Il mio cervello deve avere molti Giga per tornare tranquillamente nel passato. E’ grande la memoria visiva, anche quella olfattiva, sento i profumi dei prati. Ma quello che mi fa venire i brividi è la bora di Trieste, quando ero aggrappato alle corde che sono sulle strade. Il canale, solitamente torbido e immobile, quel giorno fremeva e scintillava. Il vento correva sull’acqua verde disegnando chiazze e strisce, mutevoli e cangianti, ora chiare, ora scure, che si spostavano imprevedibilmente da tutte le parti.
L’azzurro del cielo era assoluto. Assoluta la trasparenza. Assoluta la luminosità. Davanti i Frari, la facciata grandissima dei Frari, e, alla mia destra, la cima dell’antico cedro, strattonata dalla bora, che spuntava da chissà dove, forse da un chiostro misterioso, forse da un giardino dell’Archivio di Stato.
I mattoni della chiesa e le pietre, del ponte, del campo e della salizada, immote da sempre, sembravano aver preso vita, pareva che il tumulto d’aria di quella strana giornata le facesse vibrare. Che la gelida gloria di luce di quella chiarissima mattina le rendesse capaci di splendere.
Avevo sentito dire che la bora nasce in una steppa lontana dei Magiari, la Puszta, che corre tra montagne nevose dell’Austria e della Slovenia, cime misteriose, Kranjska Gora, Triglav, Stol, che poi scende come un demonio a Trieste, che passa come un branco di lupi sopra l’Adriatico, per venire infine a morire a Venezia, dopo aver menato i suoi ultimi, fieri colpi sulla laguna e tra le calli.
Me ne ricordai, e provai la strana, eccitante sensazione che quel vento favoloso e adirato collegasse tutto, Puszta e campo dei Frari, nevi della Kranjska Gora e acqua dei canali, pini dell’Austria e cedro segreto a destra della chiesa. Era come se tutto il mondo fosse lì, portato dal vento, oppure unito dal vento.
Vidi un mondo incredibile. Davanti, enorme, il Grappa innevato, vicinissimo da distinguerne i paesi e le valli che scendevano giù, netto nell’azzurro dell’aria tersa. A destra, molto più lontano, tuttavia chiarissimo, il Monte Cavallo, alto e massiccio.
La laguna, che sembrava piccola, tanto precisi ne apparivano i contorni di solito sfumati nella foschia. La laguna, che sembrava un gran mare in tempesta, striata di schiuma, sconvolta dalla bora, percorsa da refoli che correvano disordinatamente sull’acqua.
Notai un grosso topo a motore, stracarico, quasi affondato sotto il suo peso, che avanzava faticosamente verso Mestre sollevando con la prua alti spruzzi subito catturati e dispersi dal vento furioso. Una roba da film di pirati, sopra la barca due uomini in pesanti impermeabili neri da navigazione, dritti e immobili, fieri e sprezzanti nella loro sfida all’aria e agli schizzi gelati. Mi venne in mente una successione disordinata e rapidissima di immagini incoerenti. Monte Grappa e le roccette dove andava ad allenarsi nella dura pratica dell’arrampicata in compagnia di Prearo.
Monte Cavallo e i furlani, un po’ temuti, un po’ disprezzati, un po’ ammirati. I furlani che, si sa, costruiscono la propria casa con le proprie mani. I furlani e la loro strana lingua, il ladino, incomprensibile, esotico, strambo. La Müdada, romanzo di Cla Biert. I furlani e la graspa. Il vento e la vela. Lui nella tempesta che reggeva con mano ferma il timone della barca tra enormi ondate navigando verso chissà dove. E ancora Trieste con le corde tese lungo i marciapiedi per non svolare via, i Magiari, la Puszta, le montagne nevose dell’Austria e della Slovenia, la Kranjska Gora, il Triglav e tutto il resto.
E di nuovo la strana, eccitante sensazione che fosse il vento a portare tutte quelle cose, a metterle insieme. Il vento fatato che spazzava via la bruma torbida, faceva spazio alla luce e metteva insieme tutto il mondo.
L’azzurro del cielo era assoluto. Assoluta la trasparenza. Assoluta la luminosità. Davanti i Frari, la facciata grandissima dei Frari, e, alla mia destra, la cima dell’antico cedro, strattonata dalla bora, che spuntava da chissà dove, forse da un chiostro misterioso, forse da un giardino dell’Archivio di Stato.
I mattoni della chiesa e le pietre, del ponte, del campo e della salizada, immote da sempre, sembravano aver preso vita, pareva che il tumulto d’aria di quella strana giornata le facesse vibrare. Che la gelida gloria di luce di quella chiarissima mattina le rendesse capaci di splendere.
Avevo sentito dire che la bora nasce in una steppa lontana dei Magiari, la Puszta, che corre tra montagne nevose dell’Austria e della Slovenia, cime misteriose, Kranjska Gora, Triglav, Stol, che poi scende come un demonio a Trieste, che passa come un branco di lupi sopra l’Adriatico, per venire infine a morire a Venezia, dopo aver menato i suoi ultimi, fieri colpi sulla laguna e tra le calli.
Me ne ricordai, e provai la strana, eccitante sensazione che quel vento favoloso e adirato collegasse tutto, Puszta e campo dei Frari, nevi della Kranjska Gora e acqua dei canali, pini dell’Austria e cedro segreto a destra della chiesa. Era come se tutto il mondo fosse lì, portato dal vento, oppure unito dal vento.
Vidi un mondo incredibile. Davanti, enorme, il Grappa innevato, vicinissimo da distinguerne i paesi e le valli che scendevano giù, netto nell’azzurro dell’aria tersa. A destra, molto più lontano, tuttavia chiarissimo, il Monte Cavallo, alto e massiccio.
La laguna, che sembrava piccola, tanto precisi ne apparivano i contorni di solito sfumati nella foschia. La laguna, che sembrava un gran mare in tempesta, striata di schiuma, sconvolta dalla bora, percorsa da refoli che correvano disordinatamente sull’acqua.
Notai un grosso topo a motore, stracarico, quasi affondato sotto il suo peso, che avanzava faticosamente verso Mestre sollevando con la prua alti spruzzi subito catturati e dispersi dal vento furioso. Una roba da film di pirati, sopra la barca due uomini in pesanti impermeabili neri da navigazione, dritti e immobili, fieri e sprezzanti nella loro sfida all’aria e agli schizzi gelati. Mi venne in mente una successione disordinata e rapidissima di immagini incoerenti. Monte Grappa e le roccette dove andava ad allenarsi nella dura pratica dell’arrampicata in compagnia di Prearo.
Monte Cavallo e i furlani, un po’ temuti, un po’ disprezzati, un po’ ammirati. I furlani che, si sa, costruiscono la propria casa con le proprie mani. I furlani e la loro strana lingua, il ladino, incomprensibile, esotico, strambo. La Müdada, romanzo di Cla Biert. I furlani e la graspa. Il vento e la vela. Lui nella tempesta che reggeva con mano ferma il timone della barca tra enormi ondate navigando verso chissà dove. E ancora Trieste con le corde tese lungo i marciapiedi per non svolare via, i Magiari, la Puszta, le montagne nevose dell’Austria e della Slovenia, la Kranjska Gora, il Triglav e tutto il resto.
E di nuovo la strana, eccitante sensazione che fosse il vento a portare tutte quelle cose, a metterle insieme. Il vento fatato che spazzava via la bruma torbida, faceva spazio alla luce e metteva insieme tutto il mondo.
Immagine:
RispondiEliminaPossibile ricerca correlata: vento e pioggia.
"QUEL GIORNO DI BORA"
RispondiEliminaI ricordi soffiano nella mente
Come la Bora
Invadono le sinapsi
Come il vento scompiglia i capelli
E aggroviglia le sensazioni del cuore.
Tutto sembra acquisire un altro colore
Tutto sembra avere un altro aspetto
E quel giorno
Quel giorno lo ricordi luminoso, freddo e pungente
E senti quelle potenti raffiche di vita
Attraversarti nuovamente il cervello e l'anima.
E rivedi le immagini di quei momenti
Precise e nitide
Imprimere quel ricordo indelebilmente nel tuo cuore
Come una foto scattata proprio un attimo prima
E mentre passeggi
Accarezzato da una lieve brezza d'amore
Ricordi ancora per un istante
Quell'indimenticabile giorno di Bora
DANIELE VERZETTI ROCKPOETA®
Scusa se mi sono permesso di buttare giù questi pochi versi ma sono stati suscitati dal tuo post. Magari non hanno nulla a che fare con i tuoi pensieri e le tue emozioni ma questo mi hanno suscitato le tue parole da te qui pubblicate.
I versi sono bellissimi. E' la prima volta che ricevo un commento particolare, in versi, da un poeta.
EliminaGrazie Daniele.
Grazie a te per avermela ispirata con le parole del tuo post.
EliminaQuello che scriv0 ha sempre la stessa ispirazione, mia moglie, una donna fantastica.
RispondiEliminaQuesto ricordo ha le parole di un romanzo su uno sfondo fatto di paesaggi struggenti quanto le emozioni che traspaiono. Buon pomeriggio Gus.
RispondiEliminasinforosa
Grazie Sinforosa.
EliminaSinforosa, i romanzi li scrivi tu. Io mi limito a iniziare un romanzo.
EliminaMandi Gus.
RispondiEliminaEli
L'importante è che sei tornata.
EliminaCiao.
Solo per salutarti.
EliminaQuesta piattaforma non fa per me, ma ti leggo e ti leggerò.
Un abbraccio grande.
Il dispiacere per il tuo andare via supera il piacere dell'attenzione che mi riservi.
EliminaCiao Elisa.
Elisa, dimmi che piattaforma cerchi.
EliminaCiao.
Eli, Mandi cosa significa?
EliminaCiao.
Significa ciao in Friulano.
EliminaLo so, ma volevo vedere se mi rispondevi.
EliminaStrano. Umo legge una sconosciuta e trova qualcosa di bello.
In effetti mandi è una parola che ho sempre amato, sin dalla tenera età, mi ricorda il calore di casa.
EliminaIl ciao per me è una parola che vale un bacio o un abbraccio.
EliminaCiao Elisa.
Grazie Paola.
RispondiEliminaCiao Gus, mi dispiace che tu abbia deciso di non scrivere più nel mio blog, in ogni caso ti chiedo scusa se qualcosa ti abbia offeso.
RispondiEliminaNon sono una persona che si offende. Solo incompatibilità.
EliminaCiao.
Sara, succede che tu prima di concedere un'amicizia vuoi vedere con chi dovresti relazionarti, e passa il tempo, e sono io che vedo l'altro, il suo blogroll e tanti particolari.
Eliminaso nice post :) I follow you on gfc #210 , follow back?
RispondiEliminahttps://bubasworld.blogspot.com/
Buba, ma in questo mio post cosa vorresti fare?
EliminaCiao.
RispondiEliminaSul filo dei ricordi il nostro cammino...oggi, domani...e per sempre!
RispondiEliminaTi leggo sempre, anche se non commento ad ogni tuo post. Se non sbaglio il mio precedente commento risale a meno di un mese fa...si parlava di bellezza e di Vermeer.
RispondiEliminaCiao Gus
Sì, ricordo.
EliminaQuesta settimana sono stanco, leggo dopo, ma sempre con la gioia. Buona notte Gus!
RispondiEliminaLa gioia è importante.
EliminaCiao Francesco.