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martedì, maggio 31, 2022

La Ferrari

 



Mio padre aveva una stranissima e del tutto personale idea del funzionamento delle automobili. Il cambio, per esempio, era un apparato di cui non comprese mai il corretto fine. Credo che gli fosse pure antipatica questa leva che ingombrava. Secondo la sua concezione dell’universo meccanico, un’automobile doveva essere in grado di partire quale che fosse la marcia inserita; le automobili che riuscivano nell'impresa, erano le uniche degne di chiamarsi tali e di essere utilizzate.
Per fortuna, guidava poco, quasi niente. Ma una o due delle quattro volte che ha guidato personalmente, io fui testimone del duello fra l’uomo e la macchina.

- Papà, fa guidare me-

- No no no; tu sei un dissennato. Non ne parliamo proprio-

E lui guida. Ad un semaforo ci fermiamo. L’incrocio era con altre quattro strade, una delle quali ad angolo acuto. Un camion con rimorchio, avendo il verde, cominciò a curvare per immettersi sulla nostra carreggiata. Purtroppo, il camionista prese la curva troppo stretta e il rimorchio cominciò a salire sul cofano della nostra automobile. Lentamente, molto lentamente ci salì sopra e lo schiacciò.
Durante quest’operazione di pressatura, mio padre impassibile si guardava la scena.
Il camionista accortosi della cosa, si fermò, per grazia di dio.

- E adesso cosa facciamo? Sussurrò papà-

- E che facciamo? Papà, vediamo di scendere. Ma pure tu, potevi suonare il clacson, invece di rimanertene immobile come se non fossero fatti tuoi!

- Senti, non cominciare con i tuoi soliti sofismi; piuttosto, scendi che io non posso scendere altro che dalla parte tua-

Il camionista era disperato, con le mani nei capelli non si faceva capace del guaio che aveva combinato e si scusava terrorizzato, temendone le conseguenze sul suo lavoro.
Nel frattempo, mio padre, che si era rimesso in ordine dalla discesa acrobatica dal lato non suo, cercava di tranquillizzarlo perché, in fondo, si erano “ammaccate due lamiere”. E rivolto a me:
"Senti, Augù; noi non possiamo rimanere in mezzo alla strada e, visto che tu stai a tuo agio in mezzo alla confusione, preoccupati di sistemare le cose. Il signore ed io, intanto, andiamo a prenderci un caffè. Quando hai finito, raggiungici. Mi raccomando: fa le cose per bene e non combinare disastri".

- Mi commuove la fiducia, papà-

Giorni dopo, durante la cena.

- Papà, toglimi una curiosità. Ma a te chi te l’ha data la patente?-

- A me l’ha data il Prefetto in persona-

- Complici eh, visto che non sai guidare-

- So guidare benissimo! Sono le automobili che non funzionano. Ecco perché non le guido.


domenica, maggio 29, 2022

C'era una volta il *Che*

 



Durante la rivoluzione cubana, il Che ha condannato a morte molte persone che non erano mai state imputate e che non hanno avuto la possibilità di difendersi con un avvocato. Il New York Times ha stimato che nei primi due mesi della Rivoluzione cubana, ci sono state circa 528 esecuzioni capitali affidate al plotone d'esecuzione. Il libro nero sul comunismo menziona un totale di 14.000 esecuzioni entro la fine del 1960. Le parole di Che Guevara sono state citate nel 1962 dal direttore di “Revolucion”, Carlos Franqui: "Abbiamo eseguito molte fucilazioni senza sapere se queste persone erano completamente colpevoli. A volte, la rivoluzione non può fermarsi per condurre le indagini". I dissidenti al nuovo regime comunista, non sono stati tollerati.
Che Guevara ha spiegato il suo approccio alla giustizia così: "Non abbiamo bisogno di una prova per l'esecuzione di un uomo. Abbiamo solo bisogno della prova che è necessario giustiziarlo". Che Guevara non ha nascosto il suo disprezzo per le norme giuridiche tradizionali.
Che Guevara ha definito la prova e l'onere della prova come un "arcaico dettaglio borghese" (scimmiottando così le affermazioni dei “giuristi” bolscevichi NDR).
In un discorso davanti alle Nazioni Unite nel dicembre del 1964, Che Guevara ha confermato la reputazione sua reputazione di spietatezza dichiarando: "Sì, abbiamo eseguito, stiamo eseguendo, e continueremo ad eseguire fucilazioni".
Scrive Francesco Agnoli che il mitico Che Guevara fu un ammiratore dello sterminatore Stalin, prima di divenire un seguace entusiasta del più grande massacratore di tutti i tempi, il dittatore cinese Mao Tse Tung. Il Che fu il primo filocomunista e il primo filosovietico, ben prima di Castro, tra i ribelli cubani, e riempì l’isola di manuali e di tecnici russi; fu l’ uomo che durante la crisi dei missili di Cuba del 1962 sperò ardentemente che potesse scoppiare la guerra mondiale tra Usa e URSS, ritenendo che essa avrebbe sconfitto il nemico americano e portato automaticamente la pace e la giustizia sociale ai popoli.
Che Guevara fu un feroce sanguinario. “Era disumano, un uomo senza sentimenti che in realtà voleva fare solo ciò che aveva occupato tutto il suo tempo: la guerra di guerriglia”: così, dopo aver ricordato le fucilazioni indiscriminate ordinate dal Che a la Cabaña, Juanita Castro, la sorella di Fidel, che fu rivoluzionaria al suo fianco per alcuni anni (Juanita Castro, I miei fratelli Fidel e Raùl, Roma, 2010).


giovedì, maggio 26, 2022

Esiste un punto d'arrivo



 

Ragionevole è chi sottomette la ragione all'esperienza. Ma cos'è la ragione? Oggi, infatti, è come se si fosse smarrito il concetto di ragione, così che la speranza si riduce al sogno vago di un futuro avvertito allontanarsi sempre di più da un presente che non soddisfa. Su tutto sembra prevalere l'immagine tragica dell'ultimo uomo che insieme alla sua donna osserva declinare il sole per l'ultimo tramonto della storia, così come la fissa Giosuè Carducci in una sua poesia "Su Monte Mario". Noi, invece, non possiamo rassegnarci che tutto finisca nel nulla, il nichilismo. La natura stessa della ragione grida: "Esiste un significato!", ciò che anche Kafka afferma: "Esiste un punto di arrivo". L'obliterazione dell'idea di ragione come apertura positiva al reale mi desta molta preoccupazione. L'esperienza, invece, causa una sincera attenzione ai bisogni veri dell'uomo. La ragione come libertà ridotta a puro parere, opinione e istintiva, snerva nell'uomo la creatività e lo rende schiavo dell'istinto, cioè ultimamente del potere, che in ogni epoca fissa regole e valori a seconda delle sue convenienze personali. Il mio punto di arrivo non è certamente il cinismo appassionato della cultura laica che fa considerare il mondo come un grande gioco, talvolta tragico, sempre venato di un sorriso amaro. Nessuno può generare se non è stato generato.
Disse una volta il premio Nobel per la medicina Alexis Carrel: "Poca osservazione e molto ragionamento conducono all'errore. Molta osservazione e poco ragionamento conducono alla verità". Osservo le vie, le persone, le chiese, i bar, le osterie, le ormai fatiscenti sezioni di partito. Ma dopo l'osservazione, appunto, viene il ragionamento, il giudizio, la sintesi.



lunedì, maggio 23, 2022

La manifestazione del Potere

 


Il fallimento di una utopia che aveva trascinato tanti giovani alla politica.

Si tratta dell'esperienza reale del comunismo.

sabato, maggio 21, 2022

Dice Kant

 



Due cose riempiono l’animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, quanto più spesso e più a lungo la riflessione si occupa di esse: il cielo stellato sopra di me, e la legge morale in me.
Anche se il cielo stellato è un dato di fatto, una meraviglia inamovibile, la morale che ci anima è soggetta a - chiamiamoli - sbalzi d'umore.
Riuscire a tener fede all'intenzione immune da dubbi, tentazioni ed eventi e molto difficile.
Sempre più spesso la vita ci sottopone a prove di ogni genere senza dimenticare che dietro ogni angolo c'è sempre una sorpresa più o meno gradita ma ogni essere umano deve necessariamente superarla per continuare il proprio percorso.
Bisogna scegliere la porta stretta dove si entra facilmente. Invece la porta larga è affollatissima e la gente si accalca e sentiranno una voce: " Chi siete? Io non vi conosco".
Io a questo discorso kantiano contrappongo e propongo la visione delle cose di un altro filosofo che apprezzo molto, Gadamer.
Se Kant metteva l'ordine morale come unicum, Gadamer usa invece l'ermeneutica e il giudizio invitandoci a osservare il mondo cercando di liberare la mente dai pregiudizi storici e soggettivi fino a ottenere una fusione totale dell'orizzonte interiore con quello universale.
Penso che questi due filosofi, in epoche distinte e con parole diverse, abbiano comunque espresso lo stesso messaggio.
"Relazioni falsate, basate sull'invalidamento alla fonte del senso originario; dinamiche pregiudiziali compromettenti l'autenticità di ogni rapporto."
Ecco, sono i pregiudizi e soprattutto i giudizi che falsano i rapporti e l'impossibilità di comprensione.
La Critica della ragion pratica risponde all'interrogativo sulle possibilità della conoscenza e ne stabilisce l'ambito. Ma l'uomo non solo conosce, ma anche agisce, ed è sul suo comportamento che si rende necessaria un'altra sfera di indagine filosofica che stabilisca delle norme di comportamento: questa è la critica della ragion pratica (CRP). Ne deriva che il sapere filosofico kantiano si articola attorno a due punti fondamentali: il fatto della scienza e quello della morale. Le dottrine etiche tradizionali stabilivano il fondamento delle norme etiche sulla conoscenza, sulla volontà di Dio, sul sentimento, ecc.; in Kant, invece, la norma morale è frutto della decisione immediata dell'uomo. La morale, infatti, nonostante derivi dalla conoscenza, nasce dalla condizione dell'uomo che produce le norme di comportamento al di fuori della causalità deterministica del mondo sensibile.


mercoledì, maggio 18, 2022

Affidarsi a Pandora

 


Pandora, un giorno scoperchiò il vaso, liberando così tutti i mali del mondo, che erano gli spiriti maligni della vecchiaia, gelosia, malattia, pazzia e il vizio. Sul fondo del vaso rimase soltanto la speranza, che non fece in tempo ad allontanarsi prima che il vaso venisse chiuso di nuovo. Dopo l’apertura del vaso il mondo divenne un luogo desolato ed inospitale simile ad un deserto, finché Pandora lo aprì nuovamente per far uscire anche la speranza, ed il mondo riprese a vivere.
Io sono una persona che si fida e dà sempre fiducia e prendo anche delle grandi cantonate, ma non smetto di aver fiducia nel mio prossimo, perché se novantanove persone si approfittano della mia fiducia e mi deludono, la centesima non lo fa, mi offre il suo cuore donandomi speranza e forza, e non è poco. Gli amici sinceri, quelli che ti restano accanto nel bene e nel male, che sono pronti a sostenerti, sono il sale della vita, ci rendono migliori e dobbiamo essere grati di averli nella nostra vita.
Non devo sforzarmi per fidarmi delle persone e generalmente anche se mi deludono difficilmente ne faccio un dramma, forse perché parto dal presupposto che non devo aspettarmi nulla dagli altri per cui tutto ciò che mi danno è sempre superiore a ciò che mi aspetto.
La diffidenza usata come strumento aprioristico nel rapportarsi col prossimo secondo me è oltre che un elemento capace di creare una probabilissima aridità dell'anima anche paradossalmente poi un potenziale rischio di fidarsi poi proprio e di nuovo della persona sbagliata.
*Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio* è un proverbio stupido, contrario a quanto c'è di più evidente.
La capacità di fidarsi è propria dell'uomo grande e adulto, dell'uomo che ha conosciuto molte cose, che ha riflettuto su tutto: egli sa immediatamente quando l'altro gli parla se deve dubitare o se l'altro parla schiettamente.
Quanto uno è più ricco di umanità, quanto più uno è critico di se stesso, è cosciente dei limiti del suo andare umano, è cosciente della sua realtà, tanto più che sa quando e come fidarsi.
Sapersi fidare è genialità.


lunedì, maggio 16, 2022

It's just my reflection

 




La festa liturgica della "conversiti sancti Pauli", che appare già nel VI secolo, è propria della Chiesa latina. Poiché il martirio dell'apostolo delle Genti viene commemorato a giugno, questo cambiamento offre l'opportunità di considerare da vicino la poliedrica figura dell'Apostolo per eccellenza, che scrisse di se stesso: "Io ho lavorato più di tutti gli altri apostoli", ma anche: "io sono il minimo fra gli apostoli, un aborto, indegno anche d'essere chiamato apostolo".
Adduce egli stesso le credenziali che gli garantiscono il buon diritto di essere considerato apostolo: egli ha visto il Signore, Cristo Risorto, ed è, perciò, testimone della risurrezione; egli pure è stato inviato direttamente da Cristo, come i Dodici: visione, vocazione, missione, tre requisiti che egli possiede, per i quali quel miracolo della grazia avvenuto sulla via di Damasco, dove Cristo lo costringe a una incondizionata capitolazione, sicché egli grida: "Signore, che vuoi che io faccia?". Nelle parole di Cristo è rivelato il segreto della sua anima: "Ti è duro ricalcitrare contro il pungolo". E’ vero che Saulo cercava "in tutte le sinagoghe di costringere i cristiani con minacce a bestemmiare", ma egli lo faceva in buona fede e quando si agisce per amore di Dio, il malinteso non può durare a lungo. Affiora l'inquietudine, cioè "il pungolo" della grazia, il guizzo della luce di verità: "Chi sei tu, Signore?"; "Io sono Gesù che tu perseguiti". Questa mistica irruzione di Cristo nella vita di Paolo è il crisma del suo apostolato e la scintilla che gli svelerà la mirabile verità della inscindibile unità di Cristo con i credenti.
Questa esperienza di Cristo alle porte di Damasco, che egli paragona con l'esperienza pasquale dei Dodici e con il fulgore della prima luce della creazione, sarà il "leit motiv" della sua predicazione orale e scritta. Le quattordici lettere che ci sono pervenute, ognuna delle quali mette a nudo la sua anima con rapide accensioni, ci fanno intravedere il miracolo della grazia operato sulla via di Damasco, incomprensibile per chi voglia cercarne una spiegazione puramente psicologica, ricorrendo magari all'estasi religiosa o, peggio, all'allucinazione. Paolo trarrà dalla sua esperienza questa consolante conclusione: "Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, dei quali io sono il primo. Appunto per questo ho trovato misericordia. In me specialmente ha voluto Gesù Cristo mostrare tutta la sua longanimità, affinché io sia di esempio per coloro che nella fede in Lui otterranno d'ora innanzi la vita eterna".




Autore: Piero Bargellini

sabato, maggio 14, 2022

Il Mistero nella presenza di Cristo





Dostoevskij ne I fratelli Karamazov, dice: «L’ape conosce la formula del suo alveare, la formica conosce la formula del suo formicaio, ma l’uomo non conosce la propria formula». Se non c’è risposta a queste domande, perché allora le domande esistono? O come più pacatamente accenna Pavese, ne Il mestiere di vivere, «E allora perché attendiamo?». Ad un uomo, per riconoscere con certezza il significato di tutto, della sua vita e perfino della storia, occorre che quel significato si comunichi, e questo a me è accaduto. Auguro a tutti di incontrare quell'uomo che mi ha detto: «Che ti importa se prendi tutto il mondo e poi perdi te stesso?». Io sono il punto di coscienza del reale perché se io non fossi è come se non esistesse nulla, tutto esiste perché io me ne accorga. Il senso del sacro si è perduto per i colpi violenti del razionalismo. Non è raro sentire qualcuno che afferma che lo scopo della Chiesa è aiutare la società civile ad individuare e sorreggere una piattaforma di valori comuni. Ma anche i pagani possono sostenere i valori comuni. Ma qual è il significato della parola valore?
Che cosa è un valore? E' ciò per cui vale la pena, in fondo, vivere.
Ciò per cui veramente val la pena vivere è qualcosa che connette quello che un uomo sta facendo al Tutto.
Senza questo nesso con la totalità ogni cosa vale la pena per cinque minuti, oppure, che è lo stesso per cinque anni.
Per poter vivere il valore bisogna avere una percezione acuta e viva del Tutto.
Ma il senso del Tutto è Mistero: noi lo chiamiamo Dio, ma l'essenza della parola Dio è assoluto Mistero.
Di fronte al Mistero l'uomo resta come confuso, ricorre all'immaginazione, cerca cioè di interpretare il suo rapporto col Tutto, e interpretandolo inevitabilmente lo riduce, e rimpicciolisce perciò il valore.
A Firenze Dostoevskij iniziò a scrivere "l'Idiota" e buttò giù molte delle riflessioni e degli appunti che lo portarono a "I Fratelli Karamazov" e al suo incompiuto disegno di grande romanzo.
Dostoevskij supera l'ipotesi che sorge in Nietzsche di un nichilismo lieve, o gaio, propagandato come modo di vivere da "turista", un po' distaccato e scettico tra le cose belle e le difficoltà del mondo.
Dostoevskij comprende che l'abisso dell'animo umano non si risolve nell'individuare una buona idea o una norma giusta, ma nell'accoglienza di Cristo.



giovedì, maggio 12, 2022

Non sono ottimista

 




Ora ti spiego. I genitori parlano di onestà. Arriva a casa l'idraulico, ripara i rubinetti e propone lo sconto se non lo obbligano a emettere fattura.

Il ragazzino non è un fesso e capisce che i genitori parlano bene e razzolano male. Evitare la fatturazione è un furto. Dentro di noi non c'è niente di speciale. cresce osservando i comportamenti degli altri.

lunedì, maggio 09, 2022

Vento di libeccio

 



Afferma il teologo Luigi Giussani che l'amore all'altro non è una cosa generica, come un gran vento caldo che all'improvviso in certe giornate primaverili fa dire: "Toh, è già estate".
La dedizione di sé all'altro è una cosa molto concreta. Perché l'Io vive, non come un nuvolone astratto, vive come atto.
La legge dell'io è darsi, è l'amore come darsi all'altro. Darsi all'altro significa muoversi verso un altro, ascoltare, comprendere ed esaudire le esigenze dell'altro.
C'è una mamma che vuol bene al suo bambino, ma se il bambino si ammala, lei non fa neanche un passo perché lei è un po' pigra.
Il bambino può crepare con la madre che gli vuole benissimo.
Ha scritto Seneca:" Se vuoi vivere per te stesso, devi vivere per un altro, devi darti ad un altro, commosso, non per forza".
Si tratta di un'intuizione vera di un pagano.
Forse a volte ci muoviamo in modo sbagliato.
Forse siamo troppo presi dal nostro punto di vista.
Troppo spesso diciamo: "se fossi stato io non avrei fatto così", magari offesi da qualcosa che ha fatto l'altro.
Ma l'altro non è come noi.
Il senso è che senza sacrificio non può esserci l'amore.
Si tratta di una pigrizia mentale. L'incapacità si assumersi le proprie responsabilità, di donarsi.
L'amore non è un vento di libeccio che sbuca all'improvviso e fa impennare le temperature. Una scintilla c'è sempre, sia chiaro, probabilmente innesca questo meccanismo di darsi all'altro che è il motore di un rapporto sentimentale. Ascoltare l'altro, comprenderlo; la condivisione delle cose che piacciono all'uno e all'altra. Esperienza personale, spesso l'attrazione fisica-sessuale emerge successivamente. Quello ti dà indicazione, secondo me, che il rapporto è piuttosto solido. L'amore è una cosa piuttosto complicata, soprattutto perché di mezzo ci sono i difetti; se c'è solo attrazione sessuale-fisica, allora presto i difetti porteranno alla rottura. In un rapporto sentimentale, i difetti vengono accettati e i loro effetti smorzati.
Donarsi è meraviglioso ma bisogna trovare il tipo di persona che sappia recepire lo sforzo ed accoglierlo nel modo giusto. Ovviamente, noi, dovremo fare altrettanto.
L'amore è una costruzione quotidiana, un continuo assistersi, assestarsi. Una dedizione giornaliera, una lotta tra caratteri. Ed è anche compromesso, ma di quelli che fai perché senti che glielo devi e te lo devi.
Chi pensa che l'amore sia sempre un cielo azzurro senza nuvole perirà al primo ostacolo.


venerdì, maggio 06, 2022

Migliorarci è un'esigenza

 


Ci sono esempi di persone che pensano che l'ideale sia vivere senza dover consolare nessuno, senza essere di peso o causa di dolore per chi hanno vicino, senza trarre gioia dal bene degli altri, stando bene attenti a non amare nessuno e a non curarsi di essere amati da qualcuno.

mercoledì, maggio 04, 2022

La dittatura del singolo pensiero

 



Siamo tutti governati perché non ci è stata data la possibilità di affermare le nostre esigenze.

Una mattina, ti svegli e vai in cucina pe farti un caffè, ma il gas non esce. Che fai? Con chi te la prendi?

Il *coglionaccio* traballante con le sua sanzioni ha messo in crisi gli USA, costretta ad alzare i tassi di interesse, per frenare l'inflazioni, mentre la Russia, con l'autarchia, seguita a bombardare l'Ucraina e lo farà fino alla fine. Biden subirà l'impeachment.

lunedì, maggio 02, 2022

Srotolando la matassa

 




Draghi sul "comizio" di Lavrov: "Frasi aberranti e oscene"

"Prima di tutto parliamo di un Paese dove c'è libertà di espressione, e il ministro Lavrov appartiene a un Paese dove non c'è libertà di espressione. In Italia c'è libertà di esprimere le opinioni, anche quando sono palesemente false e aberranti. Quello che ha detto Lavrov è aberrante. E per quanto riguarda la parte riferita a Hitler, è davvero oscena". E ancora: "La televisione trasmette liberamente queste opinioni" ma "in realtà" quello di Lavrov "è stato un comizio. Ci si deve chiedere" se è giusto "accettare di invitare una persona che chiede di essere intervistata senza nessun contraddittorio. Non è granché professionalmente, fa venire in mente strane idee".