I figli di Gus
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domenica, aprile 28, 2024
Ciao papà
venerdì, aprile 19, 2024
Dress code virtù teologali
Luigi Giussani dice: «La grande grazia da cui la speranza nasce è la certezza della fede; la certezza della fede è il seme della certezza della speranza» Ciò su cui si fonda la speranza è un presente: «Ma un presente è veramente presente nella misura in cui tu lo possiedi; perciò la speranza è la certezza nel futuro che si appoggia su un possesso già dato», su una grande grazia, appunto.
Perciò la speranza cristiana è tutto tranne che irragionevole. Non è una speranza campata per aria, senza punto d’appoggio, una sorta di ottimismo irrazionale contro l’evidenza dei dati del presente. Anzi, la sua ragionevolezza poggia tutta su una conoscenza verificata nell’esperienza. Per questo possiamo dire che poggia su un possesso già dato.
*La speranza è una trappola, è una brutta parola, non si deve dire. La speranza è una trappola inventata dai padroni, di quelli che ti dicono "State buoni, state zitti, pregate che avrete il vostro riscatto, la vostra ricompensa nell'aldilà, perciò adesso state buoni, tornate a casa." [...] Mai avere la speranza, la speranza è una trappola, è una cosa infame inventata da chi comanda. *
Péguy diceva: "Per sperare bisogna aver ricevuto una grande grazia.
Cosa è questa grande grazia?
La fede in Gesù Cristo.
La grande grazia è la certezza della fede, che è come un seme di tamerice, una delle più belle piante che ci siano.
Il seme di tamerice è piccolo, un piccolo seme che si confonde con la terra. Col tempo si sviluppa, si sviluppa e viene fuori una grande pianta con quei bei capelli lunghi, tutti orlati di perle che sono fiorellini, che al minimo soffio di vento si muovono come uno che soffi sui capelli lunghi di una ragazza. La grande grazia da cui la speranza nasce è la certezza della fede. La speranza, la virtù più piccola ma la più forte.
Papa Francesco è tornato più volte in questo periodo a parlare di speranza, spronandoci a guardare con occhi nuovi la nostra esistenza, soprattutto ora che è sottoposta a dura prova, e guardarla attraverso gli occhi di Gesù, “l’autore della speranza”, affinché ci aiuti a superare questi giorni difficili, nella certezza che il buio si trasformerà in luce. Io ho parlato della speranza che insieme alla fede e alla carità viene definita virtù teologale. Sono infuse da Dio nell'anima dei fedeli per renderli capaci di agire quali suoi figli e meritare la vita eterna. Sono il pegno della presenza e dell'azione dello Spirito Santo nelle facoltà dell'essere umano. Poi ho elencato due esempi di perduta speranza laica.
Infine, c'è una speranza laica che è supportata da qualche evento importante.
La speranza, senza una base forte altro non è che una casualità positiva.
Il pensiero positivo è l’abilità (ma anche l’abitudine) di orientare la mente verso uno stato di positività, superando i pensieri negativi e creandone di nuovi, più felici. Lo scopo è di affrontare con fiducia, speranza e consapevolezza gli avvenimenti della vita e di gestire al meglio anche le nostre emozioni.
Nella nostra vita, personale e collettiva, sembra essersi affievolito l’orizzonte della speranza. Il futuro ci appare troppo incerto e indecifrabile, se non minaccioso. Finiamo così per appiattirci sul presente. Ma senza speranza la vita si spegne. Queste difficoltà obbligano i credenti a purificare l’immagine che hanno della speranza, spesso a buon mercato e ‘leggera’. Il sacerdote e poeta José Tolentino Mendonça, una delle voci più autorevoli e note della cultura cattolica portoghese, in questo suggestivo articolo tesse un vero e proprio elogio della speranza, accettando la «prova del fuoco della disperazione», non ignorando l’enigma e l’assurdo della nostra storia, ma integrandoli nella visione di una speranza «umile, silenziosa, matura». In questo percorso l’Autore si ispira all’apostolo Paolo e al suo «sperare contro ogni speranza», quell’aprirsi disponibile al nuovo di Dio che ha in Abramo la sua figura umana paradigmatica e in Gesù Cristo il compimento pasquale, l’«icona della speranza che siamo chiamati a portare con noi nel tempo, accada quello che accada».
martedì, aprile 09, 2024
Sviluppo della coscienza
Le tappe di trasformazione della coscienza sono simili in tutti gli individui, indipendentemente dal tipo di società, dal periodo storico, dalla cultura e dal grado di sviluppo della coscienza etica, morale e spirituale del gruppo di appartenenza. Le fasi salienti della trasformazione della coscienza individuale sono: il limbo dell'infanzia, le passioni della giovinezza e l'introversione contemplativa della maturità.
Jung distingue tre forme naturali di sviluppo della coscienza che prende avvio con l'adolescenza: "La prima forma di coscienza, quella del semplice riconoscere, rappresenta una condizione anarchica o caotica. Il secondo stadio, cioè quello del complesso dell'Io, è una fase monarchica o monistica. Il terzo stadio rappresenta un progresso della coscienza e cioè la coscienza della dualità, di uno stato dualistico". Jung era ateo.
Nel saggio Die Psychologie der unbewussten Prozesse, "La psicologia dei processi inconsci", del 1917, Jung aveva definito il problema dell’esistenza di Dio addirittura come uno dei problemi più stupidi che ci si possa porre". La psicologia analitica può solo dimostrare la presenza di un’immagine archetipica della divinità nell’inconscio.
Scrive Jung. "Noi giungiamo alla metà della vita con la più completa impreparazione, e, quel che è peggio, vi giungiamo provvisti di preconcetti, di ideali, di verità buoni sino a quel momento. Non è possibile vivere la sera della vita seguendo lo stesso programma del mattino, poiché ciò che sino ad allora aveva grande importanza ne avrà ora ben poca, e la verità del mattino costituisce l'errore della sera.
Dalle immagini della risonanza magnetica di 233 bambini, gli scienziati del Cedars-Sinai di Los Angeles e dell’University of North Carolina Chapel Hill hanno scoperto che il livello di crescita dei circuiti cerebrali associati alle emozioni nella primissima infanzia può predire ansia e anomalie comportamentali nei bambini più grandi e negli adulti. L’attenzione degli scienziati si è concentrata sull’amigdala l’area cerebrale cruciale per il controllo delle emozioni.
«Attraverso le immagini della risonanza magnetica - ha dichiarato Wei Gao, principale autore dello studio - lo studio dimostra che i circuiti del cervello essenziali per la regolazione emotiva negli adulti sono assenti nei neonati ma emergono intorno a uno o due anni di vita fornendo le basi per un corretto sviluppo emotivo». Bisogna uscire bene da quel limbo di vita che in effetti è sicuramente un caos ordinato.
Mentre rileggevo il post ho pensato a Fellini. Al suo mondo onirico e al suo rapporto con Jung. Al fatto che lo contrapponesse a Freud: mentre Freud ti obbliga a pensare, Jung ti prende per mano e ti spinge con umiltà a immaginare, sognare e cercare dentro di te ciò che ti sfugge.
Noi giungiamo alla metà della vita con la più completa impreparazione, e , quel che è peggio, vi giungiamo provvisti di preconcetti, di ideali, di verità buoni sino a quel momento. Non è possibile vivere la sera della vita seguendo lo stesso programma del mattino, poiché ciò che sino ad allora aveva grande importanza ne avrà ora ben poca, e la verità del mattino costituisce l'errore della sera."
venerdì, aprile 05, 2024
Il narcisista patologico
Sì, comunque sia, penso che il Sommo Creatore (sia Egli Dio, Allah o Cullù) ogni tanto si distragga e butti sulla Terra qualche individuo a caso, dimenticandosi poi il motivo. Un po' come quando entrate in una stanza e vi mettete a fissare il tappeto pakistano della prozia Pina nel tentativo di ricordare perché siete lì. Ecco.
Queste persone si insinuano nella vostra vita come se nulla fosse, trasformandosi poi, col tempo, in noiose tritasassi.
Tra tutte, c’è una categoria in particolare cui il rogo dovrebbe esser d’obbligo: i narcisisti. Dietro questo termine apparentemente innocuo e infantile, si nasconde un vero e proprio disturbo patologico che porta l’individuo a sviluppare una percezione distorta del proprio sé attribuendogli un’importanza e un’idealizzazione totalmente esagerate. E, nella stragrande maggioranza dei casi, infondate.
Ma noi non siamo psicologi, per cui non ce ne frega una mazza.
Il narcisista è l’amico o l’amica che reputa la Treccani un libretto per bambini e si sente quindi obbligato, dall’alto della sua sconfinata intelligenza, ad apportare correzioni e precisazioni ad ogni vostra singola parola. Nel 97% dei casi è ignorante come un lichene e disinformato quanto "Il Giornale".
Il narcisista è anche colui o colei che cerca sempre il vostro appoggio per qualsiasi cavolata; pretende conforto, ascolto e comprensione. Vi riversa addosso tutti gli avvenimenti della sua inutile giornata, magari mentre siete imbottigliati nel traffico da venti minuti, in ritardo per il prossimo appuntamento e sotto un sole degno di Dubai. Ma il “visualizzato” senza risposta della tamarra o dell'imbroglione di turno è molto, molto più importante. E lo vede spesso chi ignora.
Il narcisista è quell’organismo che si colloca a metà tra il pus e la muffa nera.
Il narcisista ama parlare di sé stesso, mostra disprezzo aperto verso gli altri,
mira ad essere oggetto di ammirazione, mostra un interesse effimero verso le persone, ricerca attenzione attraverso le emozioni negative, si percepisce come una personalità grandiosa, tende a manipolare gli altri.
I narcisisti “storici”, Oscar Wilde, Gabriele D'Annunzio, Curzio Malaparte, Lord Byron in realtà sono prima di tutto dei dandy, gran lavoratori travestiti da nullafacenti.
Il narcisista:
Mostra disprezzo aperto verso gli altri.
Mira ad essere oggetto di ammirazione.
Mostra un interesse effimero verso le persone.
Ricerca attenzione attraverso le emozioni negative.
Si percepisce come una personalità grandiosa.
Tende a manipolare gli altri.
Il narcisismo è una gran brutta bestia non solo perché ama solo se stesso ma per come non sappia provare empatia per nessuno.
Il narcisismo ha molte facce, ma non sempre è di tipo patologico: stima, considerazione di sé stessi e capacità di autoaffermazione sono cose sane in generale. Altro sono le forme patologiche che comportano sopravvalutazione di sé ed incapacità di empatia verso gli altri. Il narcisista patologico tipicamente è una persona che non vede al di là del proprio naso ed infatti riesce a vedere solo sé stesso.