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martedì, marzo 30, 2021

Un incontro importante


Se piove, mi chiami accanto e mi indichi attraverso i vetri quel che succede fuori, distorto dai goccioloni sulla finestra, da quell'idea di mosso che ha la pioggia quando bagna come di virtualità tutto quello che scopre, toccandolo, appoggiandovisi sopra. – Guarda, piove, mi dici e mi convinci ci sia qualcosa da guardare, rannicchiati spalla contro spalla sul davanzale, e io ti dico – Tutte le volte la stessa storia, ma è una finestra, un po’ di pioggia! Dici – Zitto, e guarda; apri la finestra con l’acqua che rimbalza sul marmo e ci colpisce di riflesso. – Dai, che dopo ci tocca asciugare; ma dici che ti piace l’odore fertile dell’acqua, ti piacciono le persone in pantaloncini che camminano svelte, indecise tra il fastidio e il sollievo, guardi i palazzi di fronte, ti piace il nome dell’inverno pronunciato dalla bocca dell’estate, il brivido sulla pelle fuori stagione, il fatto che non si possa uscire, gli amici che chiamano per disdire la serata alla discoteca all'aperto, la televisione spenta.  E io insisto – È pioggia, è solo pioggia: non può piacerti, è una cosa stupida. Tu dici che non c’è niente di male a essere stupida. E’ che la pioggia ti piace proprio, le gocce sul naso, o su una ciglia. Io vorrei prenderti e tu non vuoi.  Il rumore delle auto sul fondo bagnato, le onde che alzano piano, ti piace quell'odore e colore di cenere che non è un fuoco spento, non è rovina, ma è una proprietà dell’acqua, è la cromatura d’una città sottomarina, ma senza i fronzoli dei coralli, è calma e bellezza, il segreto in un’ostrica. – Sei scema; ti dico all'orecchio, scrolli e ridi per togliermi la parola, il mento sulle mani, una freschezza sulla pelle. Resteresti a guardare la pioggia per ore, ne sei capace, poi fai una doccia, metti l’accappatoio, l’asciugamano attorno alla testa, e se piove ancora ti rimetti a guardala, incantata, che donna particolare che sei! – Chiudiamo?  E’ un lago qua per terra, attenta ai piedi. La chiudiamo per metà, la tua parte rimane aperta, allora io mi sposto dietro di te, ti abbraccio e poggio il mento sulla spalla, e sei contenta se me ne sto zitto e guardiamo la pioggia, le persone che corrono nelle portiere in macchina, gli ombrelli infelici, pensavano se ne riparlasse tra mesi.  Ma è possibile che non hai niente da fare, da startene a guardare la pioggia?  - È un acquazzone, una cosa passeggera; mi piace starti avvolto contro, mi piace accarezzarti le braccia, il corpo, mi piace amarti senza fare l’amore, mentre guardi la pioggia e dici che ti piace guardarla, che non ti stancheresti mai, che è una cosa stupida e che non c’è niente di male, nelle cose stupide. Mi viene male alla schiena, mi formicolano le gambe. Chiudo la finestra, prendo uno straccio dalla cucina e asciugo il pavimento, rimango a guardare mentre piove, ma se non ci sei tu a guardare la pioggia mi diventa oltre che stupida, mi diventa inutile e insulsa, e non la guardo più.


domenica, marzo 28, 2021

Già e non ancora

 


Giovanni (20,1-9)


In particolare:


....Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò.


Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario- che era stato sul suo capo- non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte.
Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette.
Il corpo di Gesù, risorgendo, non si era strappato di dosso le scomode fasciature, ma egli ne era uscito senza scomporle, come se il corpo di Gesù fosse svanito dall’interno del lenzuolo (sindone) che l’avvolgeva e quindi la sindone e le fasce, non avendo più cosa avvolgere, si sono semplicemente afflosciate su se stesse.
Pietro e Giovanni temevano che il corpo di Gesù fosse stato rubato. Giovanni, invece, constatò che gli elementi erano esattamente nella stessa posizione dove erano stati lasciati 3 giorni prima, durante la sepoltura.
Il telo di lino che avvolgeva Gesù era dove prima giaceva il suo corpo, cioè sulla pietra sepolcrale, afflosciato e non srotolato.
Poco prima vi è Maria di Magdala che giunge al sepolcro, e pensa che Gesù sia stato portato via.
I due uomini arrivano dopo, e Giovanni credette per amore. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura dice l'apostolo.
A me ha sempre colpito questo passaggio, di Giovanni che arriva, si china, vede, ma non entra, per lasciare entrare Pietro, il più anziano, colui che Gesù scelse come pietra della Chiesa, lo fa entrare, e poi entra. Il significato è evidente: la priorità della Chiesa. Giovanni non entra per rispetto della figura di Pietro, il primo Papa.
Maria di Magdala vede solo la pietra rimossa.
Le donne trovano la tomba vuota e l'angelo (Vangelo secondo Luca); Sant'Apollinare Nuovo, Ravenna, VI secolo.
La «tomba vuota» è un episodio riferito nei vangeli canonici, la scoperta da parte delle donne che erano andate alla tomba di Gesù per imbalsamarne il corpo con olii aromatici che la tomba era aperta e vuota; un messaggero (un giovane uomo, un angelo, due uomini o due angeli, a seconda del vangelo) rivela loro che Gesù è risuscitato.
Tutti e quattro i vangeli canonici riportano l'episodio della tomba vuota, con differenze significative tra le varie versioni, ma in ogni caso l'episodio è la prima attestazione evangelica della risurrezione di Gesù (l'unica, nella versione originale del Vangelo secondo Marco, senza cioè il «finale lungo»), precedente alle apparizioni di Gesù.




venerdì, marzo 26, 2021

Il dubbio e il nulla

 


La tentazione ci allena, il dubbio è un tormento. Lui, però, non era tormentato dalla tentazione. Tra le prove e il suo grido: non credo più! c'era la differenza che distingue l'assenza dal nulla. Il suo posto non è vuoto; non vi è nulla.
In questi giorni mi è capitata tra le mani la prima versione italiana del romanzo, L'impostura, che lo scrittore cattolico francese Georges Bernanos aveva pubblicato nel 1927.
Lo sto rileggendo e mi impressiona la figura di questo sacerdote, l'abbé Cénabre, che precipita nel gorgo dell'incredulità divenendo in pratica un prete ateo, un ministro di Cristo che non crede in Cristo. Ho scelto poche righe che invito a scandire lentamente, soprattutto nella sottile ma acuta distinzione tra «assenza» e «nulla»: sì, l'assenza non è identica al nulla. E questo sacerdote è ormai andato oltre la tentazione: essa è per certi versi preziosa, perché ci allena (Cristo stesso vi si sottopone). È andato oltre il dubbio lacerante che tormenta e quindi tiene vigile la coscienza. Egli è andato oltre anche l'assenza di Dio, ossia il suo silenzio.
Il posto vuoto in casa è pur sempre il segno che manca qualcuno che si rimpiange o si attende di nuovo. No, nell'anima dell'abbé Cénabre non c'è più uno spazio vuoto da colmare, c'è semplicemente il nulla. Perciò, non si può neppure dire che sia ateo nel senso nobile del termine, cioè che viva con un'assenza con la quale si confronta.
Per lui ormai è il nulla il grembo che lo sta risucchiando, un atteggiamento che non permette nemmeno di sentire la mancanza della fede e dell'amore, della realtà e della ricerca. Per questo, egli già da giovane seminarista «non sapeva voler bene… neppure a sé stesso». Può essere in agguato per tutti questo rischio, questo vuoto.
L'assenza è la mancanza di comunicazione. Un distacco definitivo.
Non è casuale. Ha un significato che a volte è difficile da comprendere perché la lontananza non scoppia all'improvviso ma matura lentamente giorno dopo giorno fino a l'esplosione manifesta.
Mi piace la valenza cangiante dell'assenza.
Il camaleonte si acquatta tra le foglie e, nascondendosi, diventa foglia...ed è ancora più presente perché si immedesima nella natura che lo circonda...immobile per non farsi catturare resta fermo in attesa di riprendere a camminare e di diventare un altro...un colore nuovo.

mercoledì, marzo 24, 2021

Vivere il Desiderio

 




Senza negare la visione negativa del buon Schopenhauer, il desiderio ha una connotazione positiva. Il desiderio è ciò che spinge ogni uomo: il desiderio di mettere su famiglia, il desiderio di migliorarsi, il desiderio di conoscere e di scoprire cose nuove.
Il desiderio può anche essere di cose superflue, perché è giusto che la vita sia fatta anche di leggerezza e di un superfluo che faccia da completamento alle cose più importanti.
L'umanità non spegne il desiderio, semplicemente il desiderio è rivolto solamente alle cose superflue. Perché oggi conta l'apparenza, che è fatta di cose superflue.
E' vero che spesso cose superflue diventano necessarie, come i telefonini.
Forse anche in buona fede non ci accorgiamo che il superfluo lo facciamo diventare necessità.
D'altro canto è vero che chi ci ha preceduto aveva desideri più elevati, necessità da raggiungere; non il superfluo trasformato in necessità.
Io considero Covid-19 qualcosa che passa e la paura di morire in ogni caso è sempre presente in noi. La gioia di vivere nasce proprio dalla nostra reazione alla morte, morte che è difficile di accettare.
La filosofia del motto "homo homini lupus" è una scelta che qualcuno ha già fatto anche prima del virus, mentre la crisi economica sarà superata in tempi brevi.
Sì, l'abbraccio ci manca, ma quando tornerà seguiterà a convivere con egoismo.
Ognuno di noi percorre una strada. In certi momenti cerca scorciatoie e percorsi diversi, ma quasi sempre torna sulla prima scelta. I grandi cambiamento sono rari.
Sul rischio educativo il filosofo-teologo Luigi Giussani ha scritto un libro. Educare è difficilissimo specialmente quando si cerca di innovare e considerare l'educazione avuta come da buttare, invece bisogna ripartire dalla tradizione, quel dato originario, con tutta la struttura di valori e significati, in cui il ragazzo è nato, si deve dire che la prima direttiva per un'educazione dell'adolescenza è la leale adesione a questa tradizione. Ripartire non significa copiare, perché nella tradizione ci sono concetti obsoleti da eliminare e aggiungere il nuovo, da non confondersi con il diverso. Insomma, il nuovo è un'aggiunta di valori che la società ci offre.
Ma cosa vuol dire oggi educare? E chi educa? In che cosa si impegnano le nuove generazioni? Per il momento che occupa nella cronologia di ogni vita, in tutti i tempi la gioventù ha presentato un certo spettacolo di crisi. Se oggi si parla in modo particolare di crisi dei giovani non è dunque, per vari aspetti, un fatto nuovo. La sua particolarità piuttosto deve essere ricercata in una crisi dell'educazione, dei fattori educativi. Crisi dunque di educatori.
I tempi cambiano e col benessere si avverte molto meno il legame comunitario di mutuo soccorso all'interno di gruppi di persone, la realtà ha perso spessore, consistenza e profumo ed è spesso bidimensionale come lo schermo attraverso il quale comunichiamo. Forse stiamo violentando la nostra natura, forse è una evoluzione culturale che nei millenni arriverà a modificare anche la nostra struttura fisica. Io non lo so. So solo che ciascuno di noi cercherà di adattarsi e vivere in questa diversa realtà, qualcuno cercherà di cambiarla, qualcuno si scaverà la propria nicchia sicura. Non so noi chi saremo.


lunedì, marzo 22, 2021

Il cuore che incontra il suo sogno

 


Nell'interno di Comunione e Liberazione nasce *Memores Domini* un'associazione laicale cattolica i cui membri vivono i precetti di povertà, castità e obbedienza sotto l'egida del movimento ecclesiale di Comunione e Liberazione, avendo come ambito di apostolato il mondo del lavoro. 
L'associazione viene chiamata dagli aderenti e dai simpatizzanti di Comunione e Liberazione anche Gruppo Adulto. Il decreto di riconoscimento del Pontificio Consiglio per i Laici porta la data dell'8 giugno 1988.
Sebbene i suoi membri provengano dal movimento fondato da Luigi Giussani, quest'ultimo non ha fondato i Memores Domini, ma ha assecondato l'aspirazione di alcuni suoi ex-studenti a vivere secondo i precetti di povertà, castità e obbedienza, nel rispetto dell'imperativo benedettino ora et labora.
L'associazione si è inoltre ispirata all'istituto secolare Comunità di San Giovanni, per la spiritualità e la struttura pensate per esso da Adrienne von Speyr e Hans Urs von Balthasar. 
Un altro fallimento con lotte interne, gelosie e cattiverie.


domenica, marzo 21, 2021

Rashōmon

 


Nell'inserto domenicale del Sole 24 Ore, lo scrittore G. Carofiglio dedica un articolo alla difficile arte, secondo lui creativa, di porre le domande giuste, e solo essenziali, durante gli interrogatori. Tra l'altro esamina il problema del rapporto tra comunicazione e realtà. Non sotto aspetti filosofici o metafisici, scientifici o fantascientifici, spesso oziosi, ma più significativamente comunicativi.
La traduzione in parole condiziona la struttura stessa dei fatti, della conoscenza, di quella che per tradizione convenzionale – e illudendoci – chiamiamo “realtà?” Ci s'inganna specialmente sulla fiducia che ne esista una sola, quando ne possiamo mettere a confronto molte versioni, di cui alcune contraddittorie. Tutte risultano dalla comunicazione, spesso distorcente , e non da impossibili riflessi di verità oggettive ed eterne.
Il film Rashomon è un classico sempre citato quale esempio. La trama è nota: un samurai viene assassinato e le tre testimonianze appaiono al tempo stesso vere e false. Perché ognuna è dominata dagli interessi di chi le racconta. Gli angoli visuali incidono in modo determinante sulla rappresentazione, sulle derivate narrazioni e conseguente stessa costruzione, o creazione, della “realtà”. Vista come appare a soggetti diversi. Ciò che si riporta con le parole, pure da conoscenze approfondite e da testimonianze davanti a realtà in apparenza non ambigue, è solo interpretazione.
Cos'è la verità? La verità è un meccanismo di simbiosi con il reale che ti permette di avere una tua idea simile se non uguale a ciò che accade o è accaduto realmente. Naturalmente, di persona in persona, la verità cambia, poiché questa è soggettiva  per cui, ognuno, di un episodio accaduto ha una sua versione, che può essere considerata falsa da alcuni e accettata come vera da altri. In Rashomon, capolavoro assoluto, senza età e senza censure del grandissimo autore giapponese Akira Kurosawa, la verità è il tema centrale, da cui partono i numerosi rami cinematografici che innesca l’autore in un interessante e difficile meccanismo a catena.

 

giovedì, marzo 18, 2021

La solitude existe

 




La quotidianità fa parte della vita di ognuno di noi, ed è il luogo dove in fondo ci rifugiamo, quando ci sentiamo più fragili, e la solitudine diventa insostenibile.

Ma nel silenzio ci si ritrova, si ritrova quella dimensione dove puoi accarezzare i tuoi pensieri, i pensieri che diventano presenze, presenze così importanti da arrivare a scaldare il cuore.

lunedì, marzo 15, 2021

Lo sbadiglio

 



I neuroni a specchio rendono contagioso ogni nostro atteggiamento. Tu mangi un gelato e io guardandoti ho la sensazione che lo stia mangiando anche io.

martedì, marzo 09, 2021

Oggi è il nove marzo

 




Qual è il prezzo di una donna che è anche la tua ex moglie, nonché la madre di tua figlia, e si ostina a pretendere una congrua liquidazione in sede civile? Ventimila euro, più un’automobile. Così sostiene il sicario di Faenza che ha ucciso Ilenia Fabbri per conto dell’ex marito. Il quale, bontà sua, ha confessato di averglieli dati, sì, ma duemila, e con la missione di farle soltanto paura. Il tariffario va dunque precisato: duemila euro per spaventarla, ventimila e un’auto per sgozzarla. Proviamo a immaginare le trattative, con il mandante che offre quindici e il sicario che ne chiede quaranta - in fondo, se la ex vincesse la causa, potrebbe prenderne molti di più - finché ci si accorda quasi a metà strada: ventimila euro e un’automobile. Affare fatto.



Massimo Gramellini.

domenica, marzo 07, 2021

Lameggia la chiarìa


 

C'è un punto di fuga, c'è qualcosa che sfonda l'oggetto che afferriamo, per cui non lo prendiamo mai a sufficienza e per cui c'è sempre come un'intollerabile ingiustizia, che cerchiamo di celare a noi stessi, distraendoci.

Il buttarsi nell'istinto è il modo più bieco di chiudersi a questa apertura che tutte le cose reclamano, cui tutte le cose spingono.

La tristezza che si prova nel rapporto non compiuto con la persona che si ama di più, perché io non sono capace, perché lei non è capace, questa coscienza della propria incompiutezza è la caratteristica più umana della vita.

E il sospiro d'infinito si presenta sempre quando insorge il bisogno di qualcosa di finito.


Maestrale


S'è rifatta la calma

nell'aria: tra gli scogli parlotta la maretta.

Sulla costa quietata, nei broli, qualche palma

a pena svetta.

Una carezza disfiora

la linea del mare e la scompiglia

un attimo, soffio lieve che vi s'infrange e ancora

il cammino ripiglia.

Lameggia nella chiarìa

la vasta distesa, s'increspa, indi si spiana beata

e specchia nel suo cuore vasto codesta povera mia

vita turbata.

O mio tronco che additi,

in questa ebrietudine tarda,

ogni rinato aspetto co' tuoi raccolti diti

protesi in alto, guarda:

sotto l'azzurro fitto

del cielo qualche uccello di mare se ne va;

né sosta mai: ché tutte le cose pare sia scritto:

«più in là»

La curiosità di una domanda allarga la ragione perché dilata l'orizzonte del conoscibile.
Il cuore intuisce già che l'orizzonte è più ampio di quanto il mondo oggi affermi.
La nostra capacità di indagare le cose con la ragione è ispirata dal presentimento del cuore che esiste qualcosa di più grande.

Punto di fuga

Questo era appena appena adombrato e trattenuto dentro - appunto - nell’inconsapevole brivido che ho provato. Ma quando, l’anno dopo, il mio bravissimo professore di filosofia ci lesse Leopardi, avvenne un passaggio di conferma improvvisa che dilatava (oltre che confermare) l’impressione che avevo ricevuto da La Favorita di Donizetti. Mi ricordo la lettura della poesia Ad Aspasia, dove il poeta - rivolgendosi a una delle tante donne di cui si era innamorato - dice (cito parafrasando): «Non è la tua faccia che io desidero, è qualcosa che sta dentro la tua faccia. Non è il tuo corpo che io desidero, ma qualcosa di cui il tuo corpo è segno, che sta dietro di te, e io non so come arrivarvi». È come se - e qui l’idea mi fu chiara - ciò che afferriamo con la mano bramosa non lo potessimo stringere, perché il confine di ciò che afferriamo ci sfugge. C’è come - direi adesso - un punto di fuga, c’è qualcosa che sfonda l’oggetto che afferriamo, per cui non lo prendiamo mai a sufficienza e per cui c’è sempre come un’intollerabile ingiustizia, che cerchiamo di celare a noi stessi, distraendoci. Il buttarsi nell’istinto è il modo più bieco di chiudersi a questa apertura che tutte le cose reclamano, cui tutte le cose spingono.


Luigi Giussani









giovedì, marzo 04, 2021

Cos'è il senso religioso

 



La politica, in quanto forma più compiuta di cultura, non può che trattenere come preoccupazione fondamentale l’uomo. Nel Discorso all’Unesco (2 giugno 1980), Giovanni Paolo II ha detto: «La cultura si situa sempre in relazione essenziale e necessaria a ciò che è l’uomo».
Ora, secondo Luigi Giussani, la cosa più interessante è che l’uomo è uno nella realtà del suo io. Ancora in quel discorso il Papa dice: «Occorre sempre, nella cultura, considerare l’uomo integrale, l’uomo tutto intero, in tutta la verità della sua soggettività spirituale e corporale. Occorre non sovrapporre alla cultura - sistema autenticamente umano, sintesi splendida dello spirito e del corpo - delle divisioni e delle opposizioni preconcette».
Che cosa determina, cioè dà forma a questa unità dell’uomo, dell’io? È quell’elemento dinamico che attraverso le domande, le esigenze fondamentali in cui si esprime, guida l’espressione personale e sociale dell’uomo. Brevemente chiamo senso religioso questo elemento dinamico che, attraverso le domande fondamentali, guida l’espressione personale e sociale dell’uomo; la forma della unità dell’uomo è il senso religioso.
Questo fattore fondamentale si esprime nell’uomo attraverso domande, istanze, sollecitazioni personali e sociali. Il XVII capitolo degli Atti degli Apostoli presenta S. Paolo che spiega la grande ed inarrestabile migrazione dei popoli come ricerca del Dio.
Il senso religioso appare, così, la radice da cui scaturiscono i valori. Un valore, ultimamente, è quella prospettiva del rapporto tra il contingente e la totalità, l’assoluto. La responsabilità dell’uomo, attraverso tutti i tipi di sollecitazioni che gli provengono dall’impatto con il reale, si impegna nella risposta a quelle domande che il senso religioso (o il «cuore», direbbe la Bibbia) esprime.
La politica, intesa come amministrazione, è ormai irrimediabilmente avulsa da quel necessario cordone ombelicale che è il cittadino -uomo- ridotto ad impotente fagotto trascinato su una strada antitetica al suo bisogno.
il problema è che anche il concetto di politica è ridotto a merce. La merce ha un unico bisogno: essere comprata. Anche se non ha nessuna funzione o utilità.
l'uomo è ormai relegato “pezzo” di catena di montaggio. Non gli si chiede più cuore. Ma manovalanza parcellizzata sconnessa dal contesto generale. E così si coltivano “zolle” umane, con propri personalissimi annaffiatoi, accettate (nel senso poco metaforico di ascia) sulle mani del vicino. E l'unica domanda lecita al mattino, dopo un simile vocazione, è: cosa faccio di “religioso”, di sensato, di sincrono col resto che mi circonda?

mercoledì, marzo 03, 2021

EITRD




Daniele scrive: 


La mia idea parte proprio dalla considerazione che spesso tutti facciamo e cioè che di un tema non se ne deve parlare solo il giorno a lui dedicato. Allora ho pensato che per il femminicidio  o la violenza psicologica o cmq ogni forma di violenza ed abuso sulle donne, potremmo fare con altri blogger  ossia altri di voi che mi seguono :-))) e che spero aderiranno alla proposta, un giorno al mese per tutto il 2021 dove ciascuno dei blogger partecipanti, pubblicherà un post su questo tema.

EITRD

E' la storia di una violenza a una donna, una maestra che si chiamava Italia Donati. 

Arrivata in un paesino del meridione, iniziò a insegnare e affittò una stanza nella casa del sindaco, non essendoci molta scelta. Il problema nacque dal fatto che lei era molto bella ed il sindaco, benché sposato, noto come “sciupafemmine”.

Inutile dire che a quei tempi un’insegnante doveva essere al di sopra di ogni sospetto, dare il buon esempio, ed essere di comprovata moralità. Insomma, passare per amante di un uomo sposato, cosa terribile, diventava una tragedia. Per evitare le continue maldicenze e la fuga degli alunni, si sottopose a visita ginecologica che la confermò vergine. Già questa era, a quei tempi, un’esperienza traumatica. Chiese ed ottenne il trasferimento in un altro paese ma non le fu permesso neppure l’accesso con la scusante che non volevano i rifiuti dell’altro paese. Obbligata quindi a ritornare nel primo, angariata ulteriormente dalle tue amate “chiacchiere”, si tolse la vita. 

martedì, marzo 02, 2021

Esperienza e Linguaggio

 




Come "lo specchio della vita" di Pellizza da Volpedo. " Come le pecore" E ciò che l’una fa e le altre fanno. Mentre chi parla fuori dalla chiacchiera è fuori posto, chi indaga con sottigliezza è impopolare. Il pittore lo dipinse ai primi anni del Novecento, è passato più di un secolo eppure nulla è cambiato. Il genere umano va avanti per categorie e quei pochi che ragionano con la propria testa sono fuori dal gioco. Riusciremo per davvero a fare 1+1=2 accorciando le distanze che ci dividono?