venerdì, novembre 03, 2017

La nostra vita






Senza che la fede mostri la sua pertinenza ai nostri problemi personali, la nostra missione è presunzione.
In questi anni passati siamo stati vittime della presunzione perché se alla radice dell’osservazione l’esperienza della fede non risolve, non illumina le nostre esperienze non può essere proposta agli altri.
Se la fede non serve a noi diventiamo presuntuosamente giudici di tutti.
E’ vero che noi abbiamo un compito missionario per la Chiesa e per la società di oggi, ma è attraverso, passando attraverso il fenomeno della problematica personale, la risposta ad essa, la provocazione fatta ad essa che la missione diventa veramente una proposta sostenibile.
 
In una società come la nostra non si può creare qualcosa di nuovo se non con la vita: non c’è struttura né organizzazione o iniziative che tengano.
E’ solo una vita diversa e nuova che può rivoluzionare strutture, iniziative, rapporti, insomma tutto.

9 commenti:

  1. Ho un rapporto così strano con la fede che nel mio caso non esiste missione che tenga.

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    1. Hai parlato di un amico che dall'alto, a volte, viene ad aiutarti.
      I rapporti con la fede sono molto soggettivi, anche se molti non lo ammettono.

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    2. Concordo sulla soggettività della spiritualità.
      Ho un amico morto ad appena 19 anni. Ci siamo voluti molto bene. A lui penso molto e spesso ho avuto la sensazione che mi stesse proteggendo.
      Ho avuto altri lutti ma credo che il mio angelo sia lui. Magari è solo una falsa percezione, chi lo sa?
      Un abbraccio.

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    3. Sapremo solo dopo la morte quello che accade all'anima se veramente è immortale. I corpi già sappiamo che diventano cenere.

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  2. "... Voi siete solo servi inutili... ". Lasciamo fare a Lui.
    sinforosa

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  3. "Non vi chiamò più servi ma amici". "Signore tu mi hai sedotto e io mi sono lasciato sedurre" " se il Signore non costruisce la città invano faticano i costruttori" " "dopo che avrete fatto tutto ciò che dovete ricordatevi che voi siete servi inutili".
    Noi mettiamo i nostri poveri e pochi pani e pesci e Lui li moltiplicherà.
    Ciao Gus. sinforosa

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    1. Il profeta Geremia così inizia il suo dire: Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre (Ger 20,7). In altre parole commentando con le parole di San Paolo nella lettera ai Romani, Geremia ha fatto della sua vita un "sacrificio vivente, santo e gradito a Dio" (Rom.12,1).

      Lasciarsi prendere dall'amore di Dio significa proprio questo: fare della propria vita un dono gratuito e disinteressato al servizio degli altri.

      Andare sulla sua strada significa prendere con coraggio e decisione la propria croce: "Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua" (Mt.16,24).

      In queste poche righe vengono richieste tre cose per seguire il Signore: rinnegare se stesso, prendere la sua croce, seguirlo.

      Rinnegare se stesso non è cosa facile, mettere da parte i propri pensieri, le proprie idee, i propri sogni, aspettative costa molta fatica. Rinnegare è questo lasciare che il Signore entri nella tua vita e la trasformi perché possa diventare un segno del suo amore.

      Prendere la sua croce, un'altra impresa non facile. Anche Geremia si è lasciato sedurre dal Signore ma di fronte alle prime difficoltà ha iniziato a gridare verso Dio: "Sono diventato oggetto di derisione ogni giorno... la parola del Signore è diventata per me causa di vergogna e di scherno tutto il giorno"(Ger.20,7-8). Interessante che Geremia dica per ben due volte: ogni giorno...tutto il giorno.

      In lui c'è una grande sofferenza, vorrebbe quasi tagliare la corda ma alla fine dice: "Ma nel mio cuore c'era come un fuoco ardente..." (Ger.20,9).

      Anche qui in Bangladesh, di fronte ad alcune situazioni quotidiane dove vedi non ci sia soluzione vien voglia di scappare, la croce diventa veramente un peso. Eppure, nonostante i mille problemi, le situazioni da superare si resta qui per fede condividendo la croce, la sofferenza di tanta gente.

      Oggi, tornando a casa un bambino Tokai, il suo nome è Ruben, che vive per strada, mi chiede dei soldi, gli dico che gli posso dare da mangiare. Mi segue per un bel pezzo di strada e incontro un uomo che vende banane, gli compro 5 banane e va via contento. Lungo la strada mi diceva che aveva fame, tanta è la gente da sfamare e ti senti inerme, cosa fare? Metto tutto nelle mani di Dio e faccio in modo che Dio tocchi con le sue mani la mia vita perché a sua volta possa donare agli altri la sua benedizione e il suo amore.

      Allora, lasciamoci trasformare per discernere la sua volontà (Rom.12,2) affinché la nostra vita possa realmente essere data gratuitamente agli altri per ritrovare il vero senso di se stessi e della propria fede.

      Infine, ne approfitto per ringraziare tutti coloro che hanno letto le riflessioni durante l'anno liturgico, sono stato bene con voi e vi Auguro ogni bene...e vi aspetto in Bangladesh.

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