La parrocchia è
ambiente, ma proprio perché non è stata
considerata tale ha
preteso di essere, ed è stata troppe
volte immaginata come un
deus ex machina, una specie
di monopolio automatico
alla creatività dello Spirito.
Mentre la parrocchia
deve innanzitutto sentirsi missionaria
e quindi concepirsi come
un ambiente in cui
evangelizzare e da
evangelizzare.
D'altra parte i
parrocchiani vanno a scuola e al lavoro
e trovano un ambiente
diverso, e perciò occorre
una metodologia di
presenza la cui necessità in
parrocchia può sfuggire
o può essere meno sensibilmente
percepita come
necessaria.
Allora da una parte
questi ambienti costringono ad
una maggiore maturità i
fedeli di una parrocchia; dall'altra
questi stessi fedeli,
tornando in parrocchia, possono
portarvi uno spirito
missionario che prima non c'era.
Sarebbe una cosa tragica
concepire la parrocchia
come una realtà
esauriente, perché in questo modo
ci si svuota dell'umiltà
e della vivacità del sentirsi
oggetto e soggetto dello Spirito.
Interessante questo tuo post, ora non ho tempo disponibile per commentarti , per me il lunedì significa correre... torno poi .Un abbraccio
RispondiEliminaDani
Eccomi!
RispondiEliminaVivo attivamente nella mia parrocchia da trentasette anni, ho iniziato come catechista, che è stata un’esperienza fondamentale per la crescita spirituale e umana, poi come animatrice per il gruppo giovanile (senza mai tralasciare la mia testimonianza da catechista, che vivo ancora oggi), molto bella come esperienza, anche se molto impegnativa, dove ho ceduto il passo ai giovani sacerdoti che si sono avvicendati, perché io sono mamma ed il mio tempo era limitato, e agli interrogativi dei giovani, molto profondi e enigmatici occorrevano risposte adeguate.
Sono volontaria in altre iniziative parrocchiali caritative.
La parrocchia per me è stata scuola di crescita e confronto, ma anche di aiuto vicendevole,nei momenti tristi che la vita ci presenta, non mi sono mai sentita sola, ma parte di tanti amici fraterni, dove al centro c’è il Signore che ci unisce. Una grande famiglia!
Ciao August, buona serata, e un abbraccio fraterno!
Dani
La parrocchia deve essere il braccio della Chiesa.
RispondiEliminaLo so che sei particolarmente attiva.
Grazie per l'abbraccio fraterno che ricambio.
Aderendo alla vita di una parrocchia doni mani e cuore a tutte le persone che ne fanno parte.I Sacerdoti in primo piano. Il pensiero vaga lontano, fondendo in immagini serene passato e presente in una impalpabile visione di tanta gioia.Nella Parrocchia si vivono grandi avvenimenti e si impara a raccogliere le piccole cose perchè qui la vita è una lunga catena di briciole quotidiane, a prendere lezioni di dignità e di coraggio dalle stesse anime dei bimbi che ti sono stati assegnati perchè per loro, tu, sei testimone dell'amore di Cristo, di quello di Maria e dello Spirito Santo.
RispondiEliminaLa Parrocchia è la comunità dei credenti.
Grazie come sempre. Sto viaggiando con i pattini a rotelle.....
Buona giornata e Bacio. Dopo l'Angelus....
Lo so Lucia.
RispondiEliminaBacio.
Bachmann Ingeborg: "ma insomma miei cari, perchè dobbiamo dire la verità?"
RispondiEliminaCosa le rispondi? Ora se riesco preparo il post. Bacio
“Il miracolo dell'Io è appunto questo: dovunque parli, l'io vive; non può morire - per quanto schiantato, o oppresso dal dubbio, non più credibile e amputato - questo lo privo di garanzie!”.
RispondiEliminaLa Bachmann mostra che la scienza letteraria presume erroneamente di dare indicazioni sulle opere come se fossero fatti compiuti, neutrali e obiettivi, anziché indagarli in relazione al modo di essere nostro e al modo di essere del tempo, e così constata gli effetti ridicoli suscitati dal bisogno di certezze. La storia letteraria trascura la dimensione essenziale degli scrittori del passato rispetto alle ansie presenti nel nostro tempo, connesse alla ricerca di quella che la Bachmann definisce una dismisura, anziché di una misura, di un codice, di un paradigma. Dismisura che si manifesta come sogno di un nuovo orientamento di pensiero e di scrittura.
La tradizione filosofica e letteraria, le opere degli antichi maestri , come “fatti compiuti” direbbe la Bachmann, non hanno significato nei momenti più decisivi della nostra esistenza. Ce ne occupiamo e li sottoponiamo al nostro esame intellettuale quando non abbiamo un effettivo interesse per loro e non appena siamo afflitti da un effettivo tormento della nostra vita essi non ci dicono più nulla e li mettiamo da parte.
Analogamente in Malina scrive la Bachmann che l'Io in un momento decisivo della sua esistenza non sa cosa di tutti i libri che ha letto: “mi guardo intorno nella biblioteca fra i miei libri [ ... ] che assurdità, perché quel che ho letto finora a cosa mi serve se non posso usarlo per Ivan”.
Valga per tutto la parola indimenticabile, struggente di nostalgia per questo mito, che la Bachmann ha scritto in Malina:
Io mi riproduco nelle parole e riproduco anche Ivan, creo una nuova stirpe, dall'unione mia e di Ivan viene al mondo ciò che la creazione ha voluto: / Uccelli di fuoco / Azzurrite / Tuffo di fiamme / Gocce di giada.
Fatto approfondimenti su questa scrittrice. Sono finita a leggere l’Io di Beckett che “si perde in un mormorio”. Diamo voce all’Io? Il miracolo dell’Io è appunto questo: dovunque parli, l’Io vive”. E' così?
RispondiElimina"Tutto quello che ho letto questa sera a cosa mi servirà?"
Sono una piccola ebrea errante che troverà pace solo al traguardo del paese felice. Buonanotte mio caro amico Gus. Bacio