La celebre frase: «Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo», a cui è legato indissolubilmente il nome di Voltaire, in realtà non fu mai pronunciata dal filosofo. Appartiene, infatti, ad una saggista (Evelyne Beatrice Hall) che scrisse e ricostruì la vita e le opere di Voltaire. Ciononostante, sicuramente le prese di posizione del filosofo in merito non scarseggiarono e, anche nella sua vita privata, soffriva profondamente delle conseguenze dell’intolleranza degli uomini. Ogni anno, infatti, dedicava un giorno al lutto e all’astensione da qualunque attività: il 24 agosto, anniversario della notte di San Bartolomeo (una strage compiuta nel 1572 dalla fazione cattolica ai danni dei calvinisti parigini), si dice che aggiornasse la sua casistica dei morti nelle persecuzioni religiose arrivando a contarne 24/25 milioni. Ma la sua personalità non fu esente da contraddizioni: si batteva contro le guerre, ma faceva affari lucrosi nel campo dei rifornimenti all’esercito; era un paladino della tolleranza ma intrattenne degli accesissimi diverbi con l’illuminista Rousseau, diverbi che screditavano la validità del principio dell'obiettività; infine, celebri furono le prese di posizione sull’inferiorità degli africani rispetto a scimmie e elefanti, oltre che all’uomo bianco.
Al di là di tutto, credo che la comunicazione abbia sempre quel pizzico di imperfezione che può anche far emergere un contrasto tra due persone.
È vero che questa società è fortemente individualista, ma non dobbiamo dimenticare che comunque ognuno di noi è un singolo.
Talvolta è difficile capire noi stessi, figuriamoci farlo capire agli altri.
Il problema è che certe persone se subiscono un torto, presunto o vero, ti tagliano dalla loro vita, non dimenticano nemmeno i piccoli errori, non accettano scuse e non ne vogliono proprio parlare.
Non si tratta di un pizzico di imperfezione, ma di qualcosa che io non concepisco, perché sono diverso da loro.
Il conflitto, ovvero la divergenza di opinioni è naturale ed è un bene che ci sia: l'aspetto interessante è se nel contesto di un confronto gli interlocutori siano più interessati a confrontarsi sui contenuti e rispettive argomentazioni piuttosto che misurarsi sull'aspetto formale della relazione, ovvero chi ha ragione e sa discutere meglio. Dipende naturalmente dal coefficiente di narcisismo presente in ciascuno degli interlocutori o meglio ancora dal rapporto tra narcisismo e curiosità per l'altro in particolare e per la conoscenza in generale. Personalmente ritengo che possa essere costruttiva ogni discussione non eccessivamente avvelenata dall'ansia di doversi dimostrare migliore ad ogni costo: si impara da tutti e tantissimo dai meno esperti, come i bambini ad esempio...Il vero dialogo passa attraverso il vero rispetto che significa saper ascoltare, saper andare oltre le parole udite e saper accettare che una persona la pensi in modo diametralmente opposto al tuo e non per questo diventa per te meno importante. Il mondo è bello proprio perché non esiste un individuo uguale all'altro.