividere. Perché quest'amore è dono è reciprocità. È una domanda semplice che investe tutti, a tal punto che prima o poi, questa domanda deve essere fatta, perché riguarda qualunque uomo. Pur nella sua semplicità rappresenta una sfida straordinaria, perché per rispondere a questa domanda non bastano delle parole, non rispondiamo con un discorso o con delle spiegazioni che qualcuno ci dà o che ci diamo noi stessi, ma solo vivendo; la risposta a questa domanda è una vita. Quando facciamo riferimento alla vita, non significa fuggire dal mondo o ricercare una qualsivoglia egemonia, ma essere servizio all’uomo, a tutto l’uomo e a tutti gli uomini, a partire dalle periferie della storia e tenendo desto il senso della speranza che spinge a operare il bene nonostante tutto. Ci sono gesti, parole che tante volte rendono testimonianza alla Vita e alla Verità più di molti fiumi di parole. La vita per me è un ricominciare, ricominciare ogni alba e ogni tramonto, insomma ogni giorno e questo ci aiuta a crescere. Noi siamo fatti per l’eccezionalità, non certo per la banalità, ma l’ideale della vita è che l’eccezionalità, cioè questa grandezza, possa essere sperimentabile dentro la normalità, dentro il quotidiano. Per cui insieme alla domanda iniziale - «Come si fa a vivere?» - ne sorge subito un’altra: «Qual è il nostro compito? Cosa stiamo a fare al mondo?» Scrive Tolstoj: "Esaminai la vita di enormi masse di uomini sia di quelli passati sia di quelli contemporanei. E di uomini che avevano capito il senso della vita, che avevano saputo vivere e morire io ne vedevo non due, tre, dieci, bensì centinaia, migliaia, milioni. Ed io fui preso da amore per quegli uomini. Quanto più penetravo nella loro vita di uomini viventi e nella vita degli uomini che erano già morti, dei quali leggevo o sentivo raccontare, tanto più io li amavo, e tanto più mi diventava facile vivere". La vita è indistruttibile, al di là del tempo e dello spazio. La vita è l'anelito al bene. L'anelito al bene è la vita. Dice Lev Tolstoj che la vita è stata data agli uomini per la loro felicità, loro devono solo viverla al modo giusto. Se la gente si amasse, invece di odiarsi a vicenda, la vita sarebbe una continua felicità per tutti. C'è un solo modo per far sì che la vita divenga più felice ed è che le singole persone divengano più buone. Vivere una vita buona significa dare agli altri più di ciò che prendiamo loro.


mercoledì, febbraio 21, 2024

Sapere non basta. Desiderare nemmeno.

 


Non sempre individuare quel che va male corrisponde ad avere un'altra idea di “bene”. Ma quand'anche lo si sapesse o intuisse, per contrapporsi non bastano gli uomini di buona volontà allertati. 
Devi anche sapere che negli ultimi tempi verranno momenti difficili. Gli uomini saranno egoisti, amanti del denaro, vanitosi, orgogliosi, bestemmiatori, ribelli ai genitori, ingrati, senza religione, senza amore, sleali, maldicenti, intemperanti, intrattabili, nemici del bene, traditori, sfrontati, accecati dall’orgoglio, attaccati ai piaceri più che al prossimo, con la parvenza della pietà, mentre ne hanno rinnegata la forza interiore.
Guardati bene da costoro o
 allertati dall'idea benefit di comunanza. Il sistema e la sua modalità liquida ci ha corroso, intorpidito, asservito, addomesticato. E seguiterà per generazioni anche se dovessimo ripartire dalla clava da domani mattina. Identificare ciò che non va non sempre equivale ad avere chiarezza sulla cosa giusta. E soprattutto comunicarselo in modo da trasformarlo in azione sovversiva.
Tante anime di buona volontà non fanno in automatico un “pensiero” da cui una dottrina, da cui un'azione. E, conciati come siamo c'è un'unica speranza (che speranza non è) che scenda in campo (meglio in terra) un portatore sano di alternativa. Ma la logica vorrebbe che sorgesse dal basso mentre ormai siamo solo in condizione di sentire dall'alto. Perché il basso siamo noi. Che, muti e rassegnati, indignati solo a metà, continuiamo a digerire fino a farci scoppiare la bile.
Sapere non basta. Desiderare nemmeno.


                                       Rassegnazione per principianti 

Tu non cercare nulla. Non c'è niente da trovare,
Niente da capire. Accontentati.
Quando verrà il loro tempo fioriranno i tigli
Sopra la tomba scavata di fresco.
Quando verrà il suo tempo si dissiperà il buio,
Scintillerà la luce rinata.
Niente è concluso, tutto continua.
E tu sarai allegro. O forse no.
Tra sparire e ricominciare
L'impossibile accade.
Come e perché non è stato svelato.
Suona nuova al principiante l'antichissima melodia.
Per cercare il senso profondo, non sprofondare.
Tu non cercare. Così lo troverai.

                                                      Mascha Kaléko 

domenica, febbraio 18, 2024

Il corpo umano

 


Io mi chiedo e chiediamocelo tutti, dove sono finiti centinaia e centinaia di bambini che sono arrivati con i barconi? Che non sono registrati, che non sanno neanche il loro nome? Cosa ne pensate: la donazione degli organi a fine vita dovrebbe essere obbligatoria, e lo credo anch’io. A che serve, lasciare imputridire la carne, quando qualcuno anela a vivere, come è giusto che sia? Il gesto più bello del mondo, un atto di generosità estrema tra un essere umano che perde la vita e un altro, ammalato, che la riacquista grazie alla donazione di organo. Quando si salva un bambino con una malformazione cardiaca o una ragazza con un’epatite fulminante grazie alla donazione accade qualcosa di meraviglioso. E i progressi medici sono ormai così consolidati da rendere il trapianto un intervento salvavita ma soprattutto duraturo nel tempo. In Messico sparisce un numero impressionante di uomini, donne e bambini anche proprio per il traffico di organi così come in Brasile. Ed i governi non se ne curano, in Messico per esempio le autorità locali accade spesso sono pure alleate di questi esseri spregevoli per prendersi anche loro una fetta del guadagno.  Nel Brasile quello che succede nelle favelas è da paura. A sfruttare la miniera umana ci pensa la mafia internazionale, assistita da agenzie di viaggio, società di trasporto ed enti sanitari. Pur di lucrare sulla disgraziata necessità di malati ricchi, professionisti in camice bianco (chirurghi, anestesisti e urologi) non esitano a causare la diminuzione permanente nella condizione fisica del donatore – inevitabilmente povero e spesso involontario. I guadagni ammontano a 15-20 volte il capitale investito. All’espianto un organo vale 5-10 mila dollari. Il suo prezzo al trapianto raggiunge i 70-100 mila dollari, fino a 250 mila, a seconda dell’organo e soprattutto della lunghezza della lista di attesa. Il prelievo di organi del corpo umano si sviluppa attraverso una catena commerciale complessa e ben strutturata che ha trovato terreno fertile in diverse zone del mondo.  Le stime indicano che il numero globale di trapianti commerciali – trapianti che comportano un pagamento per l’organo e quindi illegali – è di circa 10.000 all’anno, pari al 10% di tutti i trapianti. Nella maggior parte dei casi, l’organo venduto è un rene.
Il giro di affari è rilevante, stimato tra 600 milioni e 1,2 miliardi di dollari fino allo scoppio della pandemia.
Il mercato degli organi del corpo umano si pratica in diversi Paesi del Medio Oriente e in Nord Africa piuttosto che su altre zone del mondo interessate da questo sfruttamento – come la Cina o l’America Latina – Bisogna far luce innanzitutto su un mix drammatico di povertà, abusi, guerra, che caratterizza da troppo tempo queste aree.  Oltre 5 milioni di rifugiati sono le prede più facili da adescare per promettere denaro in cambio di organi. Dalla Turchia alla Siria, fino allo Yemen, alla Libia, all’Iraq e all’Egitto, la rete di disperati donatori e di broker senza scrupoli racconta storie di disumanità e di crimini che ormai vanno avanti da anni, con pochissimi progressi a livello giuridico. Nel mirino c’è soprattutto l’Egitto, considerato il vero centro del “mercato rosso” dell’intera regione. Nel 2010 il Paese ha adottato il Transplantation of Human Organs and Tissues Act proprio per arginare il vergognoso fenomeno della vendita di reni e fegati che stava preoccupando il Governo, soprattutto per la reputazione nei confronti dei turisti stranieri.

giovedì, febbraio 15, 2024

Storie strane

 


Dalla morte non si ritorna ma dalla “premorte” in alcuni casi sembrerebbe di sì e il percorso a ritroso verso questo mondo cambia per sempre il viaggiatore che diventa più empatico e fiducioso nel senso ultimo della vita. Questo è almeno ciò che pensa Pim van Lommel, cardiologo olandese, che ha dedicato la vita a studiare i fenomeni di Nde (Near Death Experience), esperienza di prossimità con la morte possibili specialmente negli stati di coma temporaneo o di arresto cardiaco. Nel suo libro “La coscienza oltre la vita” (Edizioni Amrita) fa una rassegna delle varie tipologie di Nde che spesso consistono in una sensazione rinfrancante di passaggio attraverso un tunnel, in direzione di una luce, altre volte sembrano permettere di osservarsi fuori da sé stessi come in un sogno. Van Lommel, insieme con alcuni colleghi, ha pubblicato su questi eventi un pionieristico e controverso studio su “Lancet” nel 2001. L’interpretazione delle esperienze al confine con l’al di là ha portato il medico olandese a formulare una concezione della realtà che attraverso vari richiami alla fisica quantistica ipotizza l’esistenza di una coscienza onnipervadente al di là dello spazio e del tempo che sorregge le nostre coscienze individuali. Van Lommel non usa toni da predicatore e ammette candidamente che la sua visione del mondo è un’ipotesi suggestiva ma indimostrata. La maggioranza dei neuroscienziati, che considera invece la coscienza come un prodotto del cervello, non giudica le sue spiegazioni scientifiche e spiega le esperienze Nde come una residua attività cerebrale non misurabile con l’elettroencefalogramma. Alcuni hanno riferito di aver visto una luce alla fine di un tunnel, mentre altri dicono di aver galleggiato sul proprio corpo, guardando i medici cercare di salvare la loro vita. Ma la verità dei racconti delle persone che hanno avuto esperienze di "quasi morte" è stata sempre discussa. Gli scienziati hanno, ora, scoperto che la coscienza di una persona continua a funzionare anche dopo che il corpo ha cessato di mostrare segni di vita, il che significa che l'individuo è consapevole della propria morte. E ci sono persone che rivelano che dopo essere "quasi morti " (ovvero che il cuore ha smesso di battere per qualche minuto) sia riuscito a sentire la propria morte annunciata dai medici. Studi dimostrano: il cervello continua a funzionare per ore dopo la morte.
Noi non possiamo scegliere la modalità del funzionamento della morte. Certo, sarebbe (un sacco bello) se il morire fosse come il dormire. Ti giri su un fianco, cominci a pensare, e il momento che passi dallo stato di sveglio al sonno non riesci nemmeno a percepirlo. Tutto tranquillo, nessun dolore e tunnel luminosi.
Lommel parla di quello che accade dallo stato di pre-morte, e non della morte, al ritorno alla vita.
Parliamo dei risultati di una ricerca scientifica fatta da Peter Fenwick, neuropsichiatra londinese, e Sam Parnia, ricercatore clinico all'ospedale di Southampton. Per un anno i due hanno studiato 63 casi di pazienti sopravvissuti ad arresto cardiaco. Alcuni hanno parlato di sensazioni di pace e gioia, tempo accelerato, perdita di percezione del corpo, di una luce brillante e dell'ingresso in un altro mondo.
Questo è un post dove persone affermano fatti strani. Io credo nella loro sincerità, ma assolutamente non è possibile affermare l'esistenza dell'anima.
Per esempio, nel pieno di un infarto cardiaco il cervello potrebbe inviare segnali alla pupilla che restringendosi possa dare la sensazione di vedere un tunnel, oppure in un ictus cerebrale il sangue che esce potrebbe riportare in superfice la visione di un volto conosciuto.
Inoltre, nei miei pensieri non c'è spazio per fantasie paradisiache.



sabato, febbraio 10, 2024

Una realtà piena di incubi

 


Franza Kafka, la bambina e la bambola. Una storia vera.
Passeggiando per il parco Stiglitz, a Berlino, lo scrittore boemo incontrò una bambina, Elsi, che piangeva disperata: aveva perduto la sua bambola preferita. Colpito dalla sua disperazione, riuscì a trovare un espediente dolcissimo, inventando una storia per spiegare la sparizione, lasciando a tutti noi una indimenticabile quanto veritiera lezione di vita: “Tutto ciò che ami probabilmente andrà perduto, ma alla fine l’amore tornerà in un altro modo”.
Kafka è una delle maggiori figure della letteratura del XX secolo e importante esponente del modernismo, del surrealismo e del realismo magico.
Kafka geniale. I suoi racconti un mito del surreale e del fantastico. E di certo il punto d'arrivo che immaginava non ha nulla a che vedere coi nostri.
Anzi, mi chiedo, la nostra società oggi ha un punto d'arrivo? A me sembra piuttosto che ci sia un grande smarrimento, tutti travolti dal niente, non c'è osservazione, non c'è ragione. Discorso generalizzato, ci sono le dovute eccezioni, per fortuna.
Esiste un punto d'arrivo, ma nessuna via; ciò che chiamiamo via non è che la nostra esitazione.
Gli uomini diventano cattivi e colpevoli perché parlano e agiscono senza figurarsi l'effetto delle loro parole e delle loro azioni. Sono sonnambuli, non malvagi.
Il punto di arrivo di Kafka rappresenta la nostra realtà, quindi coincide con il comportamento umano.
A Kafka sono associate visioni opprimenti di un chiuso mondo di colpa, di un uomo prigioniero di prospettive inquietanti e di paradossi angosciosi e insolubili: infatti le più famose opere di Kafka, il romanzo Il processo, i racconti la metamorfosi, Il verdetto, nella colonia penale , narrano di colpe innominate e innominabili, di punizioni, di terribili esecuzioni; tanto che l’aggettivo *kafkiano* viene usato oggi, anche da chi Kafka non l’ha mai letto, ad indicare una situazione assurda, allucinante, angosciosa e incomprensibile a un tempo.
L'argomento di questo post è il confronto tra esperienza e ragione, ma i commenti sono tutti dedicati a Kafka, perché lo scrittore boemo riesce sempre a calamitare il pensiero dell'uomo che vive una realtà piena di contraddizioni piena di incubi.
Per Giussani si conosce solo ciò di cui si fa esperienza, ma l’esistenza del Mistero (che per Kant è una pura idea della ragione, un passaggio indebito dal fenomeno a qualcosa di oltre) per Giussani è una conoscenza “implicata” nella stessa esperienza: “Che la ragione – scrive Giussani nel Senso religioso – si senta ‘forzata’ a cercare altri princìpi, tale ‘costrizione’ è implicata nell’esperienza, è un fattore dell’esperienza stessa: negare questo passaggio è contro l’esperienza, è rinnegare qualcosa implicato in essa”.

martedì, febbraio 06, 2024

È nel dare che riceviamo

 


Non a caso il solitario risolve (e male) il problema della solitudine come ultima spiaggia, mentre altri sono fin troppo esigenti (Anonimo).
In pochi però si presentano disponibili con tutti (o quasi) soprattutto quando le energie vitali non lo permettono.
Io non mi sono mai sentito solo, almeno per ora, perché ho sempre percepito la presenza delle persone a cui voglio bene intorno a me. D'altro canto, al contrario, soprattutto tra i miei amici, mi è capitato di percepire il loro sentirsi soli.
In questo caso penso che sia necessario chiedere ed ascoltare la risposta e far comprendere che, nonostante tutto, una presenza su cui contare c'è.
Tuttavia, penso che il più delle volte il sentirsi soli ha a che fare con sé stessi e che la soluzione, quindi, possiamo essere proprio noi.
I fatti negativi della vita spengono la capacità di amare. Qualche errore lo facciamo noi e cattiverie arrivano dagli altri.
Riflettere e aspettare che l'affettività si riprenda un po' alla volta. Il problema si risolve con un incontro, quello che il tuo cuore andava cercando. A me è successo così.
Tra l'essere solo e percepire la solitudine c'è una grande differenza. Quando sei solo ti manca una presenza, che può essere la moglie o il marito, una fidanzata o il fidanzato. Ne senti la mancanza e la sofferenza ti può schiacciare, ma passa con il cessare della causa che l'ha provocata.
Sentirsi isolati, invece, non dipende dell'assenza dell'altro, perché i tuoi affetti li hai accanto a te.
Il sentirsi isolato è una sensazione tremenda. Hai tante persone attorno, anche la moglie e i figli, eppure senti una grande solitudine. Significa che il tuo egoismo è incapace di percepire l'amore degli altri.
Questo sentirsi isolato, secondo Cesare Pavese, si cura in un solo modo, andando verso le persone e "donando" invece di "ricevere". Si tratta di un problema morale prima che sociale e bisogna imparare a lavorare, a esistere, non solo per sé ma anche per qualche altro, per gli altri, per le persone che credi di amare. Finché uno dice "sono solo", sono "estraneo e sconosciuto", "sento il gelo", starà sempre peggio. È solo chi vuole esserlo. Per vivere una vita piena e ricca bisogna andare verso gli altri, ascoltare le loro esigenze, i loro desideri e aiutarli a ottenere quello che cercano.
Però magari si sente solo perché circondato da persone che lo fanno sentire solo. Non sempre siamo circondati dalle persone giuste. Spesso succede negli ambienti di lavoro, nelle comitive e in alcuni casi, purtroppo in alcuni casi succede anche in famiglia. Poi ci si può sentire soli perché si hanno idee diverse del gruppo a cui si appartiene: a scuola, al lavoro, tra gli amici. E' complicato secondo me. Poi certo, bisogna donarsi agli altri, ma anche gli altri devono donarsi a noi. Dovrebbe essere una cosa reciproca, è vero che l'amore è essenzialmente dare, ma ciò non significa che non si debba ricevere, e con ricevere intendo il desiderio dell'altro di condividere qualcosa con noi che crede di amare. L'amore è uno scambio, tutti devono donare.
In un mondo come il nostro, spesso ammalato di individualismo e di egoismo, affascina incontrare persone capaci di amare e di donare senza riserve. Tutto questo è possibile perché Dio ha creato l’uomo per amore e lo chiama all’amore. La fondamentale vocazione di ogni uomo è quella di amare. È l’amore che dà significato alla vita. «L’uomo non può vivere senza l’amore. Egli rimane per sé stesso un essere incomprensibile, la sua vita è priva di senso se non gli viene rivelato l’amore, se non si incontra con l’amore, se non lo sperimenta e non lo fa proprio, se non vi partecipa vivamente» 
(Giovanni Paolo II, Redemptor hominis, n. 10).



venerdì, febbraio 02, 2024

Hegel lo preferisco a Schopenhauer

 


Hegel rappresenta il caso più lampante di Romanticismo non pessimista: egli è convinto che l’uomo possa, avvalendosi della ragione, raggiungere l’infinito. È uno dei filosofi più ottimisti della storia per questo esorcizza anche il negativo, che è solo un momento, un passaggio obbligato verso la certezza del Mistero.
Poiché l'uomo non è in grado di valutare anche in chiave prospettica il positivo e il negativo, ogni accadimento della sua vita necessita di una lettura diversa.

Hegel a sostegno della sua tesi cita Seneca:

“Preso dal vortice del lavoro e degli impegni, ciascuno consuma la propria vita sempre in ansia per quello che accadrà e annoiato di ciò che ha. Chi invece dedica ogni attimo del suo tempo alla propria crescita, chi dispone ogni giornata come se fosse la vita intera, non aspetta con speranza il domani, né lo teme (Seneca)".

Il tempo si pone come qualcosa che è distinguibile in parti e quindi divisibile: presente, passato e futuro. Ma queste parti del tempo, che costituiscono l’orizzonte della nostra vita, quando vengono analizzate, diventano prima inafferrabili per poi quasi dissolversi: passato e futuro, infatti, sembrano appartenere piuttosto al nulla che all’essere, sono varianti per così dire del nulla: giacché l’uno non è più, l’altro non è ancora. E tuttavia l’uno costituisce il distendersi e l’accumularsi nella nostra memoria dell’esperienza del nostro trascorrere cioè vivere, l’altro si pone come l’apertura dell’orizzonte del nostro agire, cioè del nostro rapportarci al mondo secondo i nostri bisogni, paure e speranze. Lo stesso presente, nella sua riduzione al puro punto senza estensione, mostra di non poter avere nessun carattere di permanenza e di stabilità come pure sembra richiedere la nostra ingenua concezione del presente.

L'opposto di Hegel è sicuramente Schopenhauer che afferma che la vera essenza della realtà è dolore, è sofferenza perenne. Volere significa infatti desiderare ed il desiderio è mancanza di qualcosa, vuoto, dolore.
Scrive Schopenhauer: «Nessun oggetto del volere, una volta conseguito, può dare appagamento durevole (…) bensì rassomiglia soltanto all’elemosina, la quale gettata al mendicante prolunga oggi la sua vita per continuare domani il suo tormento».
Tra il dolore e il piacere si colloca la noia, che è la situazione in cui viene a trovarsi l’uomo nel momento in cui placa temporaneamente i suoi desideri.
   

Anche Kierkegaard critica Hegel. Afferma che l’errore della filosofia moderna e di Hegel sta nel fatto di voler “comprendere” la realtà: la realtà non si lascia comprendere, se con ciò si intende il trasformarsi della realtà in realtà pensata, perché così non la si mantiene come realtà. Quindi, il comprendere è un regresso rispetto alla realtà.