I primi anni che mi sono dedicato alla teologia mi domandavo spesso: “Ma a cosa serve. Non è meglio approfondire i Vangeli?”.
Poi si incomincia a capire il nesso fra le cose e tutto cambia.
Quando mia madre mi trascinava per le parrocchie ad ascoltare la musica polifonica, io andavo malvolentieri perché la musica polifonica mi sembrava un grande guazzabuglio di parole, di note.
Un giorno ho sentito iniziare il Caligaverunt di Da Victoria e appena ha attaccato la seconda voce non ho più percepito la confusione, ho capito cos’era la musica polifonica. E quanto più entravano anche le altre voci, la terza e la quarta voce, tanto più diventava bello. Non era il pasticcio di prima.
La ragione, in senso pieno, può essere descritta come un guardare in opposizione al vedere, secondo la distinzione usata da sant'Agostino. Il guardare è tutto quanto determinato da un'attrattiva, da un'emozione, da uno stupore che fa muovere verso l'oggetto incontrato col desiderio di conoscerlo, disposti a tutto pur di conoscerlo.
Il vedere, al contrario, indica, nell'ambito di questa opposizione, un rapporto alla realtà pre-giudicato, che genera schematizzazioni, irrigidimenti, riduzioni arbitrarie.
Solo chi guarda coglie veramente il reale, cioè vede compiutamente e comprende.
Lo sguardo della ragione riconosce il vero, cioè la corrispondenza tra quello che è proposto e il proprio cuore, tra quello che si incontra e si segue e la natura originale della propria persona.
La ragione conduce l'uomo verso la libertà. La libertà è innanzitutto capacità di una percezione che nasca dal di dentro, determinata da qualcosa che suscita l'interesse dell'io: quel complesso di esigenze e di evidenze che costituiscono il volto originale dell'io, la struttura dell'umana natura. Tale percezione istituisce un paragone tra ciò in cui l'io s’imbatte e ciò che lo costituisce originariamente. E' questo paragone che dà all'uomo la possibilità di cercare la soddisfazione. La percezione che coinvolge l'io è l'inizio della liberazione, perché è l'inizio della ricerca di un modo di rapporto con la realtà che soddisfi, cioè corrisponda, risponda a ciò che pre-occupa l'io, a ciò che teologicamente si chiama cuore.
Poi si incomincia a capire il nesso fra le cose e tutto cambia.
Quando mia madre mi trascinava per le parrocchie ad ascoltare la musica polifonica, io andavo malvolentieri perché la musica polifonica mi sembrava un grande guazzabuglio di parole, di note.
Un giorno ho sentito iniziare il Caligaverunt di Da Victoria e appena ha attaccato la seconda voce non ho più percepito la confusione, ho capito cos’era la musica polifonica. E quanto più entravano anche le altre voci, la terza e la quarta voce, tanto più diventava bello. Non era il pasticcio di prima.
La ragione, in senso pieno, può essere descritta come un guardare in opposizione al vedere, secondo la distinzione usata da sant'Agostino. Il guardare è tutto quanto determinato da un'attrattiva, da un'emozione, da uno stupore che fa muovere verso l'oggetto incontrato col desiderio di conoscerlo, disposti a tutto pur di conoscerlo.
Il vedere, al contrario, indica, nell'ambito di questa opposizione, un rapporto alla realtà pre-giudicato, che genera schematizzazioni, irrigidimenti, riduzioni arbitrarie.
Solo chi guarda coglie veramente il reale, cioè vede compiutamente e comprende.
Lo sguardo della ragione riconosce il vero, cioè la corrispondenza tra quello che è proposto e il proprio cuore, tra quello che si incontra e si segue e la natura originale della propria persona.
La ragione conduce l'uomo verso la libertà. La libertà è innanzitutto capacità di una percezione che nasca dal di dentro, determinata da qualcosa che suscita l'interesse dell'io: quel complesso di esigenze e di evidenze che costituiscono il volto originale dell'io, la struttura dell'umana natura. Tale percezione istituisce un paragone tra ciò in cui l'io s’imbatte e ciò che lo costituisce originariamente. E' questo paragone che dà all'uomo la possibilità di cercare la soddisfazione. La percezione che coinvolge l'io è l'inizio della liberazione, perché è l'inizio della ricerca di un modo di rapporto con la realtà che soddisfi, cioè corrisponda, risponda a ciò che pre-occupa l'io, a ciò che teologicamente si chiama cuore.
Post sviluppato da appunti presi nei corsi di CL sul pensiero di Luigi Giussani.
Interessante, Gus. Molto suggestiva la distinzione tra vedere e guardare.
RispondiEliminaSi può dire dunque che il guardare è generato da un desiderio, da un sentimento che proviamo, quindi è appunto libertà perché guardiamo ciò che vogliamo guardare, perché spinti da questo 'motu proprio' generato dai nostri sentimenti.
Guardare è capire il significato ultimo di quello che si vede.
RispondiEliminaVediamo tutto ma guardiamo poco. E capiamo ancor meno. ;)
RispondiEliminaNon mi sembra che sia il tuo problema. Forse esageri anche.
EliminaMolto bello. Ci vuole una intelligenza superiore per percepire tutto ciò.
RispondiEliminaTipo a me manca. Faccio fatica.
Sono ancora immatura verso questo aspetto. Sono ancora piena di parole.
Diversamente intelligente. Sei attratta da altri argomenti.
EliminaBacio Anna.
Un po' come sentire e ascoltare. Non è mai la stessa cosa.
RispondiEliminaBuon week end Gus.
Ho indagato anche sulla differenza tra sentire ed ascoltare,
RispondiEliminaGrazie.
Sempre il Sole per te.
Avrei detto il contrario: vedere è superficiale, guardare è scrutare a fondo^^
RispondiEliminaMoz-
Il guardare è un vedere per conoscere la ragione di una realtà.
EliminaIo direi che chi vede percepisce, mentre l’azione del guardare è un poco più fredda. Cerco di spiegarmi meglio, l’azione del guardare implica sforzo e concentrazione, tuttavia non porta a nulla se non si trasforma in atto del vedere. Per farla breve io direi “tutti guardiamo ma pochi sanno vedere”. Ciao Gus e buona serata.
RispondiEliminasinforosa
Guardare è il vedere dell'anima.
EliminaCiao Sinforosa.
Io ti correggerei dicendo che tutti vediamo, insomma quasi tutti, pochi guardano. Guardare, osservare, prestare attenzione ai particolari. Nasce un arricchimento. Ho una memoria fotografica. Quindi guardo, vedo, ricordo mille particolari.
RispondiEliminaVado al tema: il canto. Che cresca la passione per il canto liturgico. Che nasca un desiderio di cantare sempre meglio per accompagnare le nostre messe. E oltre al canto anche le pause di silenzio per meditare.
Oh dimenticavo: buonaserata e bacio
EliminaLucia, tu hai insegnato catechismo e conosci bene quello che ho scritto e ha detto Sant'Agostino.
EliminaGrazie.
Bacio.
P.S
Sono felice quando scrivi.
Non si conosce una realtà se non cogliendone il senso. E' venuto il momento di riconquistare la profondità della ragione, resa oggi pericolosamente superficiale.
RispondiEliminaLa ragione è quell'originale apertura con cui l'uomo percepisce il senso del reale.
E non si conosce una realtà se non cogliendone il senso.
Se ho una macchina e la esamino pezzo per pezzo, fino ai più minuti componenti e non ne capisco il senso, cioè a cosa serve, la sua funzione nella totalità, non posso dire di conoscerla.
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RispondiEliminaGus O.
+شــارب ببسي ونايم بتكسي
Grazie.
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+Anna Piediscalzi
Ciao.
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RispondiEliminaE' più veloce ma c'è l'ostacolo del terribile codice CAPTCHA.
RispondiEliminaNo, non si può.
Oggi, mi sento dispettoso.
RispondiEliminaMetto pure gli anonimi e se mi capita una boltta di culo potrebbe scrivermi anche Vipero, ma quello preferisce le donzelle in fiore :)
RispondiElimina... "perché è l'inizio della ricerca di un modo di rapporto con la realtà che soddisfi, cioè corrisponda"...
RispondiEliminaMa anche no.
Non si può definire teologicamente cuore, o semplicemente cuore, qualcosa che deve in qualche modo completare o piacevolmente completarci. L’attenzione è osservare in solitudine un cammino, la sola strada vulnerabile al mistero...e nemmeno tanto.
E' ancora un' attenzione leale intesa come percezione, intuizione,all'atto del predisporsi totalmente a qualcosa che, comunque potrebbe,anche, non dare nemmeno una piccola gioia.
E' il cuore.
Si parte dal presupposto che nel nostro Io è scritto quello che cerchiamo.
RispondiEliminaQuando l'Io si imbatte in quello che vuole l'uomo non sogna più ma vive l'amore di quello che cercava, il cuore ( l'affettività) palpita di gioia.
Oh no. Si muore più spesso di dolore che gioia. Il cuore sente e ne risente ci sono più diavoli che "santi"
RispondiEliminaE sono realista non pessimista. Il mio fine cammino non è tanto lontano. Lo so.
Mi piace questa distinzione tra il guardare e il vedere. Personalmente credo che, con la vecchiaia, il guardare a fondo sia diventato il mio scopo principale. Forse il tempo a mia disposizione mi aiuta in questo. Abbraccioooooo siempre
RispondiEliminaNon farti sfuggire l'occasione.
EliminaAbbraccio.