Domenica 25 aprile 2004
“Permettetemi di salutarvi ancora. Quanto più ci rifletto tanto più mi viene da ringraziare il Signore e ognuno di voi, perché il tema degli Esercizi di quest’anno è il tema più bello e sconfinato che si possa immaginare. Perché la vittoria di Cristo è una vittoria sulla morte. E la vittoria sulla morte è una vittoria sulla vita. Tutto ha una positività, tutto è un bene così invadente che, quando il Signore ci darà avviso e termine, formerà la grande suggestività per cui questo mondo è stato fatto. Perciò c’è il coraggio che ognuno di noi deve portare per la positività del vivere, tanto che qualunque contraddizione o qualunque dolore hanno, nel “veicolo” di questa vita, una risposta positiva. E come esempio particolare io spero che possiamo metterci bene d’accordo col Signore, che ci illumini in tutto quello che ci metterà nelle “nuove” condizioni di fare, perché abbiamo a vedere come la vita dell’uomo è tutta positiva, profondamente positiva nel suo finale intento. Perché la vita è bella: la vita è bella, è una promessa fatta da Dio con la vittoria di Cristo. Perciò ogni giorno che noi ci alzeremo dal letto – qualunque sia la nostra situazione immediatamente percepibile, documentabile, anche la più sofferente, inimmaginabile – è un bene che sta per nascere ai confini del nostro orizzonte di uomini. E dovremo cercare di tradurre questo anche in una consonanza storica. Dobbiamo far sì che sia riguardata la stessa storia della nostra vita come della vita di tutti i popoli del mondo, da quella iniziale fino all’estremo confine – dicevamo prima -, all’estremo confine della nostra, di quella realtà che è la vita dell’uomo. Perché essa esige un’attenzione nuova, un’attenzione che porti dentro di sé il grande premio – il grande premio! -, che porti dentro di sé già il grande premio che sta alla fine di ogni cosa per ogni uomo. Ciò in cui dobbiamo aiutarci, ciò in cui noi dobbiamo sostenerci, ciò in cui noi dobbiamo essere fratelli è questa positività ultima di fronte ad ogni dolore: è una pacatezza che mette nella pace la nostra adesione. E “studiare” la storia dell’umanità con questo intento dimostrativo sarà un mezzo nuovo per ringraziare chi ci fa scoppiare di gioia davanti alla bontà di Dio, davanti alla Sua bontà. Auguri a tutti perché ognuno sulla strada della sua vita trovi emergenza del bene che è Cristo risorto, trovi l’aiuto di ciò che desta per gli uomini la positività che rende ragionevole il continuare a vivere. Sia lodato il Signore vittorioso sulla morte e su di noi! Saluti a tutti!”
( DON LUIGI GIUSSANI)
Gibran vedeva la poesia come un salvagente a cui aggrapparsi quando tutto sembrava svanire...
RispondiEliminaSe ho capito il senso del tuo post, le poesie più belle sono quelle che nascono da un dolore.
Ciao
Nell'ultimo libro di A. D'Avenia, l'autore ha un continuo colloquio con Leopardi e ne dispiega la vita, la fragilità. D'Avenia è al suo quarto libro e la sua narrazione è un continuo crescendo poetico. Ho cercato di imparare la metrica, ma è troppo difficile per me. Leggere una poesia al giorno riempie il cuore e al tempo stesso è lo sguardo del mattino attraverso una finestra nuova che mi prepara al giorno. E in quello spettacolo scopri la vera Bellezza. Buonanotte e Bacio.
RispondiEliminaLa vera bellezza è Cristo.
RispondiEliminaBacio Lucia.
E' vero e l'ho scritto maiuscolo.
EliminaBuonagiornata. Bacio
Bacio Lucia.
EliminaAnche la Chiesa è una madre afflitta, che spesso piange per le colpe dei suoi figli morti per il peccato, e per questo è necessario che i fedeli preghino continuamente perché i peccatori si pentano, si convertano e risorgano a nuova vita..
RispondiEliminaDio, ricco di misericordia, ha compassione di tutti e non disprezza noi sue creature peccatrici, l’importante che il nostro essere polvere si lasci irrorare dalle lacrime di Cristo e nelle mani creative di Dio saremo rifatti creature nuove: figli.
La compassione di Dio e, dunque la nostra, non è riducibile ad un’emozione: è un giudizio, è una partecipazione al destino delle persona che soffre per almeno alleviare la sua sofferenza.
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi
RispondiEliminaquesta morte che ci accompagna
dal mattino alla sera, insonne,
sorda, come un vecchio rimorso
o un vizio assurdo. I tuoi occhi
saranno una vana parola,
un grido taciuto, un silenzio.
Così li vedi ogni mattina
quando su te sola ti pieghi
nello specchio. O cara speranza,
quel giorno sapremo anche noi
che sei la vita e sei il nulla.
Per tutti la morte ha uno sguardo.
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.
Sarà come smettere un vizio,
come vedere nello specchio
riemergere un viso morto,
come ascoltare un labbro chiuso.
Scenderemo nel gorgo muti.
La mendicanza non è un'emozione passeggera. E' per sempre. Il miracolo è che la sofferenza diventa sacrificio, un valore e non uno strepitio bestiale.
RispondiEliminaCiao.
Dio è sì l’“eccelso” (Sal 112/113, 4), che “siede nell’alto” (ibid.,5) e che deve chinarsi perché “più alta dei cieli è la sua gloria” (ibid., 4), ma si abbassa con premura verso di noi e “solleva dall’indigenza della polvere” (ibid., 6). Anche oggi il vangelo ci mostra che l’Emmanuele, il Dio con noi, si china sulla sofferenza di una donna vedova, umiliata dall’antica società, perché senza marito e senza figlio era considerata come ramo inutile e secco.
RispondiEliminaCon questo miracolo di compassione Gesù manifesta ancora una volta di essere venuto a portare nel mondo Dio, la gioia e la pace. Inoltre compie un gesto che è “segno” che permette di riconoscere in Lui il vero inviato di Dio. Soltanto Dio, padrone della vita e della morte, può richiamare i morti alla vita, e se Gesù lo compie con la propria autorità, dimostra di essere di “natura divina”: Lui, il Figlio, agisce in piena comunione con il Padre.
In questo gesto di Gesù si può anche vedere la profezia del momento in cui la Vergine Maria, vedova di Giuseppe, piangerà sulla morte di Gesù, suo unico Figlio, che la compassione del Padre le restituirà risuscitandolo il giorno di Pasqua.
Francesco Follo.
RispondiEliminaDare amore è l’esperienza più bella che puoi fare, perché allora sei un imperatore. Ricevere amore è un’esperienza molto limitata, e appartiene al mendicante. Non essere un mendicante; almeno nel regno dell’amore sii un imperatore,
Eppure ho scritto un post sul significato della mendicanza:
RispondiEliminaQuanto più un uomo entra dentro l'avvenimento di Cristo
e percepisce l'immensità della libertà,
l'incommensurabilità tra la vita dell'uomo libero
e quella dell'uomo schiavo, e quanto più prende coscienza
del cambiamento possibile, tanto più capisce la
sproporzione fra quello che riesce a fare e l'orizzonte
che si dilata sempre di più ai suoi occhi.
Il gesto più degno che possa fare allora, con tutta
la sua umanità, anche inchiodato al letto, anche dopo aver
tradito o nell'istante in cui dice: "Ho tradito", è il grido
della mendicanza, la mendicanza di Cristo.
La mendicanza è il contrario della pretesa e quindi del lamento.
Il lamento emerge quando la vita è vissuta in modo egocentrico.
La domanda è sempre domanda di tutto: " Venga il tuo
regno, sia fatta la Tua volontà".
Si può chiedere il pane quotidiano: "Dacci oggi quelle cose
per cui possiamo sussistere" , ma attraverso il pane domandiamo
" Il Suo regno", "la Sua volontà", cioè tutto.
La dimensione della vera domanda è la totalità.
RispondiElimina... quella dell'uomo schiavo, e quanto più prende coscienza...
prende coscienza tanto da non augurare un "buon compleanno Silvana"?. Tanto da non pubblicare verità sacrosante? Il lamento aumenta quando il dolore, non solo quello fisico, è insopportabile, forte, ingrato. Il lamento è umiltà e non l' orgoglio sciocco di chi si crede un "vincente'
L'orgoglio,la vanità di dire: va tutto bene è spesso menzogna...
non è nemmeno corretto il termine egocentrico...egocentrico? Ma de che??? Ragiona prima di copiare il pensiero di altri e del NON vissuto sulla propria pelle
Per augurare buon compleanno bisogna conoscere il giorno della nascita. Io non sapevo di te. Il dolore donato a Cristo diventa sacrificio. E' il dono più grande che si possa fare. La sofferenza che trascina dietro di sé solo il dolore è un'altra cosa. La mendicanza è la Misericordia che rappresenta la nostra Speranza. E' il cuore del cristianesimo, altro che copiare.
RispondiEliminaAuguri per il compleanno dimenticato.
Sei falso e ipocrita come spesso accade L" ho anche scritto. Il compleanno è passato. Ma che ne sai tu se il mio dolore non lo dono a Dio? Ci conosciamo?
RispondiEliminaTi conosco dalle parole che usi. Dalle liti continue a torto o a ragione, dalle insinuazioni assurde. Chi si carica la Croce sulle spalle è sulla via santità e non si comporta come te.
RispondiEliminaE' meglio che cominci ad eliminare i tuoi commenti. Il blog ti sballa completamente.
mendicanza s. f. [der. di mendicare], ant. – Stato di mendico, estrema povertà.
RispondiEliminaTRECCANI non giussani
Comincero' ad illudermi quando sentirò davvero la Sua presenza. Ma non per evitare il peggio perché non c'è' mai fine. Oggi (con un occhio) non ho ancora visto un uomo, presumibilmente dai 60 in su, che dimostri 20 anni. Ma forse è perché non vedo ancora bene.
Quando pubblicherò un evento, una grazia sara' una rivelazione e senza chiedere ne volere nulla. Compresa la mia misericordia? Con o senza speranza....tanto meno l" illusione
Buon giorno